Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10886 del 28/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 10886 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRASSO VINCENZO N. IL 23/02/1965
avverso la sentenza n. 662/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 11/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4 L re E “so 9 O frL ?
che ha concluso per p-t /t,r
N-0

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/11/2013

VI’ t° 1,14

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’il ottobre 2012 la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del
Tribunale di Vibo Valentia in data 30 settembre 2011, appellata dal Procuratore della Repubblica presso
quel Tribunale e da Grasso Vincenzo, ha dichiarato quest’ultimo colpevole dei reati di cui ai capi
d’imputazione sub A), M1), M2) ed M3), rideterminando la pena inflittagli in quella di anni sei e mesi
quattro di reclusione e confermando nel resto la sentenza gravata, che lo aveva condannato alla pena di

capi d’imputazione sub B.1), B.2), B.3), C.1), C.2), C.3), D.1), D.2), D.3), E.1), E.2), E.3), H.1), H.2),
H.3), L.1), L.2) ed L.3)], assolvendolo, tuttavia, dai su indicati reati di cui ai capi sub A), perché il fatto
non sussiste, ed ai capi sub M1), M2) ed M3), per non avere commesso il fatto.

2. La Corte d’appello, diversamente dal Tribunale, che all’esito del giudi7io di primo grado lo ha
assolto dal delitto associativo di cui al capo sub A), ha ritenuto sussistente a carico del Grasso, quale
responsabile dell’Istituto vendite giudiziarie di Vibo Valentia, il delitto di associazione per delinquere
finalizzato alla realizzazione di profitti derivanti dall’illecita conduzione del predetto istituto, attraverso
la commissione di un numero indeterminato di reati (turbata libertà degli incanti, falsità, peculato e
corruzione in atti giudiziari). La condotta del Grasso, quale promotore ed organizzatore
dell’associazione (composta anche dalla moglie del Grasso, Gerace Francesca, e da Cuccione Michele,
De Paola Rocco e Mazzotta Domenico), è consistita, secondo la ricostruzione compiuta dalla Corte di
merito, nell’impartire direttive di massima ai funzionari addetti all’I.V.G. in ordine alle singole
procedure esecutive, favorendo in alcuni casi i debitori esecutati nella riacquisizione dei propri beni
pignorati e posti in vendita, previo pagamento di una somma di denaro, ovvero, in altri casi,
nell’appropriarsi degli stessi beni destinati all’asta ed aggiudicati a prestanome dei debitori esecutati, in
modo da consentire loro il mantenimento della disponibilità dei beni oggetto della vendita.

3. Avverso la su indicata sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso per cassazione il
difensore dell’imputato, deducendo quattro motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito
sinteticamente riassunto.

3.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) e lett. e), c.p.p., in relazione all’art. 495, comma 2,
c.p.p. ed all’art. 125, comma 3, c.p.p., stante l’erronea interpretazione di quanto lamentato in relazione
alla diversità delle trascrizioni delle intercettazioni acquisite dal Tribunale rispetto a quelle svolte dagli
organi investigativi ed alla mancata esplicitazione della ragione per la quale sono state ivi utilizzate

1

anni cinque e mesi dieci di reclusione [in ordine ai reati, riuniti per il vincolo della continuazione, di cui

esclusivamente le trascrizioni effettuate dalla P.G., senza valutare quelle effettuate dal perito nominato
dal Tribunale, sebbene le relative versioni risultassero in molti casi contrastanti.

3.2. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., in relazione all’art. 546, lett. e), c.p.p., avendo
la Corte d’appello trascurato di esaminare le doglianze espresse nell’atto di impugnazione riguardo alle
procedure esecutive di seguito indicate.

B3) — le conclusioni raggiunte circa la responsabilità del Grasso, che sarebbe stato l’istigatore della
condotta del suo collaboratore Cuccione Michele, non possono essere condivise alla luce della corretta
lettura del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione, intercorse fra il Tassone, quale
debitore esecutato, ed il Cuccione, nonché tra quest’ultimo ed il Grasso, dalle quali emerge invece la sua
estraneità nella commissione dell’illecito e la conduzione esclusiva della vicenda da parte dello stesso
Cuccione. Manca, in particolare, la prova dell’effettiva consapevolezza del Grasso circa la condotta
illecita che il Cuccione avrebbe tenuto nella gestione della procedura esecutiva, mentre la motivazione al
riguardo fornita è priva di fondamento probatorio, basandosi su conversazioni equivoche, soggette a
molteplici interpretazioni e non riscontrate da ulteriori elementi esterni.

