Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10880 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 10880 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Righetti Damiano nato a Negrar il 26/9/1975, in
proprio e quale legale rappresentante della società «L’impero società
agricola cooperativa», avverso l’ordinanza del Tribunale di Pordenone in
data 4/7/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 25/5/2013 il giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Pordenone disponeva nei confronti della società «L’impero
società agricola cooperativa» e di Dossi Rodolfo il sequestro preventivo
per equivalente pari al profitto (€ 731.500,74) tratto dal reato in relazione al
reato di cui agli artt. 61, 7, 81 cpv., 640 comma 2 n. 1 cod. pen. per il Dossi
1

Data Udienza: 26/02/2014

ed all’illecito amministrativo di cui all’art. 24 commi 1 e 2 d. Igs. n. 231 del
2001 per la Cooperativa, di cui il Dossi all’epoca dei fatti era il legale
rappresentante.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame Righetti
Damiano, nuovo legale rappresentante della Cooperativa, contestando la
carenza di fumus in ordine alla sussistenza del reato e del conseguente
illecito amministrativo e del periculum in mora.
1.2. Il Tribunale di Pordenone respingeva l’istanza proposta, confermando il

2.

decreto impugnato.

Ricorreva per Cassazione Righetti Damiano, sollevando i seguenti

motivi di gravame:
2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli art. 321 e
ss. cod. proc. pen. con riferimento alla sussistenza del fumus commissi
delicti. Si duole al riguardo della ritenuta fittizietà della società cooperativa
costituita fin dal 2000 da aziende produttrici reali ed esistenti che hanno
conferito il prodotto lattiero caseario alla cooperativa; evidenzia che essa
dispone di una struttura aziendale muraria, ha sempre avuto dipendenti
regolarmente assunti ed ha tenuto regolare documentazione della propria
attività societaria.
2.2. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 321 e
ss. cod. proc. pen. ed all’art. 5 comma 3 d.l. n. 49 del 2003 convertito
nella legge 119/2003. Rappresenta, al riguardo, che il Tribunale non ha
considerato che all’esito delle indagini effettuate dai Carabinieri del NAS è
emerso che i dati di produzione sono errati o dolosamente alterati con
conseguente ripercussione sulla determinazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie comminate per le produzioni eccedentarie ed
errate.
2.3. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 321 e
ss. cod. proc. pen. con riguardo all’omessa valutazione delle prove
introdotte dalla difesa.
2.4. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione alla legge n. 689
del 1981 ed al criterio di specialità previsto dall’art. 9 della suddetta legge

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ul,

tra il delitto contestato di cui all’art. 640 comma 2 cod. pen. e gli illeciti
amministrativi di cui all’art. 5 comma 5 legge n. 119 del 2003. Rappresenta
che l’omesso pagamento del prelievo supplementare costituisce un illecito
amministrativo sanzionato dalla legge n. 119 del 2003.
2.5. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione alla normativa in
materia di protezione degli animali negli allevamenti di cui al d. Igs. n. 148
del 2001 con riferimento alla fraudolenta inesattezza dei dati di produzione

investigazioni dei Carabinieri del NAS di cui alle prove documentali prodotte
dalla difesa. Ci si vuole riferire all’attendibilità dei dati utilizzati da AGEA
per il conteggio, ai fini di ogni campagna di commercializzazione lattiero
casearia, sia del prelievo supplementare imputato allo Stato italiano che del
prelievo supplementare imputato ai singoli allevatori.
2.6. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza
di un reale periculum in mora. Evidenzia, al riguardo, come siano state
promosse dagli enti impositori competenti molteplici azioni esecutive ed
espropriative nei confronti dell’odierno indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa
Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti
sulle misure cautelari personali e reali. Secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, in materia di misure cautelari il sindacato
di legittimità che compete alla Corte di Cassazione è limitato alla verifica
dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza la possibilità di verificare la corrispondenza
delle argomentazioni alle acquisizioni processuali, essendo interdetta in
sede di legittimità una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione (sez. U. n. 6402 del 30/4/1997, Rv. 207944). Ed in
particolare in materia di misure cautelari reali, il giudizio di legittimità
risulta ancora più circoscritto, in quanto cade in un momento processuale,
quale quello delle indagini preliminari, caratterizzato dalla sommarietà e
provvisorietà delle imputazioni; ciò comporta che in sede di legittimità non

