Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10942 del 28/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10942 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sow Balla n. il 1.1.1970
avverso la sentenza n. 407/2007 pronunciata dalla Corte d’appello di
Salerno il 19.4.2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 28.2.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. G. Pratola, che ha
concluso per l’annullamento della sentenza impugnata per
prescrizione;
udito per l’imputato l’aw.to A. Quaranta del foro di Salerno che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 28/02/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 5.6.2006, il tribunale di Salerno
ha assolto Sow Balla dal reato previsto dagli artt. 171 – bis, 171 – ter co.
2, legge n. 633/44 (detenzione illegale, a fini di profitto, di materiale
sprovvisto del contrassegno della Siae), asseritamente commesso in
Salerno il 14.10.2003.
Con sentenza in data 19.4.2010, la corte d’appello di Salerno,
in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’imputato responsabile dei reati ascrittigli e lo ha condannato alla pena di sei mesi
di reclusione ed euro 2.000,00 di multa.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato censurando il provvedimento della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale totalmente omesso di dettare alcuna motivazione a sostegno della decisione assunta.
Considerato in diritto
2. – Osserva preliminarmente la Corte — di là dai profili di nullità della sentenza impugnata censurati dal ricorrente – che il reato
per il quale l’imputato è stato tratto a giudizio è prescritto, trattandosi di un fatto previsto e punito dagli artt. 171 – bis, 171 – ter CO. 2, legge
n. 633/44 commesso in data 14.10.2003.
Al riguardo, rilevato che il ricorso proposto non risulta manifestamente infondato (apparendo piuttosto largamente riscontrato
ictO °culi dalla fisica assenza di alcuna motivazione della sentenza
impugnata) occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una
causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare
l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri
nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto,
ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergano in
modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del
giudice, sia assimilabile più al compimento di una ‘constatazione’,
che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., Sez.
Un., n. 35490/2009, Rv. 244274).
E invero, il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità

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processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge
richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., Sez. 6, n. 31463/2004, Rv. 229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del
reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato
occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’
deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato,
e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non
rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra
opposte risultanze (v. Cass., Sez. 2, 11. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui
questa Corte non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro
delle previsioni di cui al secondo comma dell’art. 129 c.p.p..
Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestati estinto per prescrizione.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato addebitato estinto per intervenuta
prescrizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28.2.2014.

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