Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10918 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10918 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

Data Udienza: 05/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIRADIA ENRICO N. IL 30/12/1985
avverso la sentenza n. 959/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
22/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (44.444:44
che ha concluso per
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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Pordenone, con sentenza dell’1/12/2011, assolse
Chiaradia Enrico del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) del cod. della
str., perché il fatto non sussiste.

2. La Corte d’appello di Trieste, investita dell’appello del locale
Procuratore Generale, con sentenza del 22/5/2013, in riforma della sentenza

pena sospesa stimata di giustizia, oltre alla sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di un anno.

3. Avverso quest’ultima sentenza l’imputato ricorre per cassazione.

3.1. Con il primo motivo viene dedotta manifesta illogicità della
motivazione e travisamento della prova.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale era incorsa in «clamorosi
errori» inficianti l’intiero impianto motivazionale: a) dalla deposizione di
Tortelli Matteo era stato desunto che l’imputato nel momento dell’assunzione
alcolica si trovasse a stomaco pieno, con la conseguenza di doversi reputare
che la registrazione del tasso era seguito ad un assorbimento intervenuto da
almeno mezz’ora, invece dalla predetta deposizione emergeva che l’ingestione
del cibo risaliva a svariate ore prima, e, pertanto, gli alcolici erano stati
ingeriti a stomaco vuoto, con l’ulteriore conseguenza che l’assorbimento era
stato immediato (l’imputato si era difeso dichiarando di aver bevuto alcuni
bicchierini di superalcolici appena giunto in casa, immediatamente dopo
l’incidente); b) in relazione ai parametri scientifici evocati dalla sentenza
gravata il ricorrente allega studi di settore dai quali si ricava la velocità
dell’assorbimento alcolico a digiuno, del tutto compatibili con l’asserto
difensivo; c) anche la deposizione di Chiaradia Osiride (sorella del ricorrente)
risultava essere stata travisata, stante che la stessa aveva indicato
puntualmente l’ora in cui il fratello era giunto in casa, stravolto a causa
dell’incidente, perciò cominciando a bere smodatamente, quella in cui si erano
recati sul luogo del sinistro, quello della chiamata dell’autosoccorso, con il
successivo arrivo dei CC, con la conseguenza che non si era tenuto conto che
dal momento dell’assunzione del superalcolico alla somministrazione del test
era passata più di un’ora, sicché, secondo il richiamato principio scientifico,
l’assorbimento aveva raggiunto il picco.

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di primo grado, condannò l’imputato, riconosciute le attenuanti generiche, alla

3.2. Con il secondo motivo il Chiaradia denunzia il medesimo vizio a
riguardo dell’asserita dinamica del sinistro.
La Corte territoriale aveva apoditticamente affermato che la modalità e
gravità del sinistro non erano compatibili con il riferito abbagliamento, causato
da un’autovettura incrociata a percorrere la strada in senso contrario. Quella
Corte non aveva spiegato su che basi fondasse una tale presunzione ed in
particolare perché mai un conducente sobrio, ma imprudente, sarebbe stato
comunque in grado di evitare l’incidente. Senza contare che il tratto viario

triplice insidia della curva senza visuale, della mancanza d’illuminazione e del
fondo bagnato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso non merita accoglimento.
Il ricorrente, proponendo una ricostruzione dell’evento diversa da quella
operata dal giudice di merito, non mostra di aver tenuto adeguato conto della
norma processuale la quale consente riesame in sede di legittimità del
percorso motivazionale (salvo l’ipotesi dell’inesistenza) nei soli casi in cui lo
stesso si mostri manifestamente (cioè grossolanamente, vistosamente, ictu
°culi) illogico o contraddittorio, dovendo, peraltro, il vizio risultare, oltre che

dalla medesima sentenza, da specifici atti istruttori, espressamente richiamati
(art. 606, comma 1, lett. e).
Peraltro, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la motivazione
del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
2

interessato, siccome emergeva dai rilievi effettuati dai CC, presentava la

giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione. E’ stato utilmente chiarito (sentenza
6/11/2009, n. 43961 di questa Sezione) che il giudice di legittimità è tuttora
giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice
del fatto. Pertanto, ove si deduca il vizio di motivazione risultante dagli atti del

particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua complessiva
ricostruzione dei fatti e delle responsabilità, né che siano astrattamente idonei
a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudice.
Occorre, invece, che gli atti del processo, su cui fa leva il ricorrente per
sostenere la sussistenza di un vizio della motivazione, siano autonomamente
dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione
disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione.
Al contrario, a fronte della prospettazione meramente congetturale
propugnata con il ricorso si staglia la compiuta, coerente, esaustiva e non
contraddittoria motivazione della Corte territoriale, che ha diversamente
apprezzato i fatti rispetto al giudice di primo grado offrendo una ricostruzione
pienamente condivisibile, al di là di ogni ragionevole dubbio (Cass., VI, n.
8705 del 24/1/2013.

