Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10910 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10910 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSSI FABIO N. IL 10/06/1970
FAZZI SIMONE N. IL 26/02/1976
BERNARDINI LUCA N. IL 15/06/1961
avverso la sentenza n. 2439/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
08/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. at.41:4.4
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il GIP del Tribunale di Grosseto, con sentenza del 9/7/2009,
dichiarati Rossi Fabio, Fazzi Simone e Bernardini Luca colpevoli del delitto di
cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 e il secondo, inoltre, del delitto di cui
all’art. 368, cod. pen., riconosciuta in favore di tutti la sussistenza delle
attenuanti generiche (equivalenti alla contestata recidiva per il Rossi) e
l’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 cit. nei soli confronti del Bernardini,
condannò ciascuno di loro alla pena stimata rispettivamente di giustizia.

1.1. La Corte d’appello di Firenze, investita dall’impugnazione dei tre
imputati, con sentenza dell’8/7/2011, rigettò l’appello proposto. Gli imputati
medesimi oggi ricorrono per cassazione.

2. Rossi Fabio con la prima censura denunzia vizio motivazionale in
ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art.
73 cit.
Assume il ricorrente che i giudici dell’appello, operando una ingiustificata
parcellizzazione delle condotte, non avevano preso in considerazione la
decisiva circostanza che il medesimo era un <> In ciò, assume il ricorrente,

devesi cogliere l’ingiustizia di assicurare il medesimo trattamento a situazioni
difformi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
5. I ricorsi devono essere rigettati in quanto volti ad ottenere (salvo
l’eccezione d’incostituzionalità sollevata dal Bernardini con l’ultimo motivo,
irrilevante e manifestamente infondata per quel che più avanti si dirà)
riesame nel merito della decisione, ampiamente e coerentemente motivata,
sia pure condividendo l’apporto motivazionale della sentenza di primo grado
(cfr. a riguardo della motivazione per relationem, Sez. II, 17/2/2009, n.
11077).
Ovviamente, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la
motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento
alternativo apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il
nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il
riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione

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dare seguito ad un consenso precedentemente prestato – viene relegato ad

giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
Nel caso di specie, saldando la motivazione delle sentenze conformi di
primo e secondo grado emergono plurimi elementi probatori che fanno

6. Senza ragione il Rossi si duole del mancato riconoscimento dell’ipotesi
di cui al comma 5 cit. Dal complesso delle indagini (intercettazioni anche
ambientali, attività di osservazione e controllo, verifiche e sequestri), infatti,
era emerso in maniera non equivoca il ruolo di spacciatore professionale del
ricorrente, il quale commerciava in stupefacenti per quantitativi di assoluto
rilievo; anche detenendo per conto di terzi, si collocava nel mercato illegale
anzidetto, mostrando pieno e consapevole. Avendo, pertanto, sul punto, la
Corte territoriale reso ampia e minuziosa motivazione (pagg. 3-5) del tutto
congrua, la censura è destituita di giuridico fondamento.

6.1. Del pari senza pregio deve stimarsi il secondo motivo prospettato dal
medesimo ricorrente. Scrive sul punto la sentenza gravata a pag. 5:

«Dalle

successive telefonate e in particolare dalle conversazioni intercettate tra il
29.1.07 e il 21.2.07, emerge, inoltre, che il Rossi, quanto meno dopo la
partenza per il Marocco di Fahd El Akroute, avvenuta nel gennaio del 2007,
nella gestione che gli era stata affidata, ha cooperato attivamente ed
efficacemente anche con lo zio, Farih Said, di Fahd El Akroute, per il cui
tramite ha fatto a questi pervenire, a più riprese, secondo le istruzioni
ricevute, il ricavato della vendite effettuate, destinato ad essere reinvestito
nell’acquisto delle rilevanti partite che il trafficante sistematicamente
introduceva in Italia. Provata è, dunque, l’aggravante del concorso di tre o più
persone di cui al comma 6 dell’art. 73 DPR 309/90». Non solo il ricorrente

neppure scalfisce il passaggio motivazionale sopra riportato, ma nel far
riferimento ad altri soggetti coinvolti, non tiene conto del fatto che il Rossi, a
voler ammettere che non avesse consapevolezza della compartecipazione
(che è cosa ben diversa dal conoscere fisicamente la persona) di Khouribech
Mohamed, ben conosceva Khouribech Jaouad, El Akroute Fahd e Farih Said.
Ciò solo basta a conclamare l’infondatezza della critica, peraltro,
intrinsecamente implausibile laddove si spinge a teorizzare, senza apparato di
convincente argomentazione, che l’aggravante in discorso, in relazione al
reato di cui all’art. 73 cit., implicherebbe la presenza di quattro e non tre
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radicalmente escludere la sussistenza dei gravi vizi motivazionali prospettati.

soggetti agenti, poiché due

(«(l’acquisto richiede necessariamente due

persone)») avrebbero dovuto considerarsi «un unico soggetto».

