Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10874 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 10874 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Riva Marco, nato a Milano il 19/2/1959
avverso l’ordinanza 19/7/2013 della Corte d’appello di Trento, sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale, Massimo Galli, che ha concluso per l’annullamento
dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 19/7/2013, la Corte di appello di Trento

dichiarava inammissibile l’istanza di revisione avanzata da Riva Marco della
sentenza n.2655/11, emessa dal Tribunale di Padova, con la quale l’istante
era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed C.200,00 di multa
per il reato di cui all’art. 640 cod. pen.

1

Data Udienza: 21/02/2014

2.

La Corte territoriale rilevava che nel caso di specie non risultava

configurabile l’ipotesi della oggettiva inconciliabilità della sentenza in
questione con altra sentenza del Tribunale di Padova con la quale il Riva era
stato assolto da un differente fatto di truffa, commesso con modalità
analoghe, ed osservava che le circostanze addotte non integravano gli
estremi delle nuove prove sopraggiunte di cui all’art. 630 cod, proc. pen.,

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso !Interessato per mezzo del

suo difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e dolendosi che la
Corte aveva esorbitato dai limiti del giudizio di ammissibilità formulando un
giudizio di merito sulle nuove circostanze dedotte con l’istanza di revisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Le censure mosse dal ricorrente sono fondate.

2.

Come è stato puntualizzato dalla giurisprudenza, in considerazione

della peculiarità del rimedio della revisione, teso a rimuovere una decisione
passata in giudicato, il vizio di manifesta infondatezza, previsto dall’art. 634
c.p.p. quale autonoma causa di inammissibilità della relativa domanda, va
ricollegato alla evidente inidoneità delle ragioni poste a sostegno della
richiesta ad accedere al giudizio di revisione; il tutto in base ad una
delibazione nella quale non possono assumere rilevanza regole di giudizio
appartenenti alla fase del merito, altrimenti derivandone un’indebita
sovrapposizione tra momenti procedimentali che il legislatore ha inteso
categoricamente differenziare. Con la conseguenza che non può trovare
ingresso nella verifica di ammissibilità per manifesta infondatezza il
richiamo a regole di giudizio riferibili alla sola fase cd. “rescissoria”, quale
quella imposta dall’art. 637, comma 3 cod. proc. pen. (Cass. Sez. Un. 26-92001 n. 624). Ne deriva che, pur essendo attribuito alla Corte di Appello,
nella fase preliminare prevista dall’art. 634 c.p.p., un limitato poteredovere di valutare, anche nel merito, l’oggettiva potenzialità degli elementi
addotti dal richiedente, ancorché costituiti da “prove” formalmente
qualificabili come “nuove”, a dar luogo ad una pronuncia di proscioglimento
(Cass. Sez. 5^, 22-11-2004 n. 11659; Sez. 1^, 17-6-2003 n. 29660), tale

2

lett. c).

potere di valutazione pregiudiziale non può consistere in una penetrante
anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato al vero e proprio
giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti, ma implica
soltanto una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti,
finalizzata alla verifica dell’eventuale sussistenza di un’infondatezza che, in
quanto definita come “manifesta”, deve essere rilevabile “ictu °culi”, senza
necessità di approfonditi esami (Cass. Sez. 6^, 28-6-2007 n. 16802; Sez.

3.

Tale insegnamento è stato, ancor più di recente ribadito da questa

Corte che ha statuito che il preliminare esame della Corte di app&lo circa il
presupposto della non manifesta infondatezza deve limitarsi a una
sommaria delibazione dei nuovi elementi di prova addotti e della loro
astratta idoneità, sia pure attraverso una necessaria disarnina del loro grado
di affidabilità e di conferenza, a comportare la rimozione del giudicato in
relazione alla potenziale efficacia a incidere in modo favorevole sulle prove
già raccolte e sul connesso giudicato di colpevolezza, essendo invece ad
essa preclusa, in tale fase, una approfondita valutazione che comporti
un’anticipazione del giudizio di merito, avulsa dal contraddittorio fra le parti
e fondata su prove non ancora compiutamente acquisite” (Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 2437 del 03/12/2009 Cc. (dep. 20/01/2010 ) Rv. 245770, imp.
Giunta).

4.

Nel caso di specie, la Corte di Appello non ha fatto corretta

applicazione degli enunciati principi, in quanto non si è limitata ad
un’astratta valutazione circa l’attitudine del novum addotto a sostegno della
richiesta di revisione a porre in discussione il fondamento della pronuncia
irrevocabile di condanna resa nei confronti del Riva, ma, al contrario, ha
proceduto ad un vero e proprio giudizio di merito, ossia ad una analisi degli
elementi dedotti per saggiarne la consistenza; in tal modo pervenendo ad
una indebita anticipazione del giudizio di merito, che deve essere riservato
al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle
parti.

5.

Di conseguenza l’ordinanza impugnata deve essere annullata con

rinvio per il giudizio di revisione alla Corte d’Appello di Trieste.

1^, 6-10-1998 n. 4837).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste.
Così deciso, il 21 febbraio 2014

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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