3.2.2. Con riferimento alla procedura esecutiva nei confronti di Schinella Bruno Michele — capi
C1), C2) e C3) — le conversazioni intercettate e richiamate dal Tribunale non contengono alcun
riferimento al Grasso, specie in relazione alla prova che egli possa aver avuto contezza del presunto
accordo con il suo collaboratore, ossia il Cuccione, in modo da consentire al debitore esecutato (lo
Schinella) di riappropriarsi illecitamente del bene pignorato grazie all’intercessione del primo. Vi
sarebbero inoltre delle discrasie nelle trascrizioni del contenuto delle conversazioni intercettate, né
risulta accertato il nominativo dell’acquirente del bene pignorato, poichè la terza asta, che avrebbe
dovuto determinare la conclusione della procedura, è andata deserta.

3.2.3. Con riferimento alla procedura esecutiva nei confronti di Maggio Luigi Rocco – capi D1),
D2) e D3) — vi sarebbero anche in tal caso delle discrasie nelle trascrizioni del contenuto delle
conversazioni intercettate, poiché nella versione utilizzata dal Tribunale — ossia, quella redatta dagli
investigatori — risulterebbe un riferimento alla persona del direttore — ossia, al Grasso — che non
sarebbe invece riscontrabile in quella redatta dal perito del Tribunale, e nella perizia espletata dinanzi al
Tribunale, inoltre, gli interlocutori sarebbero diversi rispetto a quelli identificati dagli investigatori. Al
riguardo, peraltro, il Tribunale non avrebbe attribuito alcun valore probatorio ad una conversazione
intercorsa tra il Cuccione ed il Maggio, che invece darebbe atto della completa estraneità del Grasso alla
2

3.2.1. Con riferimento alla procedura esecutiva nei confronti di Tassone Antonio – capi B1), B2) e

vicenda, né avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’effettiva esistenza della conclusione di un
accordo fraudolento tra il Grasso ed il debitore esecutato. Infme, la piena lettura delle conversazioni
intercorse fra il Grasso ed il Cuccione rivelerebbe che il riferimento alla consegna di una somma di
denaro fatto dal Grasso riguarderebbe non la procedura esecutiva a carico del Maggio, ma l’acquisto di
altri oggetti (cartoni, bottiglie e banane).

3.2.4. Con riferimento alla procedura esecutiva nei confronti di Pappa Angelo – capi E1), E2) ed

telefoniche richiamate in sentenza, intercorrendo queste fra il Cuccione ed il debitore esecutato Pappa,
che dialogano in merito alla procedura esecutiva e concordano una fraudolenta aggiudicazione del bene,
mantenendo al di fuori della vicenda il Grasso, che risulta all’oscuro di tale illecita trattativa, condotta
esclusivamente dal proprio collaboratore e dal debitore esecutato. Al riguardo, infatti, vi è un
riferimento del tutto generico alla persona del Grasso, senza la certezza che il contenuto della
conversazione riguardi proprio la procedura in esame.

3.2.5. Analoghe carenze motivazionali investono, inoltre, le procedure a carico di Isolabella
Giuseppe e di Filippo Gasparro (capi sub H1), H2) ed H3), nonché sub L1), L2) ed L3): per
quest’ultima, in particolare, non v’è alcuna prova che il Grasso si fosse materialmente impossessato del
bene oggetto dell’asta per farne un uso privato, atteso che dalle intercettazioni si evince solo che il bene
pignorato (una motoape) si trovava custodito presso il deposito dell’I.V.G., senza che sia emersa la
prova che lo stesso fosse nella materiale disponibilità del Grasso dopo la vendita all’asta, né che
l’imputato se ne sia appropriato per consentire al figlio di utilizzarlo all’interno della proprietà (come
sostenuto dall’impugnato provvedimento). Anche in relazione alla vendita di un altro bene pignorato
(ossia, l’erpice) risulta dalle intercettazioni telefoniche che l’illecita trattativa finalizzata a far riacquistare
il bene al cognato del Mazzotta è stata condotta da altre persone (il Cuccione, con la costante
collaborazione di De Paola, e lo stesso Mazzotta), senza alcuna prova del coinvolgimento del Grasso,
ignaro dell’accordo stipulato tra i funzionari ed il debitore esecutato cui era stato pignorato il bene.
Peraltro, agli atti non risulta alcuna prova che attesti l’effettivo acquisto in capo al Gasparro, poiché
entrambi i beni sono stati aggiudicati alla terza asta dalla ditta Maluccio Giuseppe, che non si è provato
essere prestanome del Grasso, ovvero amico o compiacente del debitore esecutato.
La motivazione, infine, risulta del tutto carente anche in relazione ai capi sub M.1), M.2) ed M.3).