3

e dei dati di consistenza di stalla fatti emergere dalle risultanze delle

è consentito verificare la sussistenza del fatto reato, ma soltanto accertare
se il fatto contestato possa astrattamente configurare il reato ipotizzato; si
tratta, in sostanza, di verificare un controllo sulla compatibilità fra la
fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una delibazione
prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto (sez. U. n. 6 del 27/3/1992,
Rv. 191327; sez. U. n. 7 del 23/2/2000, Rv. 215840; sez. 2 n. 12906 del
14/2/2007, Rv. 236386). Sulla base di tale premessa, l’ordinanza
impugnata non risulta censurabile, emergendo dalla stessa una

giustificano l’adozione di una misura cautelare reale.
3.1. Venendo specificamente alla questione relativa alla configurabilità del
fumus commissi delicti, di cui al primo motivo di ricorso, la premessa
teorica da cui prende le mossa l’impostazione accusatoria, fatta propria dal
Tribunale del riesame di Pordenone, è costituita dall’avere ritenuto che
l’interposizione della Cooperativa tra i singoli soci produttori ed i caseifici
acquirenti finali fosse fittizia, consentendo ai produttori di eludere la
normativa in tema di quote latte, vendendo, di fatto, direttamente, il latte
ai caseifici senza essere gravati del prelievo supplementare. Sulla base di
tale premessa è evidente, come peraltro rappresentato nel provvedimento
impugnato, che ai fini dell’integrazione del reato, nel limitato ambito di
accertamento consentito in questa sede, non rileva l’esistenza in senso
fisico e giuridico della Cooperativa, quanto, invece, la strumentale
creazione ed utilizzazione della stessa al fine di aggirare il sistema
normativo previsto dalla legge n. 119 del 2003 emanata in attuazione del
Reg. CEE n. 1788/2003 in tema di prelievo supplementare e di primo
acquirente. Detta normativa assegna a ciascun Stato membro un
quantitativo massimo di latte producibile, nell’ambito del quale lo Stato
attribuisce alle varie aziende produttrici il quantitativo individuale di
riferimento, la cosiddetta quota latte; come disincentivo alla produzione di

motivazione congrua e logica circa la sussistenza dei presupposti che

latte in eccedenza a tale quota prefissata, è imposto un prelievo gravante
sul produttore e destinato all’AGEA, il cosiddetto prelievo supplementare,
da annotarsi mensilmente in apposito registro informatico, il cosiddetto
SIAN, da parte del primo acquirente del latte con indicazione dell’azienda
produttrice che ha conferito il latte in eccedenza rispetto alla quota a lei
attribuita, il quantitativo in eccesso ed il relativo importo dovuto a titolo di
prelievo supplementare; alle Regioni è attribuito il controllo
sull’applicazione della normativa in particolare attraverso il rilascio

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Rru,

dell’autorizzazione, in presenza di taluni requisiti, della qualifica di primo
acquirente.
Premesso quanto sopra in punto di fatto e di diritto, rileva il Collegio
che il fumus del reato ipotizzato viene ravvisato nel fatto, risultato dagli
accertamenti all’uopo effettuati, che la Cooperativa, fin dalla campagna
lattiera 2008/2009, non avrebbe mai effettuato le trattenute ai soci sui
conferimenti di latte eccedenti le quote loro assegnate, trattenute che poi
avrebbero dovuto essere riversate ad AGEA; ciò, danno atto i giudici di

