Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10917 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10917 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PEZZO RAFFAELE N. IL 02/06/1977
avverso la sentenza n. 1586/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
17/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 444 4 :Av
che ha concluso per il

Udito, per la pay,cide, l’Avv
Udit i dife

Avv.

Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 10/10/2008, condannò
Pezzo Raffaele, giudicato colpevole dei reati di cui all’art. 189, commi 6 e 7,
c.d.s., alla pena stimata di giustizia, previo riconoscimento delle attenuanti
generiche. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 17/5/2013,
confermò la statuizione di primo grado, impugnata dall’imputato.

prospettando due motivi di censura.

3. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 511,
comma 4, cod. proc. pen. La Corte territoriale, al fine di contrastare le
argomentazioni difensive con le quali si era lamentata la scarsa attendibilità
della p.o., era ricorsa al contenuto dell’atto di querela, così da poter affermare
che la p.o. aveva fatto riferimento genericamente al soccorso prestato da un
carabiniere, senza specificare dove lo stesso prestasse servizio. Una tale
utilizzazione contrastava con il divieto di legge (combinato disposto degli artt.
431 e 511, comma 4, cod. proc. pen.), stante che la querela viene acquisita al
fascicolo dibattimentale al solo fine di verificare la procedibilità.

3.1. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia vizio motivazionale
in questa sede rilevabile a riguardo della mancata concessione della non
menzione.
La pena era stata attestata nel minimo edittale ed era stata riconosciuta
sussistere l’attenuante di cui all’art. 62bis, cod. pen. e, tuttavia, utilizzando i
medesimi parametri di cui all’art. 133, cod. pen., il giudice di merito, peraltro
attraverso l’uso del verbo apparire, che non ha natura assertiva, era giunto
all’opposta conclusione in merito all’istituto di cui all’art. 175, cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5.1. Il primo comma dell’art. 189, cod. della str., dispone:
«L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo
comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a
coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.»
Il successivo comma 6, il quale prevede che « Chiunque, nelle condizioni di
cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera

1

2. Avverso quest’ultima sentenza il Pezzo ricorreva per cassazione

all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni
(…)», impone l’arresto sulla base del concreto pericolo che una delle
persone coinvolte abbia subito danno.
Secondo il ben prevalente orientamento maturato in sede di legittimità, il
reato di fuga previsto dall’art. 189, comma 6, del codice della strada, è un
reato omissivo di pericolo, per la cui configurabilità è richiesto il dolo, che
deve investire essenzialmente l’inosservanza dell’obbligo di fermarsi in
relazione all’evento dell’incidente concretamente idoneo a produrre

per le stesse – Cass., Sez. IV, 3/6/2009, n. 34335; fra le altre conformi, Sez.
VI, 16/2/2010, n. 21414 -.
Come tutte le norme incriminatrici che si prefiggono tutela avanzata
d’interessi, la concretezza dell’evento che giustifica la previsione non può,
quindi, giungere fino ad un’effettiva constatazione del tipo di nocumento
procurato. Infatti, non a caso, la previsione utilizza il termine aspecifico di
danno, volutamente ignorando il più preciso riferimento a quello di lesione.
Peraltro, nel caso di specie non è era dubbio che l’anziana donna, travolta
sulle strisce pedonali, con probabilità elevatissima, avesse subìto lesioni
fisiche.
Da ciò discende anche la violazione del comma 7, il quale statuisce che
<>.

Devesi, quindi, rilevare che la motivazione con la quale la Corte
territoriale a rigettato la richiesta di applicazione dell’art. 175, cod. pen., in
effetti, si pone in concreta contraddizione con valutazioni della sentenza di
primo grado ormai ferme, perché non fate oggetto d’impugnazione, senza

astratto, alla medesima conclusione negativa.
Non resta, quindi, che annullare sul punto la decisione impugnata, con
rinvio al giudice di merito per nuova valutazione. Ai sensi dell’art. 624, cod.
proc. pen., è utile ricordare che l’annullamento concerne il solo punto
riguardante il vaglio di eventuale meritevolezza della non menzione, con la
conseguenza, che nel resto, la sentenza è divenuta irrevocabile.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa al
beneficio della non menzione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello
di Torino; rigetta nel resto il ricorso e dichiara irrevocabile l’affermazione di
col pevolezza.

Così deciso in Roma il 5/12/2013.

evidenziare ulteriori e diverse circostanze che avrebbero potuto condurre, in

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