Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10946 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10946 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
nei confronti di:
AGATE EPIFANIO N. IL 13/11/1973
avverso l’ordinanza n. 30/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 28/09/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
lette~ le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 07/11/2013

Ricorrente il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE nei confronti di AGATE
Epifanio

Ritenuto in fatto

Con ordinanza in data 28 settembre 2011, la Corte d’appello di

EDifanio, a titolo di equa riparazione della ingiusta detenzione subita per mesi

sei e giorni ventitre, oltre la durata della pena di anni quattro di reclusione
inflittagli dalla stessa Corte d’appello con sentenza 21 dicembre 2007
(irrevocabile il 17 febbraio 2009 ) in quanto ritenuto responsabile del delitto
sub capo D di cui agli artt.110 cod.pen., 73 commi 1 e 6, 80, comma 2° d.P.R.
n.309/1990, 7 D.L. n. 152 del 1991, di importazione illecita in Europa, agendo in
concorso in numero superiore a tre persona, al fine di agevolare l’associazione
mafiosa denominata “ndrangheta “, di un ingente quantitativo di sostanza
stupefacente tipo cocaina. Alla liquidazione del quantum la Corte distrettuale ha
proceduto, riconoscendo

l’ingiustizia sostanziale ”

subita dall’istante benchè

emergessero dalla sentenza di condanna, elementi a tanto ostativi siccome
riconducibili a condotte inficiate da dolo o da colpa grave, risalenti al
condannato. Per quanto ancora in questa sede rileva, la stessa Corte ha
disposto la totale compensazione delle spese tra le parti, sul rilievo della
mancanza di opposizione alla domanda di equa riparazione del Ministero
resistente, limitatosi a richiedere l’accertamento dell’ inesistenza di condizioni
ostative.
Propone ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze, come
rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato, articolando tre
motivi.
Con i primi due motivi ( da trattarsi congiuntamente siccome logicamente
connessi ) si duole il ricorrente di vizi di violazione di legge e di difetto di
motivazione in ordine all’omessa verifica della sussistenza della condizione
ostativa alla liquidazione dell’indennizzo, per avere l’istante concorso a dar
causa, con dolo o con colpa grave, alla misura cautelare della custodia in
carcere. Sostiene il Ministero che, pur essendo in astratto riconoscibile il diritto
all’equa riparazione di cui all’art. 314, comma 1° cod. proc. pen. nel caso in cui il
procedimento penale (nel cui ambito il richiedente fu sottoposto a misura
cautelare ) si sia concluso con sentenza di condanna a pena detentiva
definitivamente determinata in misura inferiore al periodo di carcerazione
preventiva patita, non può tuttavia prescindersi dalla verifica della ricorrenza

REGGIO CALABRIA liquidava la somma di euro 37.000,00 in favore di AGATE

della condizione negativa dell’azione,rappresentata dall’assenza di dolo o colpa
grave sinergici all’adozione ed al mantenimento della misura cautelare; ciò in
applicazione della sentenza n. 291 del 2008 della Corte Costituzionale. Nel caso
di specie, la Corte d’appello avrebbe contraddittoriamente disposto la
liquidazione dell’indennizzo pur riconoscendo che

all’istante risaliva una

condotta ex se ostativa, siccome connotata da dolo o da colpa grave. Nè
avrebbe verificato la stessa la Corte distrettuale

la ricorrenza di siffatta

condizione ostativa,anche in ordine alla custodia cautelare riferibile alle altre

beneficiando in tal modo della rideterminazione della pena in misura più
favorevole in relazione al più grave reato una volta scissa la continuazione.
Con il terzo motivo lamenta il ricorrente, in ordine al quantum, come la Corte
d’appello non abbia proceduto, ad una ulteriore decurtazione,avuto riguardo al
fatto che le aggravanti ritenute applicabili nel caso concreto ( e che avrebbero
una pena superiore a quella

comportato l’irrogazione di

effettivamente

applicata ) erano state neutralizzate dal giudizio di equivalenza con le concesse
attenuanti generiche.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha concluso
per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con memoria depositata in cancelleria in data 15 dicembre 2012,
l’Amministrazione ricorrente ha insistito nell’accoglimento del proposto ricorso,
con ogni conseguenza di legge anche in ordine al regolamento delle spese.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va accolto.
Quanto alle due prime censure dedotte, osserva il Collegio che il Giudice delle

due imputazioni di cui ai capi A ter e C, dalle quali l’istante fu assolto,

leggi, con sentenza 11 giugno 2008 n. 219, ha dichiarato la incostituzionalità
dell’art. 314 cod.proc.pen. nella parte in cui condiziona in ogni caso il diritto
all’equa riparazione della ingiusta detenzione,a1 proscioglimento nel merito
statuendo in particolare che siffatto diritto e deve esser riconosciuto nell’ipotesi
di custodia cautelare protrattasi per un periodo eccedente la misura della pena
successivamente irrogata in via definitiva con pronunzia di condanna. Anche in
tal caso il soggetto ha subito una restrizione illegittima del proprio diritto
inviolabile di libertà, cui consegue, in nome del principio solidaristico sul quale
poggia l’istituto, l’obbligo dell’ordinamento di indennizzare il relativo pregiudizio.
Come fondatamente denunziato dal ricorrente, la Corte distrettuale, pur avendo
fatto cenno alla testè citata pronunzia della Corte costituzionale,ha poi del tutto

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omesso di far luogo alla corretta applicazione del dictum del Giudice delle leggi
né si è attenuto al conforme insegnamento di questa Corte che,recependo in più
pronunzie, la suddetta interpretazione della norma,come costituzionalmente
stabilita ( S.U. n.4187 del 2009 rv.241855;Sez. 4 n. 15000 del 2009 rv.243210,
Sez. 4 n.45428 del 2010 rv. 249238 ) ha avuto occasione di ribadire ( anche
con la sentenza della Sez. 4 n.17788 del 2012 rv. 253504, emessa
successivamente al provvedimento impugnata) che in tanto può
legittimamente farsi luogo al richiesto indennizzo qualora preliminarmente di

da colpa grave tali da aver cagionato o concorso a cagionare l’evento ovverosia
l’emissione ed il mantenimento della misura cautelare custodiale sul rilievo
dell’applicabilità, anche in tali fattispecie,
disciplinato dall’art. 314, comma
ritenersi elusa

dell’istituto come compiutamente

10 cod. proc. pen.

