Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10864 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 10864 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di HOSNI Hakemi Ben Hassen, n. in
Tunisia il 03.03.1967 avverso l’ordinanza n. 683/2013 del Tribunale
di Bari, in funzione di giudice del riesame, in data 20.06.2013 con la
quale era stata rigettata l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. avverso
l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Bari in data 06.02.2013 impositiva della misura cautelare della
custodia in carcere;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Paolo
Canevelli che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 06/02/2014

sentito il difensore avv. Carlo Corbucci in sostituzione dell’avv.
Giangregorio De Pascalis che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza
impugnata con l’adozione di ogni provvedimento ex lege.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 06.02.2013, il Giudice per le indagini

preliminari presso il Tribunale di Bari, su conforme richiesta del
Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, applicava
nei confronti di HOSNI Hakemi Ben Hassen la misura cautelare della
custodia in carcere per i reati di agli artt. 270-bis cod. pen. (capo A),
3, comma 3 lett. b) I. 13.10.1975, n. 654 (capo B).
HOSNI è accusato di aver diretto ed organizzato, nell’ambito di una
cellula operante in Andria ed in altre zone del territorio italiano,
un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale,
coordinando altresì l’attività dei membri dell’associazione e
garantendo i collegamenti con altri esponenti del terrorismo islamico
tutti già condannati in via definitiva per reati della stessa indole
(capo A) nonché di aver istigato all’odio e alla violenza nei confronti
degli ebrei contro i quali giustificava la commissione di atti di
terrorismo e violenza (capo B).
2.

A seguito di ricorso nell’interesse di HOSNI Hakemi Ben Hassen, il
Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza
impugnata, rigettava l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen..

3.

Avverso tale provvedimento, nell’interesse di HOSNI Hakemi Ben
Hassen veniva proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
– violazione della legge penale, mancanza e/o contraddittorietà della
motivazione;
– mancanza dei gravi indizi di colpevolezza;
– mancanza delle esigenze cautelari previste dall’art. 274, lett. a), b)
e c) cod. proc. pen. e mancato rispetto del principio di adeguatezza e
proporzionalità in ordine alla scelta della misura cautelare disposta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e, come tale, va respinto.

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5. È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di
sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti
adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà
personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio
condivide e reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative
che hanno interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod.

proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di
motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte
Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se
il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento
delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica
funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare
con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen.,
ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di
vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal
citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen.,
con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della
pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata
probabilità di colpevolezza (Cass., Sez. un., n. 11 del 22/03/2000,
Audino, rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art. 606 cod.
proc. pen., Cass., Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, rv.
237012).
Si è inoltre osservato, sempre in tema di impugnazione delle misure
cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile
soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge,

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ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche
quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti
ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5, n. 46124
dell’08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; Cass., Sez. 6, n. 11194
dell’08/03/2012, Lupo, rv. 252178).

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo
“all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità
non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti e sono
inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la
motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi
di fatto sono corrispondenti alla previsione della norma
incriminatrice.
6. Nella fattispecie, il Tribunale del riesame ha valorizzato, ad
integrazione del necessario quadro di gravità indiziaria legittimante
l’emissione della impugnata misura coercitiva, una articolata serie di
elementi, dai quali – con motivazione esauriente, logica, non
contraddittoria, come tale esente da vizi rilevabili in questa sede,
oltre che in difetto delle ipotizzate violazioni di legge – è stata nel
complesso desunta la sussistenza del necessario quadro di gravità
indiziaria in relazione ai reati ipotizzati, nella specie senz’altro
configurabili nei loro elementi costitutivi essenziali.
In particolare, ha evidenziato il giudice di seconde cure come la
corposa piattaforma indiziaria posta alla base della misura cautelare
genetica traesse origine dall’articolata attività d’indagine svolta dai
R.O.S. dei Carabinieri di Bari avente ad oggetto il contrasto
dell’eversione internazionale nell’ambito del terrorismo islamista;
l’interesse investigativo trovava il suo fondamento nel fatto che
l’area barese e foggiana fosse notoriamente popolata da folte
comunità di immigrati e, dunque, tra le più sensibili al rischio di

