Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10870 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 10870 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIRULLI VINCENZO N. IL 28/04/1956
CANNAVACCIUOLO ANNA N. IL 05/12/1963
avverso il decreto n. 179/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
17/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere D tt. GIULINSO,C4SUCCI;
lette/seSite le conclusioni del PG Dott.
144 b.4-m-tte

wyg. /tu Yuctuk;

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/02/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 17 maggio 2013, La Corte di appello di Palermo, V^ sezione
penale per le misure di prevenzione, ha confermato il provvedimento del Tribunale
in sede , con la quale era stata applicata a Carulli Vincenzo la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di
soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni ed era stata ordinata la
confisca di immobili intestati a prossimi congiunti ma ritenuti nella sua disponibilità.

al sodalizio mafioso denominato “cosa nostra”, stante il grave ed univoco significato
indiziario in tal senso, irrilevante essendo l’ assoluzione, pronunciata in sede di
merito con sentenza del 23.12.2010 (irrevocabile il 4.7.2012), dal reato di cui agli
artt. 110, 426-bis cod. pen. e l’ esclusione dell’ aggravante di cui all’ art. 7 di.
152/91, perché la condanna per il delitto di cui all’ art. 648-ter cod. pen.
confortava il convincimento della riconducibilità della società GIELLEI Elecrotrading
alla sua disponibilità (nonostante la formale intestazione a Iaquinoto Giorgio)
assieme agli esponenti mafiosi Di Maggio Antonino e Pipitone Vincenzo. La citata
sentenza non aveva infatti mancato di mettere in rilievo la derivazione illecita (da
attività estorsiva) delle risorse di tale attività imprenditoriale finalizzata
essenzialmente al riciclaggio. Dal complesso delle emergenze indiziarie risultava
accertata l’ “appartenenza” (diversa dalla “partecipazione”) all’ associazione
mafiosa, emergenze sopravvenute ai decreti del Tribunale e della Corte di appello di
Palermo (risalenti rispettivamente al 2005 e al 2006) che avevano respinto la
richiesta di applicazione di analoga misura di prevenzione. Sotto il profilo
patrimoniale erano infondate le doglianze mosse da Cannavacciuolo Anna, formale
acquirente della villetta sita in Carini in forza di contratto di compravendita del 10
marzo 2008, stante il carattere fittizio di tale trasferimento.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi
1) Curulli Vincenzo, a mezzo del difensore e procuratore speciale Avv. Loberto La
Rosa, che ne ha chiesto l’ annullamento:
– in ordine alle misure personali per inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione in quanto la
decisione impugnata è il frutto del travisamento delle emergenze processuali in
riferimento all’ assoluzione definitiva dall’ imputazione di cui agli artt. 110-416 bis
cod. alla mancata valutazione delle prove decisive assunte nel giudizio di
cognizione, da cui risulta che l’ unica dazione di danaro intercorsa fra Pipitone
Vincenzo e Carulli attiene ad un prestito di circa ventimila/00 euro, per far fronte ad
istanza di fallimento. Inoltre erroneamente non è stato applicato il principio del ne
bis in idem, posto che i rapporti tra il ricorrente e Pipitone-Di Maggio erano stati

La Corte confermava il giudizio di pericolosità sociale, qualificata dall’ appartenenza

attentamente vagliati nel precedente procedimento di prevenzione conclusosi con il
rigetto della richiesta di applicazione della misura;
– omessa motivazione circa l’ entità della durata della misura inflitta e circa la
sussistenza della pericolosità sociale,
– in ordine alle misure patrimoniali, per inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale, per mancata assunzione di prova decisiva nonché per mancanza o
manifesta illogicità della motivazione, essendo stata omessa l’ indagine sulla
provenienza illecita dei capitali investiti, nonostante la richiesta di procedere a
consulenza tecnica e gli accertamenti della Guardia di Finanza in ordine ai
finanziamenti, ai lasciti ereditari, alle vendite di immobili ed altro che dimostravano
la liceità delle disponibilità economiche. Erroneamente è stata disposta la confisca
degli immobili di via Cimarosa e via Malaspina di Palermo in quanto alienati dalla
curatela a terzi nell’ ambito della procedura fallimentare;
2) Cannavacciuolo Anna, a mezzo del difensore e procuratore speciale avv.
Raffaele Bonsignore, che ne ha chiesto l’ annullamento: – per violazione di legge e
conseguente illegittimità della confisca dell’ immobile di proprietà della ricorrente,
per avere la Corte di appello acriticamente reiterato le considerazioni del Tribunale
senza tener conto dell’ integrazione probatoria offerta (attività lavorativa svolta
dalla ricorrente fin dal 1997 con retribuzione; attività lavorativa della figlia
convivente; rimesse del marito dagli Stati Unito a titolo di mantenimento della
figlia; modalità di pagamento con assegni circolari e cambiali) e sull’ erroneo
presupposto che in materia di confisca la normativa preveda un’ inversione dell’
onere della prova; – per omessa risposta alle dettagliate doglianze difensive mosse
con l’ appello essendosi la Corte territoriale limitata a richiamare le motivazioni del
primo decreto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso nell’ interesse di Carulli Vincenzo:
1.1. è dedotto in maniera inammissibile per la parte in cui addebita alla sentenza
impugnata di aver travisato le emergenze processuali, per mancata valutazione di
prove decisive, in particolare per non aver tenuto conto che l’ unica dazione di
danaro (circa ventimila/00 euro) da parte di Pipitone Vincenzo era relativa ad un
prestito per far fronte ad un’ istanza di fallimento. Ed invero, a fronte della
motivazione del provvedimento impugnato che ha richiamato le dichiarazioni del
consulente contabile La Porta Girolamo e del collaboratore di giustizia Pulizzi
Vincenzo a dimostrazione della cogestione di Di Maggio e Pipitone e della
derivazione esclusivamente illecita delle risorse economiche della GIELLEI, il
ricorrente si è limitato ad un generico richiamo alle emergenze processuali, senza

