Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10913 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10913 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOTTONE LUIGI N. IL 22/01/1967
PAPA FABIO N. IL 17/07/1978
avverso la sentenza n. 1593/2012 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 21/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4M4.4 :44 rfe,44
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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tei-a<- Udit i difenson'Avv. 61•14"-° rrt3 Data Udienza: 05/12/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Paola, con sentenza del 8/3/2012, dichiarati Bottone Luigi e Papa Fabio colpevoli del delitto di cui agli artt. 110, 337 e 61 n. 2), cod. pen., 73 del d.P.R. n. 309/1990 e 110, cod. pen. e 4, comma 2, L. n. 110/1975, individuato il reato più grave nella violazione dell'art. 73 cit., riconosciuta l'attenuante di cui al comma 5 della medesima disposizione, equivalente alla contestata recidiva ed applicata la riduzione del rito 1.1. La Corte d'appello di Catanzaro, investita dall'impugnazione dei due imputati, con sentenza del 21/1/2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, nel resto confermata, ridusse la pena inflitta ad entrambi gli appellanti. 2. Bottone Luigi con il primo motivo denunzia vizio motivazionale in questa sede rilevabile, denunziando che la sentenza d'appello, invece che far luogo ad acconcia ed autonoma motivazione, si era limitata a reiterare acriticamente gli argomenti del giudice di prime cure. 2.1. Con il secondo motivo il medesimo vizio viene rivolto all'affermazione di sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di cui all'art. 337, cod. pen. L'assunto della Corte territoriale, secondo il quale entrambi gli imputati erano ben consapevoli di essere seguiti dai CC, così avendo cercato di sfuggire al controllo mediante violenza, non trovava giustificazioni. Il Bottone, alla guida dell'autovettura, svoltò in via Martiri perché ivi doveva accompagnare il Papa. Entrambi gli imputati, trovatisi di fronte un vasto spiegamento di uomini armati e autovetture, nei primi istanti avevano creduto di essere oggetto delle mire di malintenzionati e, appena cessato il panico, dopo qualche secondo, l'unica condotta apprezzabile era stata quella di cercare di non farsi ammanettare. Di conseguenza era legittimamente apparsa arbitraria la condotta degli operanti i quali, senza che ve ne fosse necessità, avevano puntato alla tempia del conducente le armi, aprendo lo sportello di guida. Carente, poi, del tutto doveva considerarsi la volontà del ricorrente di opporsi alle attività di P.G., stante che il medesimo era immediatamente stato ammanettato. 2.2. Analogo vizio viene evidenziato in relazione agli altri capi d'imputazione. 1 abbreviato, li condannò alla pena stimata di giustizia. Contesta le ragioni che avevano indotto a reputare appartenenti al ricorrente lo stupefacente ed il manganello. L'autovettura, condotta solo occasionalmente dal medesimo, infatti, era di proprietà della moglie del coimputato, anch'egli tossicodipendente, in trattamento con il metadone. Inoltre, il superamento dei limiti massimi indicati nel decreto ministeriale cui fa riferimento l'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 non può costituire «presunzione assoluta in ordine alla condotta di spaccio del detentore>>,
occorrendo valutare l’insieme delle circostanze indicative di un uso non

2.3. Con l’ultimo motivo, oltre al vizio motivazionale il ricorrente
deduce violazione di legge per essere stata negata la prevalenza delle
attenuanti generiche, in considerazione delle modalità dell’azione e del
comportamento dell’imputato. Intangibile il diritto di difendersi e, quindi,
anche di tacere, tenuto conto che i precedenti penali del ricorrenti non erano
specifici, non poteva negarsi l’invocata prevalenza. Prevalenza, che, in ogni
caso, avrebbe dovuto riconoscersi all’attenuante speciale di cui al comma 5
dell’art. 73 cit., il cui effetto benefico (trattamento sanzionatorio ragionevole e
rieducante) non poteva venire obliterato dalla recidiva.

3. Papa Fabio con il primo motivo deduce vizio motivazionale e
violazione di legge.
Certa la tossicodipendenza del ricorrente e la circostanza che lo stesso,
qualche giorno prima, aveva prelevato dal competente SERT, presso il qual
era in cura, 200 mg. di metadone, era onere dell’accusa dimostrare che il
maggior quantitativo rinvenuto fosse destinato non ad esclusivo uso
personale; né la motivazione avrebbe potuto ridursi alla constatazione del
quantitativo largamente superiore al necessario. Analogo discorso andava
fatta per l’eroina, della quale, peraltro, non si aveva conoscenza del dato
ponderale, né erano stati spesi argomenti per attribuirne la detenzione al
ricorrente.

3.1. Con il secondo motivo il Papa denunzia i medesimi vizi per non
essere stato giudicata prevalente l’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73
cit., in uno alle attenuanti generiche, sulla contestata recidiva. Il fatto stesso
di riscontrare scarso il disvalore del fatto, attribuito ad un soggetto in
trattamento di recupero, segnato da precedenti penali non particolarmente
allarmanti (due sentenze patteggiate e due decreti penali di condanna),
avrebbe dovuto indurre a sciogliere giudizio di prevalenza.

2

esclusivamente personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Entrambi i ricorsi devono essere rigettati in quanto volti ad
ottenere riesame nel merito della decisione, ampiamente e coerentemente
motivata, anche condividendo l’apporto motivazionale della sentenza di primo
grado (cfr. a riguardo della motivazione per relationem, Sez. II, 17/2/2009, n.
11077).

motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento
alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
Nel caso di specie, saldando la motivazione delle sentenze conformi di
primo e secondo grado, emergono plurimi elementi probatori che fanno
radicalmente escludere la sussistenza del grave vizio motivazionale
prospettato (pag. 5 e 6 della sentenza d’appello): indubbia la manovra
diversiva effettuata con l’autovettura allo scorgere dei CC, al fine di
assicurarsi l’impunità, fallita per la presenza di altre autovetture dei militari
appostati; comprovata dagli operatori la violenta reazione degli imputati;
inverosimile l’uso personale dello stupefacente, tenuto conto della quantità e
pluralità di sostanze, della somma contanti ingiustificatamente portata e dalle
modalità del fatto (i due ritornavano a Scalea da Napoli ove si erano riforniti);

3

Ovviamente, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la

la detenzione del manganello era da addebitare ad entrambi (l’autovettura era
intestata alla convivente del Papa, ma la stessa era condotta dal Bottone, i
due avevano viaggiato insieme per il non breve viaggio e in alcun modo
avevano allegato un uso plausibilmente giustificato del bastone.
Le doglianze di entrambi i ricorrenti afferenti al trattamento penale
mirano ad un nuovo vaglio di merito, precluso, come si è anticipato, in sede di
legittimità, né il ragionamento appalesato sul punto dalla Corte territoriale si
presenta affetto dai gravi vizi motivazionali denunziati (pag. 7). Il

avere riconosciuto la sussistenza dell’ipotesi di cui al comma 5 del cit. art. 73
e, allo stesso tempo, negata quella delle attenuanti generiche, trattandosi di
valutazioni condotte a fini non sovrapponibili; né un tale riconoscimento
imponeva affatto affermarsi la prevalenza della circostanza favorevole. Infine,
il Bottone risultava segnato da precedenti penali anche recenti e specifici (la
negazione della specificità, invocata in ricorso, è priva di corroborazione che
assicuri autosufficienza dell’asserto).

4. All’epilogo consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 5/12/2013.

ragionamento della Corte locale non impinge in alcuna contraddizione per

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