7. Fazzi Simone, il quale contesta l’affermazione di colpevolezza in
relazione al delitto di calunnia ai danni dei CC, si limita ad offrire una
ricostruzione dell’accaduto diversa da quella plausibilmente enunciata in
sentenza, senza prendere in analitica considerazione le plurime osservazioni
sulla base delle quali la Corte fiorentina aveva reputata in veritiera la versione

8. Come si è anticipato Bernardini Luca con le prime tre censure, in
estrema sintesi, nega la sussistenza di prove sufficienti per potersi affermare
la di lui responsabilità a riguardo del capo G). Anche in tal caso deve
osservarsi trattarsi di doglianze di merito in questa sede non consentite.
Inequivoche ed emblematiche appaiono le risultanze delle captazioni
(specie quelle ambientali) testualmente riprese nella sentenza d’appello
(pagg. 5 e ss.), dalle quali si trae, anche mercé il linguaggio “in chiaro”, che il
Fazzi offriva in vendita hashish al Bernardini, ad un certo prezzo, avendone
una consistente disponibilità e il Bernardini, ben lungi dal simulare il proprio
interesse per scroccare il quantitativo a confezionare uno o due “spinelli”,
conduceva innanzi la trattativa, che concludeva per il prezzo di 1.900 euro,
prendendo l’appuntamento per la consegna per la prima serata del 31
gennaio; e il Fazzi, quella sera, in effetti, si recò a casa del Bernardini per
effettuare la consegna dell’esatto quantitativo di hashish venduto. La versione
sostenuta con il ricorso, in definitiva, non può che qualificarsi una mera
congettura (fondata solo sulle dichiarazioni dello stesso ricorrente), in
contrasto con le evidenze probatorie congruamente evidenziate dalla sentenza
impugnata. E’ appena il caso di soggiungere, poi, che l’assenza di denaro al
momento della consegna e l’essersi trovato in casa il Bernardini abbigliato con
il pigiama e le pantofole costituiscono evenienze del tutto neutre: concluso
l’illecito negozio, il pagamento della partita non per forza avrebbe dovuto
essere contestuale alla consegna, potendo seguire questa, come sovente
accade, dopo la verifica della qualità della merce. L’abbigliamento,
ovviamente, del tutto confacente al fatto che l’uomo si trovava in casa, non
assume rilievo di sorta.

8.2. L’eccezione d’incostituzionalità sopra ripresa è manifestamente
infondata, oltre che irrilevante.

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dell’imputato (pag. 7).

Escluso il parametro costituito dall’art. 25, Cost., in ordine al quale il
ricorrente non appronta alcun corredo motivazionale, anche i riferimenti agli
artt. 3 e 24, Cost. appaiono evocati del tutto fuori luogo.
L’assai rilevante disvalore della condotta diretta a commerciare
stupefacenti ha consigliato il legislatore ad approntare una protezione
avanzata, al fine di prevenire il grave pericolo per l’ordine pubblico e la sanità
pubblica, punendo l’illecita attività connessa al commercio degli stupefacenti,
in qualunque modo la condotta si esplichi (coltivare, produrre, fabbricare,

commerciare, trasportare, procurare, inviare, passare e spedire in transito,
consegnare, esportare, acquistare, ricevere a qualsiasi titolo, detenere commi 1 e ibis dell’art. 73 cit. -). Di conseguenza, non si vede dove consista
l’ingiustificata assimilazione di trattamento tra l’ipotesi nel quale all’accordo
segue la consegna e quella nella quale all’accordo, per qualsivoglia ragione,
essa non ha sèguito.
Palesemente incongruo, poi, risulta il riferimento all’art. 24, Cost., non
pertinente affatto.
S’è, comunque, anticipato che l’eccezione è priva di rilevanza: invero nel
caso alla mano la consegna dello stupefacente si è perfezionata, in quanto
consumatasi sotto gli occhi dei CC, che hanno sequestrato la sostanza.

9. All’epilogo consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 5/12/2013.

estrarre, raffinare, vendere, offrire e mettere in vendita, cedere, distribuire,

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