3.3. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e), c.p.p., in relazione all’art. 416 c.p., atteso
che l’insussistenza dell’ipotizzato delitto associativo emerge dallo stesso contenuto delle conversazioni
telefoniche oggetto di intercettazione, tenuto conto, in particolare, del fatto che i collaboratori del
3

E3) — non si evince in alcun modo la partecipazione del Grasso dal contenuto delle captazioni

Grasso (Cuccione, De Paola ed in alcuni casi il Mazzotta) hanno talora agito di comune accordo,
escludendo il primo, ignaro della condotta illecita dei suoi dipendenti.
Molti degli episodi delittuosi contestati, infatti, sono stati portati a termine dai funzionari
dell’I.V.G. senza la presenza del Grasso, ed anzi cercando di nascondergli l’operato, a riprova che la sua
condotta non solo non era essenziale ai fini della realizzazione dell’illecito, ma era sicuramente di
ostacolo.
Sulla base delle intercettazioni telefoniche in atti, peraltro, deve escludersi l’esistenza di un accordo

costituiscono un numero irrisorio rispetto al totale delle vendite giudiziarie affidate all’I.V.G. diretto dal
Grasso, e per nessuna delle procedure esecutive individuate dall’accusa è possibile ipotizzare un
accordo fra gli imputati, in quanto o è il Grasso che agisce per ottenere un profitto esclusivo, ovvero
sono i suoi dipendenti — il Cuccione e il De Paola — che agiscono illecitamente per ottenere profitti
personali, escludendo dall’accordo il Grasso. Né vi è alcuna predisposizione di mezzi per lo scopo
illecito comune, ovvero la possibilità di ipotizzare la spartizione del profitto tra i membri del sodalizio,
al cui vertice è impossibile individuare la persona del Grasso, che, quale direttore dell’I.V.G., svolgeva
mansioni sovraordinate nei confronti dei suoi dipendenti, i quali erano di conseguenza tenuti,
nell’ambito del rapporto di lavoro, a seguire le sue direttive.

3.4. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e), c.p.p., in relazione all’art. 62-bis, c.p.,
avendo la Corte d’appello omesso di motivare il rigetto delle invocate attenuanti generiche, tenuto
conto, in particolare, dell’errore di valutazione in cui la stessa è incorsa riguardo alla reiterazione della
condotta dell’imputato nell’arco di un quinquennio, laddove dagli atti risulta che i reati contestati al
Grasso sono stati commessi tutti nel 2009.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e deve essere conseguentemente rigettato per le ragioni di seguito esposte
e precisate.

5. Aspecifica, e come tale non proponibile in questa Sede, deve ritenersi, anzitutto, la prima
doglianza dal ricorrente formulata, che omette di precisare i punti ove sarebbe riscontrabile l’ipotizzato
contrasto fra il contenuto delle trascrizioni ed il materiale cognitivo emerso dalle registrazioni, sia con
riferimento alla carenza di genuinità dell’operazione trascrittiva, che alla specifica rilevanza del contrasto
ai fini del corrispondente vaglio delibativo.