Non può quindi non

e sostanzialmente disattesa siffatta obbligatoria verifica

preliminare ( che avrebbe potuto condurre al rigetto della domanda di
riparazione )

dalla Corte distrettuale che,

nell’incipit

dell’ordinanza impugnata, pur riconoscendo, sulla base

della motivazione
della sentenza di

condanna, la ricorrenza di cause ostative dovute a comportamenti dell’istante,
come tali

dell’evento costituito dalla custodia cautelare sofferta in

eccedenza ( ancorchè non altrimenti precisati né individuati ) ha
cionondimeno proceduto alla liquidazione del

quantum

sul rilievo di poter

prescindere da una siffatta valutazione in nome della generica

“ingiustizia

formale ” subita dall’Agate, ” vittima ” di detenzione cautelare in misura
superiore a quella della pena definitivamente determinata: questa sola
comunque eventualmente indennizzabile.
Il ricorrente Ministero ha inoltre condivisibilmente censurato l’omes9p, specifico
riscontro dell’eventuale incidenza di tali cause ostative quanto a condotte od a
comportamenti dell’istante integranti i presupposti di fatto ai fini della
sussistenza delle aggravanti previste dagli artt. 73, comma 6° e 80, comma 2°
d.P.R. n. 309/1990,entrambe ritenute in relazione all’imputazione di cui al capo
D, (oggetto della pronunzia di condanna ) tali da influire anch’esse, in astratto
sulla durata della custodia cautelare ex artt. 278 303, 305 cod. proc. pen.
(consentendo ad esempio l’aggravante della ingente quantità una durata
massima della custodia cautelare fino ad anni sei ) benchè di fatto neutralizzate
quoad poenam

per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche

dichiarate alle stesse equivalenti; ciò in diretto riferimento a quella porzione della
custodia cautelare risultata ex post eccedente rispetto alla misura della pena
detentiva in concreto applicata ed in teoria indennizzabile.
Ed egualmente

meritevole di accoglimento deve altresì ritenersi l’ulteriore

doglianza sollevata dal ricorrente sempre circa la preliminare verifica dell’an

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verifichi l’insussistenza di cause di esclusione ostative, rappresentate da dolo o

debeatur,,

per avere la Corte distrettuale omesso di sottoporre alla prescritta

verifica, con valutazione

ex ante,

i comportamenti processuali ed

extraprocessuali dell’istante ( in conformità al costante e

consolidato

orientamento formatosi sul punto della giurisprudenza di legittimità ) ove affetti
da dolo o colpa grave e rivelatisi sinergici rispetto alla causazione della custodia
cautelare, con specifico riguardo anche alle altre imputazioni di cui ai capi A ter
( art. 74 commi 1 e 3 d.P.R. n.309/1990 ) e C ( artt.110 cod. pen., 73, commi 1
e 3, 80, comma 2° d.P.R. n. 309/ 1990 concernente l’importazione dal Sud

cod. proc. pen., nell’ambito dello stesso processo, dalla Corte d’appello di Reggio
Calabria con sentenza in data 21 dicembre 2007 con la quale, previa scissione
della continuazione, veniva poi rideterminata la pena detentiva finale in misura
inferiore alla custodia cautelare subita. Richiama il ricorrente, a sostegno del
proprio assunto, le ambigue frequentazioni intrattenute dall’Agate e pertinenti
all’incolpazione sub capo C nonchè il contenuto di una intercettazione ambientale
(riportato nel corpo della motivazione della citata sentenza di assoluzione )
captata tra il padre e l’imputato ed altresì l’incontro di natura riservata, citato
nella stessa sentenza, tra l’istante ed il coimputato Miceli Mario, verificato
all’esito di servizio di appostamento della P.G. S’impone sul punto una compiuta
ed approfondita rilettura critica degli atti da parte del Giudice di rinvio.
Ovviamente deve ritenersi assorbito il terzo motivo concernente e strettamente
limitato al quantum.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve esser annullata con rinvio alla stessa
Corte d’appello di Reggio Calabria affinchè proceda al riesame

funditus

del

tema preliminare della ricorrenza delle cause ostative, direttamente incidenti sul
potenziale riconoscimento del diritto alla riparazione per la parte di custodia
cautelare sofferta in eccedenza alla misura delle pena detentiva irrogata al fine,
in caso di esito positivo di tale accertamento,di procedere alla specifica
individuazione delle stesse in relazione ai diversi profili enucleati con le illustrate
censure dedotte dal ricorrente. Al Giudice di rinvio dovrà altresì demandarsi di
far luogo al regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria
per nuovo esame e rimette alla medesima Corte il regolamento delle spese tra le
parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma,lì 7 novembre 2013.

America di circa 800 kg di cocaina) dalle quali egli fu assolto ex art. 530 cpv.

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