Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10900 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10900 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SUSA ANTONIO N. IL 12/12/1956
avverso la sentenza n. 619/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
14/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. it -coteche ha concluso per /4/

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
4’4–v■Aler

Data Udienza: 07/11/2013

Ricorrente SUSA Antonio

Ritenuto in fatto

Con sentenza

in data 14 gennaio 2013, la Corte d’appello di Venezia

confermava, in punto responsabilità – per quanto in questa sede rileva – la

SUSA Antonio

colpevole del delitto di cui all’art. 589 cod. pen. per aver

cagionato, per

imperizia e per negligenza, la morte di Laurenti Melita,

sopravvenuta 1’8 maggio 2006 presso l’Ospedale civile di Padova ( ove la
paziente era stata trasportata in via d’urgenza ) in conseguenza di shock
emorragico dovuto a lesione dell’aorta toracica, attinta dal passaggio
endotoracico dell’ago nella manovra di posizionamento del punto di ancoraggio
gastro – diaframmatico, nel corso di intervento chirurgico di bendaggio gastrico
in videolapqroscopia, eseguito dall’imputato nell’Ospedale “San Luca ” di
Trecenta.
La Corte d’appello, condividendo le argomentazioni del Giudice di prime cure, ha
ribadito la sussistenza del profilo di colpa professionale contestato
all’imputato,per aver con imperizia condotto l’intervento chirurgico in difformità
dalle linee guida e dal protocollo tecnico che prescrivevano che il chirurgo non
avrebbe dovuto in alcun caso oltrepassare il diaframma entrando nel torace da tale muscolo separato dalla cavità addominale – nell’esecuzione
dell’intervento in laparoscopia perché,in tal caso, egli non ha una visione diretta
e completa anche della cavità toracica, ma solamente di quella addominale,
rientrante nel campo visivo ripreso in video dalla telecamera introdotta
nell’addome del paziente. Più specificamente, l’imputato non era in grado di
vedere se l’ago (impiegato ai fini dell’apposizione del punto di sutura in regione
gastro – diaframmatica ) potesse attingere gli organi siti all’interno della cavità
toracica. Quanto al nesso di causalità tra tale condotta colposa e la rottura
dell’aorta toracica da cui conseguì l’emorragia, hanno osservato i Giudici di
secondo grado che, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa, le
acquisizioni istruttorie avevano condotto ad escludere, oltre ogni ragionevole
dubbio, sia l’eccepita inidoneità dell’ago usato dal chirurgo per la sutura a
raggiungere e ad attingere la parete del vaso arterioso sia la ricorrenza della
prospettata ipotesi causale alternativa costituita da una pregressa patologia
dell’aorta cui far risalire la rottura improvvisa del vaso in presenza di un episodio
di ipertensione sopravvenuto nel corso dell’intervento chirurgico ovvero della
preliminare manovra anestesiologica di intubazione della paziente.

i

sentenza pronunziata l’ 11 novembre 2009 dal Tribunale di Rovigo che giudicò

Propone il difensore ricorso per cassazione deducendo un unico motivo per vizi
motivazionali, così riassunto. Rappresenta il ricorrente che la Corte d’appello,
seguendo un ragionamento non consentito e comunque illogico, avrebbe
ritenuto come noti e verificati elementi rimasti invece irrimediabilmente
sconosciuti, attesochè nessuna obiettiva dimostrazione esisteva a conferma di
quanto l’ago fosse penetrato nel torace né di quale fosse stata la distanza ( pur
ridotta a causa della insufflazione del gas medicale ) che intercorreva, all’atto in
cui fu apposto il punto di sutura gastro-diaframmatico, tra la sede dell’aorta e la

modalità con cui il vaso fu attinto: se con la punta dell’ago ovvero solamente con
il filo o con entrambi. Ha altresì osservato il difensore che, ad escludere la
idoneità dell’ago a produrre quel tipo di lesione alla parete dell’aorta,
deponevano sia il mancato accertamento di una siffatta lesione in sede
autoptica a causa della mancata conservazione del tratto di aorta esploso sia il
mancato verificarsi di immediata ed inarrestabile esplosione del vaso che invece
si lacerò solamente venti minuti dopo la conclusione dell’intervento chirurgico.
Ne discende, secondo il difensore, che l’unico rimprovero certo ascrivibile
all’imputato era costituito dall’aver trapassato, a tutto spessore, il muscolo
diaframmatico senza che tuttavia si fosse dimostrato che tale condotta era stata
anche causa di una lesione alla parete dell’aorta toracica;donde il difetto di
prova della sussistenza del nesso di causa.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con il conseguente onere del
pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex art. 616 cod.
proc. pen.
Deve preliminarmente osservarsi che la motivazione della sentenza impugnata
va del tutto esente dalle dedotte censure avendo la Corte d’appello fornito
adeguata, appropriata e congrua contezza del raggiunto convincimento a
conferma della colpevolezza dell’imputato e, per quanto qui rileva, della
sussistenza del nesso eziologico,la cui verifica, sotto lo specifico profilo del
controllo della motivazione, risulta devoluta alla cognizione del Collegio.
Nella sostanza il ricorrente ripropone in questa sede doglianze già oggetto dei
motivi d’appello in punto all’esclusione del nesso di causalità tra la condotta
colposa positiva, risalente al chirurgo e la lesione dell’aorta toracica dalla quale
ebbe origine l’emorragia quale causa prossima della morte della paziente; ciò
con specifico riferimento sia all’inidoneità dell’ago impiegato dall’imputato per