4

criminoso integrante la fattispecie di cui all’art. 416 c.p., poiché le vendite oggetto di contestazione

Al riguardo, peraltro, la Corte distrettuale ha sottoposto ad una compiuta disamina le discrasie che
risultavano evidenziate in sede di gravame (nelle pagg. 15, 20, 22-23 e 26 dell’atto di impugnazione),
disattendendone motivatamente la pretesa rilevanza, senza che tali profili in punto di fatto siano stati
investiti da una argomentata critica da parte del ricorrente, ed ha, inoltre, correttamente richiamato
l’insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui non può essere sollevato un problema di
utilizzabilità delle trascrizioni, ma si può unicamente eccepire la mancata corrispondenza tra il
contenuto delle registrazioni e quello risultante dalle trascrizioni come effettuate (Sez. 1, n. 7342 del

nominare un consulente tecnico e al difensore di estrarre copia delle trascrizioni e far eseguire la
trasposizione delle registrazioni su nastro magnetico, in modo da accertare la presenza di specifiche
anomalie o di omissioni pregiudizievoli per la difesa (Sez. 6, n. 2732 del 06/11/2008, dep. 21/01/2009,
Rv. 242582).

6. Per quel che attiene, poi, alle censure difensive che investono la disamina delle diverse
procedure esecutive indicate, supra, nei parr. 3.2., ss., occorre preliminarmente ribadire, sul piano
generale ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte d’appello,
che siffatta decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta
correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che l’iter motivazionale di entrambe
sostanzialmente si dispiega – fatta eccezione per la diversa valutazione resa in merito alla configurabilità
del delitto associativo di cui al capo sub A) e per quelli di cui ai capi sub M1), M2) ed M3, dei quali più
avanti si dirà – secondo l’articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti (Sez. 4, n.
15227 del 14/02/2008, dep. 11/04/2008, Rv. 239735; Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Rv. 223061).
Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorché i giudici di secondo grado
abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo
giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della
decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi
nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella
decisione di primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Rv. 252615).
Nel caso portato alla cognizione di questa Suprema Corte, in particolare, ci si trova di fronte a due
pronunzie, di primo e di secondo grado, che, fatta eccezione per il profilo sopra evidenziato,
concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle conformi
rispettive decisioni, con una struttura motivazionale della sentenza di appello che viene a saldarsi
perfettamente con quella precedente, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di
lacune, in considerazione del fatto che l’impugnata pronunzia ha comunque offerto una congrua e

5

06/02/2007, dep. 22/02/2007, Rv. 236361), fermo restando che è sempre consentito all’imputato di

ragionevole giustificazione del finale giudizio di colpevolezza formulato nei confronti dell’odierno
ricorrente.
Discende da tale evenienza, secondo la linea interpretativa in questa Sede da tempo tracciata, che
l’esito del giudizio di responsabilità non può certo essere invalidato da prospettazioni alternative,
risolventisi in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero
nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da
preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o

delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, dep. 23/06/2006, Rv. 234148;
Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, dep. 28/12/2006, Rv. 235507).
Nel caso di specie, l’adeguatezza delle ragioni giustificative illustrate nell’impugnata sentenza non è
stata validamente censurata dal ricorrente, limitatosi a riproporre, per lo più, una serie di obiezioni già
esaustivamente disattese dai Giudici di merito ed a formulare critiche e rilievi sulle valutazioni espresse
in ordine alle risultanze offerte dal materiale probatorio sottoposto alla loro cognizione,
prospettandone, tuttavia, una diversa ed alternativa lettura, in questa Sede, evidentemente, non
assoggettabile ad alcun tipo di verifica, per quanto sopra evidenziato.
Il tessuto motivazionale della sentenza in esame, dunque, non presenta affatto quegli aspetti di
carenza, contraddittorietà o macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla
stregua del consolidato insegnamento giurisprudenziale da questa Corte elaborato, potrebbero indurre a
ritenere sussistente il vizio di cui alla lett. e) del comma primo dell’art. 606 c.p.p. (anche nella sua nuova
formulazione), nel quale sostanzialmente si risolvono le censure dal ricorrente articolate.

