Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10832 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10832 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Ierace Riccardo, n. a Cinquefrondi il 12/10/1988;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data
16/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Papa, che ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Ierace Riccardo ha proposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza del
Tribunale del riesame di Reggio Calabria con cui è stata confermata, nel
procedimento penale n.6412 del 2012 RGNR DDA, l’ordinanza applicativa della
misura cautelare della custodia in carcere emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di
Palmi per i reati di cui agli artt. 73 del d.p.r. n. 309 del 1990 (capi I e m),

Data Udienza: 28/01/2014

riqualificata la condotta nel reato di offerta o messa in vendita di sostanza
stupefacente del tipo cocaina, e di cui agli artt. 2, 4 e 7 della legge n. 895 del
1967 limitatamente alla detenzione di tre armi comuni da sparo, tra cui un fucile
a canne sovrapposte (capo p ). In particolare il Tribunale ha comunque
dichiarato preliminarmente la incompetenza del G.i.p. presso il Tribunale di Palmi
ordinando la trasmissione degli atti al P.M. di Reggio Calabria; ha infatti

d.P.R. n. 309 del 1990, sicché il Gip avrebbe dovuto, stante la competenza ex
art. 328 c.p.p. del G.i.p. di Reggio Calabria, determinata da tale ultimo reato,
dichiarare la propria incompetenza per tutti i reati con trasmissione degli atti ex
art. 27 c.p.p. pur avendo rigettato la richiesta di adozione di misura per il reato
ex art. 74 cit.

2. Lamenta con un primo motivo anzitutto che il Tribunale del riesame, una volta
constatata la incompetenza del G.i.p. di Palmi, non avrebbe potuto poi trattare il
merito della vicenda confermando la misura impugnata; lamenta inoltre la
violazione degli artt. 21,27, 28, 291 e 649 c.p.p. e la conseguente nullità
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Premette che in data 26/06/2013
la procura distrettuale aveva emesso decreto di fermo per i fatti di cui ai suddetti
capi di addebito; il G.i.p. presso il Tribunale di Palmi aveva quindi emesso
ordinanza di non convalida del fermo e contestuale ordinanza di applicazione
della custodia cautelare in carcere in ordine ai reati di cui ai capi

I

em,

riqualificata la condotta del reato di offerta o messa in vendita di cocaina, e p,
quest’ultimo limitatamente alla condotta detentiva contestata e dichiarando la
propria incompetenza limitatamente alla posizione di Bruzzese per il quale veniva
ordinata la restituzione degli atti al P.M.

ex art. 27 c.p.p. A fronte di tale

ordinanza, non impugnata, la Procura distrettuale aveva quindi richiesto al G.i.p.
di Reggio Calabria l’emissione di nuova ordinanza per gli stessi fatti già oggetto
di giudicato cautelare.
Con un secondo motivo lamenta la inutilizzabilità di tutte le intercettazioni
ambientali e di tutte le video riprese per inosservanza degli artt. 266, 267 e 268
c.p.p. avendo le ordinanze di convalida delle autorizzazione recepito unicamente
la richiesta di autorizzazione avanzata dal PM, a sua volta riferita alle
argomentazioni svolte dai verbalizzanti ; nella specie i decreti non menzionano
gli elementi dai quali vengono desunti sufficienti indizi che giustificherebbero il
ricorso allo strumento di intercettazione né vengono indicate le ragioni
dell’urgenza che farebbero ritenere fondato il motivo per il quale dal ritardo
potrebbe derivare pregiudizio alle indagini; lamenta l’ulteriore inutilizzabilità
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osservato che la misura era stata richiesta anche per il reato di cui all’art. 74 del

derivante dall’illegittimo impiego di apparati di intercettazione installati in luoghi
diversi da quelli della Procura indagante e senza che tale uso sia stato
giustificato con provvedimento motivato; lamenta ancora la inutilizzabilità
derivante dalla violazione dell’art. 268, commi 1 e 2, c.p.p. in relazione all’art.
89 bis disp. att. cpp, non risultando dagli atti, unitamente al documento cartaceo
che avrebbe dovuto verbalizzare le operazioni di captazione, i nominativi dei