4.1. La Corte d’appello ha posto in evidenza alcune circostanze ben
solide: l’imputato, alla guida della propria autovettura, in ora notturna, dopo
aver sbandato finì fuori strada; al controllo etilometrico effettuato risultò un
tasso alcolico assai elevato (2,39 9/1-2,48 g/I); i CC operanti non risulta
ebbero a raccogliere discolpe o, comunque, versioni incompatibili con
l’evidenza e cioè che l’imputato, postosi alla guida in stato di forte ebbrezza
alcolica, non fosse stato in grado di controllare la propria autovettura finendo
fuori strada.
La ricostruzione alternativa propugnata fonda la sua attendibilità sulla
deposizione di una sorella dell’imputato e di un amico di costui. La prima ha
sostenuto che il germano, giunto a piedi a casa, stravolto per l’incidente,
aveva ingurgitato, con avida rapidità, diverse dosi di superalcolici ed il
secondo che tale evenienza era stata fatta presente ai CC, i quali, dopo
l’asserita sortita in casa, avevano ritrovato sul posto dell’incidente il Chiaradia.

3

processo non è sufficiente che detti atti siano semplicemente contrastanti con

Devesi, a questo punto, escludere la sussistenza del prospettato
travisamento, che secondo l’impugnante era consistito nell’aver affermato che
l’imputato non trovavasi a stomaco vuoto al momento dell’assunzione alcolica,
pervertendo il significato della deposizione del teste Tortelli Matteo. Invero, al
di là dell’interpretazione della testimonianza sul punto del predetto teste (il
quale aveva fatto riferimento alla consumazione di una pizza in prima serata,
ma, tuttavia, poi, a notte avanzata, di una birra presso un pub), resta il dato
che solo reputando la piena attendibilità della deposizione della sorella e

condividere la tesi scientifica propugnata in ricorso, stabilire con esattezza
l’ora di assunzione del cibo, senza contare che già il teste Tortelli (anch’egli
amico dell’imputato) aveva dichiarato, come ricordato, che durante la
permanenza nel pub il Chiaradia aveva assunto della birra.
Attendibilità che, invece, con argomenti in questa sede non censurabili per
quanto prima ripreso, la Corte triestina ha escluso. Esponendosi al grave
rischio di essere denunziato per guida in stato d’ebbrezza alcolica, l’imputato,
dopo l’incidente, in ora notturna e in periodo invernale, sfidando il freddo e la
pioggia battente, raggiunta la casa d’abitazione a piedi, distante ben più che
alcune centinaia di metri, avrebbe assunto quantità smodate di superalcolici, e
tornato sul luogo dell’incidente, in siffatto stato di ubriachezza, esponendosi
alle ovvie conseguenze di legge, aveva omesso di farne segnalazione ai CC
(non solo il carabiniere sentito non ha riportato una tale giustificazione,
certamente importante e tale da restare impressa nella memoria, ma di ciò
non risulta essere stata denunziata traccia nel verbale redatto
nell’immediatezza).

4.2. Quanto al secondo motivo devesi rilevare che, senza necessità
di collegare causalmente l’incidente allo stato d’ubriachezza, non v’è dubbio
che il constatato predetto stato, peraltro, in grado assai elevato, rendeva del
tutto compatibile la perdita di controllo del mezzo con la conseguente
alterazione psicofisica.
4.3. Con la formula, introdotta con l’art. 5 della I. n. 46 del 2006, ad
integrazione dell’art. 533, cod. proc. pen., dopo essersi chiarito che così non
si era varato un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova,
quanto piuttosto proceduto a dare valore normativo alla consolidata
affermazione giurisprudenziale secondo la quale la condanna è possibile solo
in presenza di certezza processuale della penale responsabilità dell’imputato
(Cass., Sez. I, n. 20371 dell’11/5/2006, Rv. 234111), si è con maggiore
puntualità, precisato che il dato probatorio acquisito deve essere tale da
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dell’amico Polese Fabrizio avrebbe potuto assumere rilievo, a volere

lasciar fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e
prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui effettiva realizzazione,
nella fattispecie concreta, risulti priva del ben che minimo riscontro nelle
emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e
della normale razionalità umana (Cass., I, n. 31456 del 21/5/2008, Rv.
240763). Sicché, in caso di prospettazione di un’alternativa ricostruzione dei
fatti, occorre che siano individuati gli elementi di conferma dell’ipotesi
ricostruttiva accolta, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio

su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Cass., IV, n. 30862
del 17/6/2011, Rv. 250903). Con la conseguenza dell’apparire del tutto
conseguente l’ulteriore approdo di legittimità (Cass., I, n. 41110 del
24/10/2011, Rv. 251507) che ha sintetizzato il principio nella cogenza di un
metodo dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria secondo il criterio del
“dubbio”, con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in
maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni (l’autocontraddittorietà
o l’incapacità esplicativa) o esterni (l’esistenza di una ipotesi alternativa
dotata di razionalità e plausibilità pratica). Verifica, che nel caso qui al vaglio,
appare essere stata svolta soddisfacentemente: provato l’elevato stato
d’ebbrezza alcolica e la perdita di controllo dell’autovettura, nel resto, la
giustificazione addotta dall’imputato, in sé scarsamente plausibile per quel che
sopra si è scritto, ha trovato conferma sommaria e generica (pag. 2 della
sentenza) solo nella testimonianza di persone a lui legate da vincoli parentali
ed affettivi stretti, non riscontrate da fonti di prova sicuramente più attendibili
(i CC operanti).

5. L’epilogo impone condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 5/12/2013
Il Presidente

derivante dalla stessa ipotesi alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi

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