Pordenone, è risultato dall’esame delle fatture, della contabilità e della
documentazione bancaria della Cooperativa. Risulta, inoltre, accertato che i
trasporti del latte sono sempre avvenuti direttamente dai produttori ai
caseifici, essendo stato anche individuato il vettore che aveva effettuato i
trasporti. La somma di denaro sottoposta a sequestro è quella
corrispondente all’ammontare degli omessi versamenti del prelievo
supplementare da parte della Cooperativa, quali risultanti dai dati contenuti
nel registro informatico SIAN.
Quanto fino detto vale ad escludere la fondatezza e la rilevanza di
quanto dedotto nel primo motivo di ricorso, in quanto nel provvedimento
impugnato il fumus commissi delicti viene fondato sulla circostanza relativa
all’omesso versamento, da parte della Cooperativa, ad AGEA dei cosiddetti
prelievi supplementari, sia pure in presenza di conferimenti di latte da
parte dei produttori in misura eccedente le quote loro assegnate e quindi
soggetti alla suindicata misura disincentivante; in tali termini ritiene il
Collegio che debba essere letta la ravvisata «fittizietà>> della
Cooperativa, nel senso che, attraverso l’artifizio costituito dalla creazione
della stessa, si sarebbe evitato di considerare primi acquirenti, con le
conseguenze previste dalla legge, i caseifici che effettivamente
acquistavano il latte dai produttori; a ciò sarebbe seguito l’atto di
disposizione patrimoniale rappresentato dall’omissione da parte di AGEA
delle richieste di pagamento delle somme dovute come prelievo
supplementare ai reali primi acquirenti.
Tutto ciò si pone perfettamente in linea con quanto già affermato da
questa Corte in relazione ad una fattispecie concreta perfettamente
sovrapponibile con quella oggetto del presente ricorso (sez. 2 n. 2808 del
2/10/2008, Rv. 242649). Segnatamente si è detto che nel delitto di truffa,
il danno della vittima può realizzarsi non soltanto per effetto di una
condotta commissiva, bensì anche per effetto di un suo comportamento

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6,

omissivo, nel senso che essa, indotta in errore, ometta di compiere quelle
attività intese a fare acquisire al proprio patrimonio una concreta utilità
economica alla quale ha diritto e che rimane invece acquisita al patrimonio
altrui.
2.2. Con riferimento a quanto dedotto nel secondo e nel terzo motivo di
ricorso, correttamente il Tribunale ha escluso qualsiasi rilevanza, ai fini
della sussistenza del fumus commissi delicti in relazione al reato ed
all’illecito amministrativo ipotizzati, delle indagini effettuate in ordine alla

procedimento il P.M. competente aveva presentato richiesta di
archiviazione. In ogni caso, e l’osservazione vale anche per considerare
infondato quanto dedotto nel quinto motivo di ricorso, il provvedimento
impugnato evidenzia come eventuali specifici episodi di frode in ordine
all’effettivo numero di vacche presenti nelle stalle e sui quantitativi di latte
prodotto, come ipotizzato nella denuncia sporta dai produttori, potrà al più
comportare un ricalcolo della produzione nazionale e di conseguenza dei
quantitativi delle quote latte assegnate ai singoli produttori, ma non certo
l’illegittimità generalizzata ed indiscriminata dell’intero sistema delle quote
latte, riconosciuto legittimo in più sedi giurisdizionali.
2.3. Con riguardo al preteso rapporto di specialità derivante dal principio
stabilito dall’art. 9 delle legge n. 689 del 1981 tra il reato di cui all’art. 640
comma 2 cod. pen. e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 5 comma 5
legge n. 119 del 2003, di cui si occupa il quarto motivo di ricorso, nel
provvedimento impugnato è contenuta esaustiva motivazione che si rifà ai
principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità e condivisi dal
Collegio; segnatamente si è ritenuto che le due norme in questione
tutelano interessi diversi, nel senso che la violazione amministrativa mira a
tutelare il corretto funzionamento del meccanismo di controllo della
produzione lattiero casearia sanzionando inadempimenti anche solo formali
da parte dei primi acquirenti a prescindere dal danno patrimoniale
dell’AGEA; viceversa la norma penale mira a tutelare l’integrità
patrimoniale e la libera determinazione negoziale della persona offesa
rispetto a condotte coscienti e volontarie poste in essere da colui che la
induca in errore al fine di conseguire un ingiusto profitto (sez. 2 n. 2808
del 2/10/2008, Rv. 242651).
2.4. Ed anche con riferimento al periculum in mora, l’infondatezza delle
doglianze difensive sollevate in sede di riesame e riproposte con l’ultimo

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efu,

veridicità dei dati di produzione, dando atto che per il relativo

motivo di ricorso, viene efficacemente affermata nel provvedimento
impugnato attraverso il richiamo alle norme di cui agli artt. 640 quater e
322 ter cod. pen. che prevedono la confisca obbligatoria, anche per
equivalente, per un valore pari al prezzo o al profitto del reato, a nulla
rilevando, quindi, le considerazioni svolte dalla difesa circa i provvedimenti
cautelari già disposti in varie sedi giurisdizionali sui beni della Cooperativa.

4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

condannata al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deliberato in camera di consiglio, il 26 febbraio 2014

p

Il Consiglie

Dott. Robe o

Il Presidente
Palombi di Montrone

DottAmenico Gallo

dichiara rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere

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