2

parete toracica. Neppure vi era stato riscontro di quali fossero state le reali

apporre il punto di sutura gastro-diafrannmatico itYílie della manovra con esso
eseguita, ad attingere la parete del vaso arterioso

sia all’incidenza, quale
;
causa sopravvenuta esclusivamente determinante della rottura dell’aorta
toracica, dell’ipotesi alternativa costituita da una pregressa patologia da cui si
assume la vittima fosse affetta, in concomitanza con un picco pressorio
manifestatosi nel corso dell’intervento chirurgico. Ebbene, ad entrambe le
censure proposte, la Corte distrettuale ha dato ampia, motivata ed adeguata
risposta.

della motivazione riportati a pagg. 16 e 17. Fermo l’acclarato – e già descritto atteggiarsi della condotta colposa dell’imputato, per imperizia e per negligenza (
non fatta oggetto si specifica censura dal ricorrente) va evidenziato, a tale
proposito, un primo obiettivo elemento riscontrato in sede autoptica. La
distanza statica tra il punto di sutura gastro-diaframmatico (

“ben visibile sul

versante toracico del diaframma ” come evidenziato nella fotografia n. 25 del
fascicolo dell’esame autoptico sul quale si era soffermato nel corso del
dibattimento, il perito d’ufficio prof. Donini ) e la breccia riscontrata nell’aorta (
dalla quale originò l’emorragia massiva ” che aveva coagulato la paziente “)

si

poteva misurare in cm. 3,5, a diaframma disteso. Ora,secondo quanto precisato
dal perito prof. Donini, la distanza tra il punto di sutura gastro – diaframmatico
e l’aorta toracica, nella fase dinamica dell’intervento allorchè la paziente era
ancora in vita ed i suoi organi erano ancora pulsanti, si era sensibilmente
ridotta a meno di un centimetro, di guisa da risultare con questa compatibile
l’eventualità che l’ago, dopo la penetrazione nel torace, attingesse anche l’aorta
tantopiù che, per effetto della immissione di gas medicale all’interno della
cavità addominale, il diaframma veniva spostato, dal basso verso l’alto, così
riducendosi vieppiù la normale distanza anatomica che lo separava dall’aorta. Il
che valeva a rendere sicuramente compatibile il fatto che l’ago, impiegato dal
chirurgo – avente una lunghezza di cm.2,6 – potesse ” coprire ” detta esigua
distanza ” che lo separava, dopo la sua penetrazione nel torace della paziente,
dal punto di rottura dell’aorta “, tantopiù che, attesa l’elasticità propria del
diaframma ed attesa l’immissione in cavità addominale di gas medicale, si era
prodotto l’effetto di spingere il muscolo ” dal basso verso l’alto all’interno della
cavità toracica, riducendo così la normale distanza anatomica che lo divide
Hanno altresì
dall’aorta, avvicinandolo notevolmente a quest’ultima “.
e
evidenziato i Giudici di seconda istanza, due ulteriori lfondamentali elementi di
riscontro probatorio, sulla base di quanto chiarito ed accertato dal consulente del
P.M. dr.ssa Arseni e del prof.Grego: il chirurgo vascolare che tentò ( senza
successo ) di suturare l’aorta dopo il trasferimento d’urgenza della paziente
all’Ospedale di Padova. In primo luogo,i1 mancato verificarsi di ”

3

uno shock

In ordine alla prima obiezione, è opportuno sintetizzare il contenuto dei passi

emorragico massivo ed immediato ” ( manifestatosi invece solamente 15-20
dopo il termine dell’intervento chirurgico) deponeva per la causazione della
lesione della pahe aortica non per effetto del passaggio dell’ago in entrata ed in
uscita, attraverso il vaso, ma per una dinamica lesiva dovuta all’azione
tangenziale sulla parete esterna, dell’ago ovvero del filo di sutura che ne seguiva
il percorso.Di guisa che, prodottasi la lacerazione superficiale senzthé il filo
avesse asportato parte del tessuto, 11~ si era /933 determinata
un’infiltrazione continua di sangue arterioso ” che, premendo dall’intemo,aveva

grado di resistere alla pressione ed era scoppiata” .
dirimente dato di fatto

L’altro significativo e

coincideva con la precisa individuazione della

collocazione della breccia prodotta nell’aorta toracica. Ora sia in sede autoptica
sia da quanto riferito dal prof. Greco, era stato possibile acclarare con certezza
che l’aorta fu lesionata nel punto denominato ” giunto toraco-addominale ” sito
a soli 3-4 cm. di distanza dal diaframma e dal corrispondente punto di fissaggio
del bendaggio gastrico ovverosia in corrispondenza con ” il punto di minor
distanza dal diaframma attraverso il quale l’ago di sutura manovrato
dall’imputato è penetrato nella cavità toracica.”