non possibile il controllo giudiziale in ordine all’attendibilità del riconoscimento
delle voci che sarebbe avvenuto a seguito dell’ascolto.
Con un terzo motivo lamenta la violazione di legge e la mancanza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancanza delle condizioni ex
artt. 273 e 274 c.p.p. legittimanti l’applicazione della misura coercitiva in
relazione ai capi d’imputazione per i quali è stata emessa la misura. Rileva che lo
stesso collaboratore Basile non avrebbe mai fatto il nome di Ierace non avendolo
mai descritto fisicamente e non avendolo mai riconosciuto in foto, pur
sottopostagli dinanzi, come il gommista o il meccanico, sicché non è dato
comprendere quali elementi abbiano consentito di identificare in costoro
l’indagato; inoltre dall’informativa dei carabinieri di Taurianova emergerebbe che
il gestore della officina autolavaggio considerata quale luogo dell’attività
contestata sarebbe da individuarsi in tale Fonte Michele e soprattutto che il
gommista dovrebbe identificarsi nella persona di Ierace Michele e non Ierace
Riccardo. Rileva ancora come l’indagato non abbia mai partecipato a incontri con
i sodali, non abbia mai partecipato a viaggi di sorta e non abbia mai utilizzato
cautele o particolari contatti telefonici; di qui peraltro la considerazione secondo
cui le dichiarazioni di Basile non potrebbero in alcun modo essere considerate
individualizzanti nei confronti di Ierace che non viene né nominato né descritto.
Né sarebbe possibile valorizzare come riscontro il fatto che le macchine siano
state trovate manomesse, non emergendo che tale condotta sia stata tenuta
specificamente da Ierace; parimenti non sarebbe valorizzabile, né ai fini della
sussistenza della partecipazione al reato associativo né ai fini delle ulteriori
specifiche contestazioni, l’episodio, risultato da intercettazione ambientale, nel
quale l’indagato ebbe a rivolgersi, al fine di farsi restituire delle armi rubategli, a
Ieranò quale zio dei presunti ladri; né sarebbero valorizzabili l’ulteriore episodio,
che, se vero, sarebbe del tutto comunque occasionale, circa l’offerta di
stupefacente fatta dall’indagato stesso sempre a Ieranò.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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soggetti che hanno proceduto all’ascolto delle conversazioni, rendendo tra l’altro

3. Il ricorso è inammissibile.
Con riguardo al primo motivo, risulta dagli atti, cui questa Corte ha accesso in
ragione della natura processuale del vizio lamentato, che il Gip presso il
Tribunale di Palmi, investito dal P.M. di Reggio Calabria della richiesta di

confronti di Bruzzese Giuseppe, Giovinazzo Andrea e Ierace Riccardo ebbe, in
data 30/06/2013, ad emettere la misura, nei confronti di Bruzzese, per i reati
sub a) (art. 74), c) (art. 73) ed f) (art. 73), nei confronti di Ierace per i reati sub