7. Sulla base delle numerose emergenze probatorie offerte dall’istruzione dibattimentale i Giudici
di merito hanno ricostruito analiticamente l’intera vicenda, ponendo in rilievo, preliminarmente: a) che
l’imputato, a partire dal 1995, è stato titolare di concessione ministeriale quale responsabile dell’Istituto
vendite giudiziarie di Vibo Valentia, e che in tale veste egli ha gestito le aste giudiziarie relative ai beni
oggetto di procedure esecutive mobiliari, occupandosi di prelevare e custodire — tramite preposti e
locali aziendale — i beni pignorati e di curare le successive fasi fino all’aggiudicazione; b) che era stato
autorizzato all’amministrazione giudiziaria di beni immobili, alla custodia ed alla vendita all’incanto di
beni mobili pignorati ed a qualsiasi vendita disposta dall’Autorità giudiziaria secondo le norme stabilite
dalla legge; c) che le vicende oggetto della regiudicanda hanno trovato occasione proprio nella gestione
dell’articolazione strutturale offerta dall’IVG, di cui egli si è avvalso al fine di porre in essere, in più
occasioni ed in concorso con altre persone, condotte di turbativa d’asta, falso e corruzione che
sfociavano nell’alterazione delle procedure e degli esiti delle relative aste giudiziarie; d) che, sebbene egli
figurasse quale unico soggetto nell’organico dell’Istituto, e non vi risultasse formalmente presente alcun
6

perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta

dipendente, le emergenze probatorie hanno posto in risalto come al suo interno operassero di fatto
anche altre persone, ciascuna con un ruolo ben determinato, sotto le direttive del Grasso (ossia, la
moglie di quest’ultimo, Gerace Francesca, e Cuccione Michele – suo collaboratore di fatto nella gestione
delle pratiche curate dall’IVG nella fase inerente alla ricognizione ed all’asporto dei beni pignorati, che
soleva presentarsi come “funzionario dell’IVG”, mantenendo anche rapporti con i debitori mediante
contatti telefonici ed appuntamenti, sì da renderli edotti circa le condizioni stabilite dal Grasso per
consentire loro di rientrare nel possesso dei beni – mentre il De Paola Rocco ed il Mazzotta Domenico

sedi delle attività commerciali dei debitori esecutati).

8. Dalla motivazione dell’impugnata pronuncia, inoltre, emerge con chiarezza come la Corte
territoriale abbia, attraverso una congrua e lineare esposizione logico-argomentativa, puntualmente
replicato ai rilievi difensivi ed ampiamente giustificato la valutazione di responsabilità dell’imputato
riguardo ai diversi comportamenti tenuti in ciascuna delle procedure esecutive individuate nei relativi
temi d’accusa, fondandola sul complesso delle numerose risultanze probatorie sottoposte al suo vaglio,
ed in particolare sulle prove documentali e sul contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione,
dalla cui motivata e particolareggiata disamina è emerso, segnatamente: a) che, in relazione alla
procedura di cui ai capi sub B1), B2) e B3), il bene pignorato nei confronti del Tassone è stato
aggiudicato alla ditta Turano Francesca — moglie del debitore esecutato e titolare di una ditta inesistente
– per un prezzo irrisorio rispetto al valore del bene, senza che la relativa somma sia mai pervenuta al
creditore procedente; b) che, in relazione alla procedura di cui ai capi sub C1), C2) e C3), emergeva lo
svolgimento di trattative per gestire gli incanti delle procedure esecutive instaurate nei confronti di
Schinella Bruno Michele, ed in particolare per ottenere il versamento di somme di denaro al fine di
ritardare le procedure in corso ed evitare l’asporto dei beni, poiché dalla conversazione ambientale del
20 aprile 2009 risultava non solo l’avvenuta consegna di denaro da parte del debitore, in adempimento
di un accordo collusivo finalizzato a condizionare l’esito della procedura, ma anche il fatto che il Grasso
aveva ricevuto dal Cuccione, per tale procedura, la somma di euro mille, anticipando l’importo di euro
duecento non ancora consegnato dal debitore interessato a paralizzare il corso della procedura esistente
a suo carico, tanto che l’asta all’uopo fissata andava deserta, senza che alcuna somma di denaro sia mai
pervenuta al creditore procedente; c) che, riguardo alla procedura esecutiva di cui ai capi sub D1), D2) e
D3), il regolare andamento della stessa risulta essere stato compromesso da un accordo fraudolento fra
il Cuccione ed il Grasso, da un lato, ed il debitore esecutato Maggio Luigi Rocco, dall’altro lato, con la
corresponsione di una somma di denaro da parte di quest’ultimo (pari ad euro mille, da versare in
favore del commissionario giudiziario titolare dell’IVG, ossia del Grasso), affmchè i beni oggetto del
pignoramento venissero aggiudicati ad un intestatario fittizio, garantendone di fatto il possesso ed il
7