Da siffatte premesse la Corte

d’appello ha quindi ineccepibilmente tratto la conclusione dell’incontestabile
sussistenza del nesso eziologico tra la condotta del chirurgo e la produzione della
lesione aortica, attenendosi peraltro all’insegnamento consolidato e prevalente
della giurisprudenza di legittimità che, a partire dalla sentenza delle S.U.
n.30328 del 2002 (sentenza Franzese ), ha subordinato la positiva formulazione
di siffatto giudizio, alla raggiunta certezza processuale basata sulle obiettive
emergenze probatorie valutate in termini di ” alta probabilità logica e di elevata
credibilità razionale “.

Com’è noto, l’accertamento del nesso di causa, come

altresì insegnano le Sezioni Unite, non può tuttavia limitarsi alla positiva verifica
circa la qualificazione in termini di causa o di concausa della condotta
dell’agente, essendo richiesta l’imprescindibile,ulteriore verifica, nel caso
concreto, della non incidenza, ai fini della determinazione dell’evento, di serie
causali alternative, sopravvenute o preesistenti tali da porsi come antecedente
eziologico esclusivo dell’evento. Anche a tale proposito va sottolineata
l’esaustività ed adeguatezza della ” risposta ” fornita dalla Corte d’appello di
Venezia alle obiezioni della difesa, riproposte in questa sede.
La prospettata “rottura spontanea ed improvvisa dell’aorta toracica ” dovuta ad
una pregressa patologia della tonaca media dello stesso vaso,
indipendentemente dall’azione dell’imputato, è risultata innanzitutto smentita
dalle risultanze istruttorie ( cfr. pag. 18 – 19 della sentenza impugnata ) che
hanno escluso sia la sopravvenienza di ” un picco pressorio ” nel corso
dell’intervento ovvero nella fase precedente in concomitanza con l’intubazione

4

allargato progressivamente la breccia fino a che la parete non era stata più in

della paziente ( come dichiarato dall’anestesista ) tale da provocare la rottura
del vaso a cagione della fragilità strutturale dello stesso sia dall’inesistenza di
patologie cardiocircolatorie ed ipertensive, come riferito dal medico di base. Né
ancora le petecchie sotto orbitali e sovra clavicolari, rilevate dall’anestesista in
cartella clinica, avrebbero potuto mettersi in relazione con l’emorragia massiva,
come chiarito dalla dr. ssa Arseni, consulente del P.M. che ha ricondotto la
manifestazione patologica a ” piccole emorragie puntiformi traenti origine dalla
fuoriuscita di modeste quantità di sangue venoso (e non arterioso ) provenienti

non essere rilevate in sede di esame autoptico ” .
patologia dell’aorta o di una sua presunta ”

Infine la preesistenza di una
fragilità strutturale ” –

ha

conclusivamente sottolineato la Corte distrettuale – era stata esclusa sia dal
prof. Greco che, intervenuto in extremis al fine di suturare la breccia, non rilevò
anomalie della parete del vaso quali lesioni ateriosclerotiche od aneurismi.
L’insuccesso di tale tentativo veniva spiegato dal perito d’ufficio prof. Donini non
già in ragione di una indimostrata fragilità strutturale dell’aorta,ma nella
sopravvenuta ” coagulopatia da consumo ”

instauratasi nella paziente a causa

del massiccio ed ormai irrimediabile deficit del circolo. Infine le conclusioni
formulate in esito a perizia istopatologica espletata dal prof. Cavazzini su incarico
del Tribunale di Rovigo, sull’intero arco aortico ivi incluse le relative diramazioni,
hanno conclusivamente condotto ad escludere ”

alterazioni morfologiche di

rilievo costituenti possibili cause di rottura spontanea dell’aorta o che potessero
comunque rappresentare una condizione di fragilità e debolezza predisponente
alla rottura spontanea del vaso “.

Da quanto premesso, quindi, la convalida –

anche in esito a giudizio controfattuale – della sussistenza del nesso di causa tra
la condotta dell’imputato ed il decesso della paziente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma,lì 7 novembre 2013.

da capillari periferici ( omissis ) e destinate ad un rapido riassorbimento tanto da

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