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diffusione di fenomeni terroristici. L’indagine prende le mosse dalla
presenza in Andria di un gruppo religioso, capeggiato da HOSNI
Hachemi Ben Hassen,

imam

della locale moschea, gruppo

assolutamente aderente alla causa promossa da Al Qaeda del quale
facevano parte militanti jihadisti i quali, da contesti di emarginazione
sociale, era stati condotti sino alla prassi terroristica: il jihad diventa
l’unico argomento di conversazione e tutto è riferito o ricondotto alla

necessità dell’impegno combattentistico per l’affermazione del puro
Islam.
Il Tribunale ha rilevato come l’associazione a delinquere in cui risulta
inserito l’indagato è dedita ad una scrupolosa attività di proselitismo
radicalista, volta a rafforzare, con estrema cautela e discrezione, una
più ampia struttura organizzata pronta a colpire il mondo
occidentale. Fondamentali per ricostruire assetto, modalità di
comunicazione, attività concretamente svolte ed “obiettivi” del
gruppo sono le intercettazioni telefoniche i cui contenuti sono stati
riscontrati dagli esiti dell’attività investigativa di osservazione ed
appostamento e da quella di video-sorveglianza all’esterno del cali

center denominato “Hosni Ennasr” frequentato dagli indagati, sia per
il loro contenuto che per la natura della relazione tra gli interlocutori
che consentono di chiarire. L’organizzazione, composta da un esiguo
numero di sodali avvinti da un solido legame associativo basato sul
comune credo di matrice estremista e pronti alla realizzazione di un
programma criminale stragista duraturo con obiettivi di immediato
interesse di natura sia ideologica che logistica, vede al suo vertice
l’HOSNI Hachemi Ben Hassen — stabile reclutatore e deputato ai
collegamenti diretti con la “organizzazione madre” — che si avvale
dell’ausilio dei coindagati (militanti e fiancheggiatori) per diffondere
l’ideologia radicalista e per coinvolgere potenziali nuovi adepti.
L’attività preparatoria di realizzava, per lo più, attraverso la visione
ed il commento in comune, di messaggi, proclami, filmati e
documenti scaricati da siti internet: in particolare, i

files scaricati

contenevano sia messaggi propagandistici e scene di esecuzione di
massa, sia precise e concrete indicazioni per la realizzazione di atti di
terrorismo, per la preparazione e per l’uso di armi o materiale
esplodenti, istruzioni dirette all’aspirante mujihaidin per raggiungere
le zone di conflitto in modo sicuro, per inviare messaggi criptati in

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sede. Sintomatici sono apparsi, altresì, i continui spostamenti sul
territorio italiano effettuati da gran parte degli indagati, che, di fatto,
sono spesso risultati funzionali al mantenimento di stretti contatti
con altre cellule della stessa natura secondo il vecchio modello di Al
Qaeda, preso a riferimento dall’HOSNI, espressione – evidentemente
non ancora isolata – di ciò che rimane dell’apparato capillarmente
organizzato da Osama Bin Laden e dai suoi luogotenenti prima

dell’Il settembre; sono emersi inoltre collegamenti con gli ambienti
del terrorismo islamico radicati in altre zone del territorio italiano e
concrete attività di raccolta fondi e di finanziamento di terroristi.
Elementi che, unitariamente valutati dal Tribunale, si pongono al di
là quelle che possono essere considerate come mere manifestazioni
di adesione ideologica al radicalismo fondamentalista e, pertanto, nel
quadro di una coordinata ed organica lettura delle emergenze
investigative, sono stati ragionevolmente ritenuti dimostrativi
dell’inserimento degli indagati nella cellula terroristica de qua.
In relazione al capo B), dopo aver correttamente evidenziato che
trattasi di reato di mera condotta che non richiede la realizzazione di
alcun evento, essendo evidente dallo stesso tenore letterale della
norma che è punita la propaganda di idee fondate non solo sulla
superiorità ma anche sul semplice odio razziale, il Tribunale ha tratto
il giudizio sulla gravità indiziaria dal tenore di numerose
intercettazioni telefoniche: sintomatica è la conversazione del
30.12.2008 intercorsa tra l’HOSNI e la madre nella quale i due, nel
commentare le notizie provenienti da Gaza, concordano che i
problemi dell’islam sono stati originati dagli ebrei e che con l’aiuto di
Allah, gli arabi riusciranno a vincere; il disprezzo verso gli ebrei viene
manifestato anche attraverso la conversazione del 07.01.2009 nella
quale HOSNI dice alla madre di pregare contro gli ebrei, sollecitando
così la donna a rispondere auspicando che Dio possa accettare le loro
preghiere per Gaza e contro gli ebrei. Altra conversazione a
connotazione antisionista è quella registrata in data 12.01.2009
intercorsa tra HOSNI e tale Amina, nel corso della quale la donna
fornisce ad HOSNI la numerazione iniziale per consentirgli di
comporre un numero corrispondente ad un’utenza fissa di Gaza e
poter così apprendere, in tempo reale, notizie sul conflitto in corso; il
contenuto di tale conversazione lascia comprendere con quanta