svolgevano attività di tipo meramente esecutivo, nell’asporto dei beni pignorati presso i domicili e le

godimento allo stesso debitore, in danno del creditore procedente; d) che, riguardo alla procedura
esecutiva di cui ai capi sub E1), E2) ed E3), l’accordo fraudolento in danno dei creditori, intercorso tra
Grasso e Cuccione, da un lato, e Pappa Angelo, dall’altro, consentì a quest’ultimo, dietro il pagamento
di una somma di denaro in favore dei rappresentanti dell’IVG, di conservare il possesso di un
autocarro, solo fittiziamente intestato, all’esito dell’aggiudicazione, alla convivente, peraltro titolare di
una ditta inesistente (sul punto, i Giudici di merito hanno rilevato il pieno coinvolgimento del Grasso
alla luce di una conversazione del 25 agosto 2009, durante la quale egli apprendeva dal Cuccione che

somma pattuita dal su menzionato debitore); e) che, riguardo alla procedura esecutiva di cui ai capi sub
H1), H2) ed H3), il Grasso, il Cuccione, il debitore esecutato Isolabella Giuseppe e tale Pezzo Bruno
agirono di comune accordo affinché, dietro il pagamento di una somma di denaro in due tranches di
circa euro mille ciascuna da parte dell’Isolabella e del Pezzo, venisse alterato il regolare svolgimento
dell’asta giudiziaria relativa ai beni pignorati allo stesso Isolabella, aggiudicati per una somma irrisoria a
tale Orazio Giordano, persona ritenuta vicina al Grasso, per rapporti di amicizia e complicità
manifestatisi nell’ambito della gestione delle aste giudiziarie relative ad altre procedure esecutive: dal
contenuto delle intercettazioni, in particolare, i Giudici di merito hanno ricavato la motivata
convinzione dell’esistenza di un accordo fraudolento, delle pressioni esercitate dal Cuccione sul
debitore, in ritardo nel pagamento, affmchè versasse l’intero importo pattuito a titolo di saldo, nonché il
ruolo svolto nella vicenda dal Pezzo, che fece da tramite per agevolare il pagamento del prezzo
dell’accordo da parte del debitore esecutato;fi che, riguardo alla procedura esecutiva di cui ai capi sub
L1), L2) ed L3), avviata a carico di Filippo Gasparro, titolare di un’azienda agricola, si verificò una
fittizia aggiudicazione in favore della ditta Maluccio, poiché i beni rimasero nella sostanziale
disponibilità del Grasso e della moglie, per essere successivamente ceduti, in base ad una sorta di gara
privata per la vendita al migliore offerente, allo stesso debitore esecutato, per una parte, e, per altra
parte, ad una terza persona, che per la cessione a titolo oneroso aveva contattato proprio il direttore
dell’Istituto (anche su tale punto, inoltre, la Corte di merito ha ricostruito analiticamente la vicenda,
precisando sulla base della sequenza e del contenuto delle intercettazioni, che il Grasso reagì in maniera
severa allorquando il Gasparro, in forza dell’accorso intervenuto con il Cuccione ai fini della
restituzione di beni, si era premurato di verificare gli stessi, poiché era intenzione del Grasso di
muoversi diversamente e rivendere i beni per ottenerne il prezzo più alto, anche suscitando l’ira dei suoi
collaboratori, timoroso che la scelta del Grasso potesse danneggiarli); g) che, anche riguardo alla
procedura esecutiva mobiliare di cui ai capi sub M1), M2) ed M3), inerente al debitore esecutato
Mercatante Giuseppe, la Corte di merito ha posto in risalto, sulla base dell’inequivoco contenuto di una
conversazione telefonica del 5 ottobre 2009, che proprio il Grasso venne ad essere informato dal

8

questi avrebbe potuto portargli il denaro già il giorno successivo, avendo ricevuto il pagamento della

Cuccione del fatto che l’aggiudicatario del trattore pignorato, Buccafurni Domenico, ricevuto il bene
nell’interesse del debitore esecutato, avrebbe consegnato loro il denaro pattuito.

