Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10915 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10915 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAMACCHIA MICHELE N. IL 17/03/1980
avverso la sentenza n. 1423/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
12/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per j 1~
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Udito, per la parte
Uditi difensor A

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Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Campi Salentina, con
sentenza dell’1/4/2010, dichiarato Lamacchia Michele responsabile del delitto
di omicidio colposo, con violazione delle norme che disciplinano la circolazione
stradale, ai danni di Conte Angelo (in particolare, l’imputato guidando a
velocità eccessiva un autoarticolato e, comunque non adeguata in relazione ai
luoghi, effettuando sorpasso in prossimità di un incrocio, omettendo di

l’impatto con quest’ultimo, causando il decesso del conducente), applicate le
attenuanti generiche, con criterio di equivalenza, condannò l’imputato alla
pena stimata di giustizia.

1.1. La Corte d’appello di Lecce, alla quale si era rivolto il Lamacchia, con
sentenza del 12/4/2012, ridotta la pena, confermò nel resto la sentenza di
primo grado.

2. L’imputato propone ricorso per cassazione corredato da unitaria,
articolata censura, denunziante vizio motivazionale in questa sede rilevabile e
violazione di legge.
Assume il ricorrente che la Corte territoriale era incorsa nei seguenti
errori: a) non aveva tenuto conto che il Regolamento CE n. 3821/1985, al suo
allegato n. 1, ammette una tolleranza di +/- 6 Kmh nelle registrazioni del
cronotachigrafo rispetto alla velocità effettiva; di conseguenza, l’ascritta
velocità di 75 Kmh non certificava il superamento del limite massimo di 70
Kmh; b) la moderazione di velocità richiesta nell’approssimarsi ad
attraversare un incrocio non è tariffariamente stabilita, essendo rimessa alla
discrezionalità del conducente, di conseguenza, dopo aver affermato che la
vittima aveva contribuito a causare l’evento, iniziando manovra di svolta a
sinistra, dopo che l’automezzo pesante aveva, a sua volta, iniziato il sorpasso,
la Corte del merito, aveva posto una mera congettura affermando che
l’imputato avrebbe dovuto tenere una velocità non superiore ai 55 Kmh al fine
di evitare l’incidente; c) in definitiva, i giudici di secondo grado avrebbero
dovuto procedere ad un più rigoroso accertamento, tenendo conto della
condotta di entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro; d) il giudizio che
aveva portato a considerare equivalenti e non prevalenti le attenuanti
generiche appariva elusivo, illogico e contraddittorio, limitandosi a richiamare
la pretesa duplice violazione di legge, sconfessata dalle considerazioni
immediatamente sopra svolte a riguardo dell’attendibilità dei dati del
cronotachigrafo.

1

mantenere la distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva, non evitava

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorrente, proponendo con la principale doglianza una
ricostruzione dell’evento diversa da quella operata dal giudice di merito, non
mostra di aver tenuto adeguato conto della norma processuale la quale
consente riesame in sede di legittimità del percorso motivazionale (salvo
l’ipotesi dell’inesistenza) nei soli casi in cui lo stesso si mostri manifestamente
(cioè grossolanamente, vistosamente, ictu ocull) illogico o contraddittorio,

specifici atti istruttori, espressamente richiamati (art. 606, comma 1, lett. e).
Peraltro, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la motivazione
del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione. E’ stato utilmente chiarito (sentenza
6/11/2009, n. 43961 di questa Sezione) che il giudice di legittimità è tuttora
giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice
del fatto. Pertanto, ove si deduca il vizio di motivazione risultante dagli atti del
processo non è sufficiente che detti atti siano semplicemente contrastanti con
particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua complessiva
ricostruzione dei fatti e delle responsabilità, né che siano astrattamente idonei
a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudice.

2

dovendo, peraltro, il vizio risultare, oltre che dalla medesima sentenza, da

Occorre, invece, che gli atti del processo, su cui fa leva il ricorrente per
sostenere la sussistenza di un vizio della motivazione, siano autonomamente
dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione
disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere
manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione.
Al contrario, a fronte della prospettazione ipotetica del ricorrente devesi
rilevare la presenza di un assetto motivazionale apprezzabilmente coerente.

Kmh da quella stimata di 75, si apprende che il conducente dell’autoarticolato
viaggiava ad una velocità assai prossima ai 70 Kmh, elevata e niente affatto
consona ai luoghi (incrocio); inoltre, il medesimo avviò manovra di sorpasso
in prossimità di un incrocio. Ove si considerino le caratteristiche e l’ingombro
del pesante mezzo, la circostanza di aver iniziato manovra di sorpasso in
concomitanza con un incrocio ad una velocità, che, a tutto concedere, era
prossima al massimo consentito in astratto per quel tipo di veicolo, appalesa,
al contrario di quanto assunto con il ricorso, un atteggiamento assai
gravemente imprudente e negligente.
Di conseguenza, il ricorso non appare in grado di disarticolare il
ragionamento motivazionale impugnato, che, avuto ben presente l’errore
commesso dalla vittima, ha, tuttavia, confermato la penale responsabilità del
Lamacchia: la condotta della p.o. non poteva considerarsi affatto evento
eccezionale ed imprevedibile, stante che il divieto di sorpassare e gli obblighi
di tenere velocità particolarmente prudente e di mantenere un’adeguata
distanza di sicurezza dal veicolo che precede in presenza di un incrocio, violati
dal ricorrente, sono diretti a prevenire le conseguenze nefaste di errori del
tipo di quelli commessi dalla predetta p.c. (spostamento repentino a sinistra).

3.2. Quanto al trattamento penale devesi osservare che, al di là del
numero delle violazioni dei precetti specifici (in ogni caso almeno due: velocità
eccesiva, a prescindere dall’astratto rispetto della velocità massima consentita
per il mezzo condotto, e sorpasso in presenza d’intersezione stradale), la
Corte di Lecce, con apprezzamento logico e non contraddittorio, ha specificato
che il concorso colposo della vittima poteva giustificare un giudizio di
equivalenza, ma non già di prevalenza, evidentemente in ragione della
complessiva grave condotta colposa dell’imputato.
4. l’epilogo impone condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

3

Pur sposando la tesi impugnatoria e, scorporando, pertanto, la velocità di 6

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 5/12/2013.

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