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partecipazione era vissuta la vicenda palestinese, proprio in quei
giorni sotto il duro attacco delle forze armate israeliane. Nel corso
del dialogo traspare con chiarezza, dalle parole di HOSNI,
l’esaltazione del Jihad e del martirio per la causa islamica;
inequivocabili poi le parole dell’HOSNI quando in data 30.12.2008
parla con una donna di nome Nurah alla quale dice che i suoi figli
devono odiare gli ebrei, perché ciò è uno dei fondamenti dell’Islam.

7. Fermo quanto precede, le doglianze del ricorrente inerenti
all’adeguatezza del quadro indiziario valorizzato dal Tribunale del
riesame si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito, sollecitando un
“controllo ed un sindacato” non appartenente al giudice di legittimità
il cui compito – va ribadito – è solo quello di verificare che il giudice
di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario ed a valutare la
ricorrenza delle esigenze cautelari a carico dell’indagato offrendo
motivazione congrua in ordine alla valutazione degli elementi
indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass., Sez.
4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana, rv. 255460; nello
stesso senso, Cass., Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010-23/08/2010,
T., rv. 248037).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere «all’interno» del
provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una
nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso
esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In
altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione
alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun
potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive
dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari
e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata
chiesta l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame
dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro

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negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1)

l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo

hanno determinato;
2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo
del

provvedimento

impugnato,

ossia

la

congruità

delle

argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

Nella fattispecie, entrambi i requisiti ricorrono: sotto questo aspetto
il ricorso, nella parte in cui ha contestato la valutazione della ritenuta
gravità indiziaria, è infondato e, come tale, da rigettare.
8. Pari infondatezza involge la censura in ordine alla dedotta
inesistenza delle esigenze cautelari ed alla mancata osservanza del
principio di adeguatezza e proporzionalità della misura applicata.
Ampia e giustificata e, come tale, idonea a superare la proposta
censura, è la motivazione del Tribunale sul punto laddove si afferma
che:
-in merito alle esigenze di cui alla lett. b) dell’art. 274 cod. proc.
pen., depone per l’esistenza del concreto pericolo di fuga la palesata
intenzione dell’indagato di raggiungere i teatri operativi della “guerra
santa”; se a ciò si aggiunge che si tratta di soggetto aderente ad un
gruppo contiguo ad altri di stampo fondamentalista, appare
altamente probabile l’immediato ritorno all’estero, in caso di
scarcerazione, dove l’HOSNI si era già trasferito;
-in merito al pericolo di reiterazione criminosa specifica ex art. 274
lett. c) cod. proc. pen., va sottolineata l’estrema gravità dei fatti in
contestazione, l’elevata pericolosità della “cellula” monitorata dagli
inquirenti, i collegamenti con altre cellule attive in Italia ed all’estero.
Vale a rafforzare la fondatezza della prognosi negativa la
constatazione della incondizionata e acritica adesione a logiche
terroristiche di tutti i coindagati, dal senso di appartenenza a contesti
omogenei e dalla persistenza dell’attività di proselitismo anche da
parte del ricorrente.
Su queste premesse, consequenziale appare la valutazione in ordine
all’impossibilità di prevedere un trattamento sanzionatorio che non
superi il limite del beneficio della sospensione condizionale della pena
a cui aggiungere la considerazione che il prospettato pericolo di
reiterazione criminosa appare di per sé, difficilmente compatibile con

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quella prognosi favorevole al reo, in termini di astensione dal
delinquere che si pone come presupposto di legge per la concessione
del beneficio de quo; ed altrettanto consequenziale è il giudizio in
ordine alla proporzionalità della misura in essere rispetto al disvalore
giuridico delle condotte con riferimento alla presumibile pena
irroganda ed alla adeguatezza della stessa ad arginare le concrete
esigenze cautelari.

la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Si provveda a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen..
Così deliberato in Roma, camera di consiglio del 6.2.2014

9. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen.,

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