9. Anche in relazione al delitto associativo di cui al capo sub A), del resto, non può non rilevarsi
come la motivazione della sentenza d’appello, confrontandosi criticamente con le diverse valutazioni al
riguardo espresse dal Giudice di prime cure e puntualmente replicando ai rilievi difensivi, si sottragga
alle censure che le sono state rivolte ed indichi in modo dettagliato, attraverso la scansione di sequenze

numerose risultanze probatorie sulla cui base sono stati configurati a carico del ricorrente gli elementi
costitutivi della contestata fattispecie incriminatrice.
Sul punto, infatti, la Corte d’appello ha esaustivamente indicato le circostanze fattuali e gli indici
sintomatici del vincolo associativo, ravvisandone la presenza nella creazione di una “rete” operante
all’interno del predetto Istituto di vendite giudiziarie, il cui funzionamento è stato condizionato e
deviato per controllare l’andamento delle aste giudiziarie, pilotandole verso prestanome degli stessi
debitori esecutati o verso amici compiacenti, sì da favorire il recupero dei beni pignorati da parte degli
stessi debitori ed il correlativo arricchimento dei sodali attraverso la sistematica reiterazione delle su
indicate condotte di turbativa d’asta, in violazione dei criteri di efficienza, trasparenza e buona
organizzazione del servizio pubblico affidato all’Istituto.
La struttura organizzativa dell’associazione è stata dalla Corte di merito coerentemente individuata
nel preesistente apparato amministrativo dell’IVG, alla cui interna articolazione la stessa si è
sovrapposta con un modus operandi sostanzialmente omogeneo e per un apprezzabile periodo di tempo,
esercitando le sue attività sotto le direttive del Grasso ed avvalendosi delle diverse funzioni
collaborative e/o esecutive affidate a ciascuno dei soggetti che hanno partecipato alla realizzazione del
comune programma criminale, cercando e contattando i debitori esecutati, relazionandosi con gli stessi,
prospettando loro la possibilità di riavere la disponibilità dei beni pignorati dietro il pagamento di un
compenso, e a tal fine distorcendo la struttura e piegandone il funzionamento per il perseguimento dei
propri fini illeciti.
In tal senso, sulla base del contenuto di una serie di conversazioni oggetto di intercettazione
telefonica, la Corte di merito ha significativamente osservato come, nonostante fosse intervenuto, in
data 17 novembre 2009, l’arresto del Grasso e del Mazzotta nell’ambito di un diverso procedimento
penale, al contempo fosse inequivocamente emersa l’intenzione dei rimanenti sodali, e segnatamente del
Cuccione, di proseguire l’attività, sostituendosi formalmente al loro capo.

10. In definitiva, nel descrivere l’esistenza di un collaudato meccanismo, volto a realizzare la
fraudolenta alterazione delle aste da parte del titolare dell’IVG, per aggiudicare i beni oggetto delle
9

argomentative linearmente illustrate ed esenti da palesi incongruenze o da interne contraddizioni, le

procedure a prezzi irrisori, talora in favore di prestanome dei debitori esecutati, talaltra in favore di
amici compiacenti del Grasso o dei suoi collaboratori, deve ritenersi che la Corte di merito abbia fatto
buon governo delle regole che disciplinano la materia in esame, uniformandosi al quadro dei principii
da questa Suprema Corte stabiliti, secondo cui: a) ai fini della configurabilità di una associazione a
delinquere, il cui programma criminoso preveda un numero indeterminato di delitti contro la P.A., non
si richiede l’apposita creazione di una organizzazione, sia pure rudimentale, ma è sufficiente una
struttura che può anche essere preesistente alla ideazione criminosa e già dedita a finalità lecita, né è

