Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10896 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 10896 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Fiaschè Maria, nata a Roma il 10/07/1977

avverso l’ordinanza emessa il 24/09/2013 dal Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Antonfi” Mura, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la ricorrente l’Avv. Salvatore Dionesalvi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento dell’ordinanza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Maria Fiaschè ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, recante la
conferma del provvedimento con cui il Gip del Tribunale di Roma, in data
04/09/2013, aveva disposto nei suoi confronti la misura restrittiva degli arresti
domiciliari, provvedimento impugnato dall’odierna ricorrente ex art. 309 del

Data Udienza: 11/02/2014

codice di rito. I fatti riguardano un addebito di furto in abitazione, in ipotesi
commesso dalla Fiaschè – in concorso con altra persona rimasta ignota – in
danno di una signora 80enne.
La ricorrente lamenta violazione di legge processuale, rilevando che la
richiesta di riesame era stata presentata il 06/09/2013 con espressa
dichiarazione di rinuncia alla sospensione feriale dei termini: essendone derivata
la fissazione dell’udienza – per il 16 settembre – in data 9, la decisione avrebbe
dovuto esservi entro il 19, nel rispetto della previsione di cui all’art. 309, comma

soltanto il 24/09/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile, per manifesta infondatezza.
Dall’esame del carteggio processuale emerge infatti che lo stesso giorno
dell’udienza camerale – 16 settembre 2013 – venne depositato in Cancelleria il
dispositivo attestante la decisione adottata dal Tribunale di Roma, cui fece
seguito – il 24, come rilevato dalla ricorrente – il deposito della motivazione del
provvedimento. Per consolidata giurisprudenza di legittimità, «non sussiste la
perdita di efficacia della misura cautelare personale qualora la decisione sulla
richiesta di riesame, completa di motivazione, sia depositata oltre il termine di
dieci giorni, previsto dall’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., purché il
Tribunale del riesame abbia deliberato e depositato il relativo dispositivo entro il
termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti» (Cass., Sez. V, n. 48557 del
06/10/2011, Vecchiarelli, Rv 251699; v. già, nello stesso senso, Cass., Sez. I, n.
5624 del 14/10/1999, Pupillo, Rv 214702, secondo cui «la disposizione di cui al
decimo comma dell’art. 309 cod. proc. pen., secondo la quale l’ordinanza che
dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia se la decisione sulla
richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, deve essere intesa
nel senso che è necessario e sufficiente, perché non si produca l’automatico
effetto caducatorio, che entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti il
Tribunale abbia deliberato in merito alla richiesta e abbia, inoltre, provveduto al
deposito del dispositivo, mentre la motivazione può essere depositata, senza
alcuna influenza sull’efficacia della misura, nel termine ordinatorio di cinque
giorni successivi alla deliberazione, in applicazione della norma generale sul
procedimento camerale di cui all’art. 128 cod. proc. pen.»).

2

9, cod. proc. pen., mentre invece l’ordinanza oggetto di ricorso risulta depositata

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della Fiaschè al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso 1’11/02/2014.

P. Q. M.

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