Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10881 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 10881 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Castrucci Antonio nato a Colleferro il 5/9/1974 e
Castrucci Simone nato a Colleferro il 22/6/1976
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, sezione del riesame in data
11/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Massimo Galli, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7/2/2013 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Roma disponeva l’applicazione della misura degli arresti
domiciliari nei confronti di Castrucci Antonio e Castrucci Simone in ordine ai
reati di cui agli artt. 110, 630, 628 comma 3 n. 1 cod. pen.
1.1. Il Tribunale del riesame di Roma con ordinanza del 6/3/2013
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Data Udienza: 26/02/2014

confermava il suddetto provvedimento coercitivo.
1.2. Questa Corte con sentenza n. 28725/13 del 4/6/2013 annullava
l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Frosinone per nuovo esame
in accoglimento dei motivi 2 e 3 del ricorso.
1.3. Il Tribunale del Riesame, provvedendo in sede di rinvio, con ordinanza
del 11/10/2013, previa riqualificazione del fatto di cui al capo a) nei reati di
cui agli artt. 605 e 393 cod. pen., confermava l’ordinanza impugnata in
relazione al reato di cui all’art. 605 cod. pen. ed in reato di cui al capo b).

2. Ricorrono per Cassazione gli indagati, per mezzo loro difensore di
fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. mancanza ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma
1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla prospettata insussistenza della
gravità indiziaria di cui al delitto di rapina contestato al capo b).
Evidenziano al riguardo che, sulla base delle dichiarazioni rese dalla
persona offesa, difetta il requisito dell’ingiusto profitto, in quanto gli
indagati non si sono mai impossessati dei cellulari.
2.2. illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari; rilevano che il Tribunale ha omesso di valutare il
requisito della proporzionalità e della adeguatezza delle misure cautelari
applicate in considerazione delle nuove contestazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da
parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale. Secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché
del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è,
perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di

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op,

carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, Tontoli,
Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il controllo di
legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti
restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la

collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo
del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle
fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio,
quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e
giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione
dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando
non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando
ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della
motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998,
Barbaro, Rv. 210566). Non possono essere dedotte come motivo di ricorso
per cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale del riesame
pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento,
rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in
alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale,
come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata
ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad
esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della

congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che

richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla
verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a
sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art.
309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003,
Marchese, Rv 227110). Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi
quanto segue.
Quanto alla sussistenza della gravità indiziaria in relazione al reato
di rapina di cui al capo b), il provvedimento impugnato non contiene

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contraddittorietà o illogicità manifeste nell’avere ravvisato, attraverso la
ricostruzione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, il reato di rapina
aggravata a carico degli attuali indagati con riguardo all’impossessamento
violento dei telefoni cellulari e della somma di C 25,00.
Con riferimento poi al giudizio sull’adeguatezza e proporzionalità
della misura applicata, il Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto nei
motivi di ricorso, ha tenuto conto della diversa qualificazione giuridica del
fatto di cui al capo a), rilevando l’innegabile gravità dei fatti posti in essere

comportato << ... un crescendo di condotte efferrate ed allarmanti, poste in essere senza scrupoli al solo scopo di rientrare in possesso di una somma di denaro...». A fronte di tali considerazioni appare del tutto legittimo il giudizio espresso in ordine all'adeguatezza e proporzionalità della misura degli arresti domiciliari disposta dal G.I.P., tenuto anche conto che dallo stesso giudice è stata concessa autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per svolgere attività lavorativa. 4. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di C 1.000,00 ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. Così deliberato in camera di consiglio, il 26 febbraio 2014 analiticamente descritti nelle modalità di accadimento, che hanno

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