primi circoscritto alla consumazione di uno o più reati predeterminati, né occorre il notevole protrarsi
del rapporto nel tempo (da ultimo, Sez. 6, n. 9117 del 16/12/2011, dep. 07/03/2012, Rv. 252387; v.,
inoltre, Sez. 5, n. 31149 del 05/05/2009, dep. 28/07/2009, Rv. 244486, nonchè Sez. 2, n. 19917 del
15/01/2013, dep. 09/05/2013, Rv. 255914); b) la nozione di preposto, di cui al comma secondo
dell’art. 353 cod. pen., va determinata con riferimento non limitato al momento terminale – e cioè alla
celebrazione della gara — ma avendo riguardo all’intero iter procedirnentale che il pubblico incanto per la
sua realizzazione comporta: lo svolgimento del pubblico incanto, infatti, dà luogo ad un procedimento
amministrativo complesso, nel cui arco la funzione del preposto si inserisce ed opera attraverso gli
specifici compiti ai quali lo stesso è chiamato, sicché la qualifica di persona preposta dalla legge o
dall’autorità ai pubblici incanti o alle licitazioni private non può essere limitata a chi presiede o dirige la
gara, ma comprende tutti coloro che svolgono funzioni essenziali nell’intero percorso procedirnentale
(da ultimo, v. Sez. 6, n. 4185 del 13/01/2005, dep. 04/02/2005, Rv. 230906).
Al riguardo giova altresì ribadire il pacifico orientamento delineato da questa Suprema Corte,
secondo cui il commissionario per la vendita delle cose pignorate, in quanto esecutore delle disposizioni
del giudice civile ai fini della conversione del compendio pignorato in equivalente pecuniario, esercita,
quale ausiliario del giudice, una pubblica funzione giudiziaria, rivestendo, conseguentemente, la qualità
di pubblico ufficiale (Sez. 6, n. 3872 del 14/10/2008, dep. 28/01/2009, Rv. 242440): ne discende
l’instaurarsi di un diretto collegamento tra la funzione pubblica dell’agente ed il possesso del denaro o di
altra cosa mobile altrui, con la logica conseguenza che l’appropriazione da parte del pubblico ufficiale,
che avrebbe dovuto invece, in adempimento dei propri doveri, metterlo a disposizione della procedura
esecutiva, integra la fattispecie incriminatrice di peculato.
Sotto altro, ma connesso profilo, v’è ancora da osservare, in materia di intercettazioni telefoniche,
che è noto l’insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui l’interpretazione del linguaggio e del
contenuto delle conversazioni costituisce una questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di
merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se viene motivata, come verificatosi nel caso in esame, in
conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (da ultimo, Sez. 6, n. 11794 del
11/02/2013, dep. 12/03/2013, Rv. 254439).

10

necessario che il vincolo associativo assuma carattere di stabilità, essendo sufficiente che esso non sia a

Sul punto, infatti, la Corte d’appello ha dato ampiamente conto del tenore letterale delle
conversazioni intercettate, non solo attribuendo ad esse il significato logico che poteva esservi
riconnesso alla luce dell’attenta e puntuale disamina del loro contenuto, ma facendosi carico anche di
esaminare le correlative obiezioni difensive, disattendendone motivatamente l’ipotizzata incidenza sul
singolo aspetto di volta in volta considerato: il relativo esito ermeneutico, in quanto tale, non può essere
dunque oggetto di alcuna rilettura in punto di fatto e si sottrae, per quanto sopra rilevato, a qualsiasi

11. Parimenti infondata, infine, deve ritenersi l’ultima doglianza dal ricorrente prospettata,
tendendo la stessa a censurare un potere discrezionale il cui esercizio è stato oggetto di attenta
ponderazione e congrua motivazione da parte della Corte territoriale, che ha fatto riferimento ai
motivati criteri di dosimetria della pena già utili7zati nella decisione del Giudice di primo grado,
confermando sostanzialmente le ragioni poste alla base delle relative determinazioni sanzionatorie ed in
tal guisa esprimendo la piena giustificazione di un apprezzamento di merito come tale non
assoggettabile a sindacato in questa Sede, ponendosi, di contro, le deduzioni difensive al riguardo
formulate nella mera prospettiva di accreditare una diversa ed alternativa valutazione in ordine alla
sussistenza dei presupposti fattuali che giustificherebbero la concessione delle invocate attenuanti.

12. Al rigetto del ricorso, conclusivamente, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, ex art. 616 c.p.p. .

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, li, 28 novembre 2013

Il Consigliere estensore

forma di censura in questa Sede rilevabile.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA