Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10887 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10887 Anno 2014
Presidente:
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Zen Valentino, nato a Palmanova il 15/10/1975

avverso la sentenza del 20/12/2012 della Corte di appello di Trieste

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Cosimo D’Alessandro, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Trieste confermava la
sentenza in data 15 luglio 2010 del Tribunale di Gorizia, appellata da Valentino
Zen, condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di un anno e quattro
mesi di reclusione, interamente condonata, oltre al risarcimento dei danni in
favore della parte civile Bruno Buoso, da liquidare in separato giudizio, in quanto

Data Udienza: 23/01/2014

responsabile del delitto di cui all’art. 368 cod. pen., perché, denunciando presso
la Stazione dei Carabinieri di Cormons lo smarrimento di due assegni bancari
tratti sul suo conto corrente a lui intestato, in realtà da lui rilasciati con firma di
traenza al cugino Simone Zen e poi trasferiti da questo a Giancarlo Nai, il quale a
sua volta ne trasferiva uno a Bruno Buoso e l’altro a Dino Dall’Olmo, incolpava
questi ultimi di reato, pur sapendoli innocenti (in Cormons, il 3 ottobre 2005).
Le prove della responsabilità penale dell’imputato venivano rinvenute nelle
dichiarazioni delle due persone offese, nonché in quelle del prenditore diretto dei

tratto il convincimento che gli assegni, emessi dall’imputato, senza indicazione di
importi, a favore di “me medesimo”, erano stati da lui nel retro contestualmente
girati e consegnati al cugino Simone Zen, che aveva bisogno di liquidità, il quale
li aveva poi girati a Giancarlo Nai, che a sua volta aveva girato uno di essi a
Bruno Buoso e l’altro a Dino Dall’Olmo, che correttamente li avevano posti
all’incasso.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore avv.
Cosimo D’Alessandro, che, premesse alcune considerazioni sullo svolgimento dei
fatti, deduce i seguenti motivi, in parte esposti con argomentazioni che si
intrecciano fra loro.
2.1. Violazione della legge processuale (artt. 192 cod. proc. pen.) e penale
(artt. 5, 47, 133 e 368 cod. pen.) e vizio di motivazione: la Corte di appello ha
immotivatamente affermato che i due assegni (più un terzo non considerato
nella imputazione) vennero dall’imputato consegnati al cugino Simone a titolo di
garanzia e non, come doveva ritenersi evidente, a titolo di prestito.
2.2. Violazione della legge processuale (artt. 192 cod. proc. pen.) e penale
(artt. 47 e 368 cod. pen.) e vizio di motivazione, considerato che la Corte non ha
per nulla esposto gli elementi dai quali ricavare la convinzione che l’imputato
avesse la consapevolezza che gli assegni non erano stati smarriti dal cugino ma
consegnati a terzi.
2.3. Violazione della legge processuale (artt. 192 cod. proc. pen.) e penale
(artt. 47 e 368 cod. pen.) e vizio di motivazione: il fatto che l’imputato, nella
denuncia di smarrimento, non aveva precisato di avere consegnato gli assegni al
cugino Simone, non è indice della ritenuta falsità della denuncia, che
legittimamente è stato sporta dall’imputato, dato che il cugino non appariva
quale giratario dei titoli, e che non vi erano motivi perché l’imputato potesse
dubitare dell’affermazione del cugino relativa allo smarrimento dei titoli.
2.4. Violazione della legge processuale (artt. 192 cod. proc. pen.) e penale
(artt. 47 e 368 cod. pen.) e vizio di motivazione: la tesi secondo cui l’imputato

titoli, Simone Zen e in quelle del giratario Giancarlo Nai. Da tali elementi era

2.4. Violazione della legge processuale (artt. 192 cod. proc. pen.) e penale
(artt. 47 e 368 cod. pen.) e vizio di motivazione: la tesi secondo cui l’imputato
aveva la consapevolezza che gli assegni non erano stati smarriti dal cugino ma
consegnati a terzi è smentita dalla stessa Corte di appello, che ha riconosciuto
che l’imputato era stato truffato dal cugino e dai terzi prenditori degli assegni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

data maturato il termine massimo di sette anni e sei, fissato dal combinato
disposto degli artt. 157 e 161, comma secondo, cod. pen., decorrente dalla data
di consumazione del reato (3 ottobre 2005).
Il ricorso va peraltro esaminato nel merito, ai fini degli interessi civili, a
norma dell’art. 578 cod. proc. pen.

2. Il ricorso è infondato.
Le argomentazioni del ricorrente sono radicalmente superate da due
circostanze obiettive e neppure contestate: a) l’imputato rilasciò effettivamente i
due assegni (oltre a un terzo, che nella presente vicenda non rileva) al cugino
Simone Zen, che aveva bisogno di liquidità; b) l’imputato era presente al
momento in cui il cugino consegnò al Nai i due titoli, come risulta dalle
dichiarazioni del prenditore Simone Zen.
Da tali circostanze si ricava dunque inequivocabilmente che con piena
aderenza alle risultanze probatorie i giudici di merito hanno ritenuto che
l’imputato dichiarò il falso affermando nella denuncia resa ai Carabinieri di
Cormons di avere smarrito i titoli in questione.

3. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio quanto ad
affermazione di responsabilità penale perché il reato è estinto per prescrizione;
mentre devono essere confermate le statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
Così deciso il 23/01/2014.

1. Il reato è giunto alla prescrizione in data 3 aprile 2013, essendo in tale

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