sproporzione tra reddito dichiarato e valore dei beni posseduti ovvero sulla

indicazione specifica dell’ atto del processo che si assume come rilevante ma
omesso, secondo la nuova formulazione dell’ art. 606 c. 1 lett. e) cod. proc. pen.;
1.2. è infondato per la parte in cui denuncia violazione del divieto del bis in idem.
La questione era stata oggetto di doglianza con l’ appello e il provvedimento
impugnato ha dato congrua risposta. Ha invero rammentato che ai provvedimenti
del 2005 e del 2006, che avevano respinto la precedente richiesta di misura di
prevenzione erano sopravvenuti nuovi apporti ricavati dalle indagini condotte nel
648-ter cod. pen.;
1.3. è inammissibile quanto alli omessa motivazione circa la durata triennale della
misura e alla pericolosità sociale del proposto, perché le questioni non erano state
oggetto di devoluzione con l’ appello e quindi ne è preclusa la proposizione in
questa sede, valendo quanto sui detti punti dal Tribunale,
1.4. è inammissibile per genericità in riferimento alle misure di natura patrimoniale,
perché a fronte della considerazione della inadeguatezza dei redditi dichiarati (che
lo stesso ricorrente ammette) si limita a dolersi della mancata considerazione degli
accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza in riferimento a “finanziamenti,
lasciti ereditari, vendita di immobili ed altro”, senza indicare in maniera specifica
quali fossero le citate fonti di reddito e quali fossero state le deduzioni svolte sul
punto con l’ appello. Vi è poi carenza di interesse in riferimento agli immobili a lui
non intestati, in particolare in riferimento a quello intestato a Cannavacciuolo Anna;
1.5.ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in riferimento all’ ultima doglianza,
perché il provvedimento impugnato ha spiegato le ragioni per le quali ha
confermato il giudizio di “appartenenza” del ricorrente all’ associazione criminale
“cosa nostra”, avendo previamente rammentato i condivisibili canoni interpretativi
per i quali il concetto di “appartenenza” si distingue da quello di “partecipazione” e
la valutazione da effettuare nel procedimento di prevenzione è autonoma rispetto a
quella effettuata nel giudizio di cognizione.
2. Il ricorso nell’ interesse di Cannavacciuolo Anna:
2.1. è infondato per la parte in cui addebita al decreto impugnato di aver preteso
una non consentita inversione dell’ onere della prova. La Corte territoriale si è
infatti limitata a dare risposta ai rilievi difensivi mossi con l’ appello in ordine alle
argomentazioni svolte sul punto dal Tribunale. In conseguenza la Corte palermitana
ha rilevato che quanto di nuovo introdotto in sede di appello non aveva rilievo,
perché le fonti di reddito indicate erano successive al 2008, cioè all’ acquisto dell’
immobile, sicché rimaneva ingiustificata la disponibilità della cospicua somma
impiegata per l’ acquisto, spiegazione congrua, non censurabile in questa sede, in

procedimento cui ha fatto seguito la condanna definitiva per il delitto di cui all’ art.

particolare nel giudizio di prevenzione che consente il ricorso per cassazione solo
per violazione di legge;
2.2. è infondato per la parte in cui censura il provvedimento impugnato perché
privo di motivazione in riferimento alle doglianze mosse con l’ appello, posto che ad
esse la risposta si rinviene non solo nel rinvio agli argomenti spesi dal Tribunale ma
soprattutto in ragione della valorizzazione delle modalità di pagamento, in
particolare dell’ assenza di tracce della provenienza del danaro impiegato per
85.000,00, una volta ribadita la sproporzione del reddito della ricorrente in
relazione a tale disponibilità economica e una volta constati i legami di natura
parentale con la moglie di Pietro Carulli nonché la relazione temporale con il rinvio a
giudizio del proposto..
2.3. Con memoria difensiva si è denunciata omessa motivazione in ordine alla
dimostrazione della disponibilità dell’ immobile da parte del proposto, non potendo
nel caso trovare applicazione la presunzione di cui all’ art. 2-bis L. 575/65, atteso
che la ricorrente non fa parte della famiglia Caruilli. Osserva il Collegio che la
questione è inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in questa sede.
Non essendo stata oggetto di devoluzione con l’ appello, è preclusa. Le altre
questioni indicate in memoria sono re iterative di quelle sopra già esaminate.
3. I ricorsi debbono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 20 febbraio 2014

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