I) (art. 73), m) (art. 73) e p) (artt. 2, 4 e 7 I. n. 895 del 1967) e nei confronti di
Giovinazzo per i reati sub I) e m); lo stesso G.i.p. ebbe poi a ritenere di dovere,
in accoglimento della richiesta per il reato associativo nei confronti di Bruzzese,
tale da spostare la competenza di tutti i reati a lui contestati in capo al Gip di
Reggio Calabria, declinare la propria competenza e trasmettere gli atti a
quest’ultimo ex art. 27 cpp, mentre ritenne, avendo rigettato analoga richiesta
per Ierace e Giovinazzo, di essere competente per i reati sub I), m) e p) e di non
dovere effettuare quindi alcuna trasmissione ex art. 27 cpp.
Risulta ancora (questa volta dalle premesse dell’ordinanza del G.i.p. di Reggio
Calabria) che, successivamente, ovvero in data 11/07/2013, il P.M. di Reggio
Calabria, senza impugnare il provvedimento di rigetto del G.i.p. di Palmi, ebbe a
richiedere al G.i.p. di Reggio Calabria la emissione di ordinanze di applicazione
della misura della custodia di contenuto analogo rispetto a quelle già emesse dal
Gip di Palmi per tutti gli indagati (e dunque anche per Giovinazzo e Ierace per i
quali il G.i.p. di Palmi non si era dichiarato incompetente) e l’applicazione della
misura anche per i reati di cui al capo a) nei confronti di Giovinazzo e Ierace per
i quali analoga richiesta era stata rigettata dal Gip di Palmi. Il G.i.p. di Reggio
Calabria emetteva allora la misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti in particolare di Ierace per i delitti di cui ai capi a), I), m) e p) e nei
confronti di Giovinazzo Andrea per i reati di cui ai capi a), I) e m).
Interposta richiesta di riesame, da parte di Ierace Riccardo, avverso l’ordinanza
del G.i.p. di Palmi, il Tribunale del riesame, dopo avere ritenuto ammissibile il
ricorso (il P.M. aveva obiettato che, essendo la misura stata reiterata dal G.i.p. di
Reggio Calabria, era venuto a cadere l’interesse a coltivare il ricorso avverso
l’ordinanza del G.i.p. di Pami), ha ritenuto che il G.i.p. di Palmi abbia errato a
non dichiararsi incompetente posto che la sola contestazione del reato sub a),
indipendentemente dalla emissione o meno di misura, era tale da causare la
incompetenza per tutti i reati connessi e dunque anche per quelli di cui ai capi I),
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convalida del fermo e di applicazione della custodia cautelare in carcere nei

m) e p) per i quali la misura era stata emessa; pertanto, il Tribunale dichiarava
l’incompetenza del G.i.p. presso il Tribunale di Palmi e ordinava la trasmissione
degli atti alla Procura di Reggio calabria.
Ciò posto, e precisato che oggetto del ricorso è qui unicamente la ordinanza del
Tribunale che si è pronunciata sulla misura del G.i.p. di Palmi (sicché tutte le
diffuse considerazioni in ordine alla violazione del giudicato cautelare che

evidentemente, inammissibili), va anzitutto precisato che, contrariamente alla
specifica doglianza del ricorrente sul punto, legittimamente il Tribunale del
riesame ha, da un lato, rilevato la incompetenza del G.i.p. presso il Tribunale di
Palmi e, dall’altro, pronunciato nel merito.
Sotto il primo profilo va invero ricordato che questa Corte ha già affermato che
l’incompetenza per materia, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del
processo a norma dell’art. 21 c.p.p. salve le eccezioni ivi espressamente
previste, deve essere rilevata, allo stato degli atti, anche dal Tribunale del
riesame (Sez. 6, n. 3079 del 20/08/1992, Panigritti, Rv. 192238), mentre
analogo potere officioso è stato riconosciuto anche con riferimento alla
incompetenza per territorio atteso che la legittimità del provvedimento
applicativo delle misure da parte del G.i.p. implica anche il rispetto delle norme
sulla competenza (Sez. 1, n. 22297 del 15/05/2003, Codespoti, Rv. 227385;
Sez. 3, n. 2787 del 07/09/1999, De Luca e altro, Rv. 214519; Sez. 6, n. 914 del
16/03/1999, P.M. in proc. Archidiacono, Rv. 214783); non vi è quindi ragione
che un analogo potere non sia esercitabile anche con riferimento alla
incompetenza funzionale, quale è quella derivante dalla non corretta applicazione
dei criteri di cui all’art. 328 c.p.p., essendosi già affermata, anche sotto questo
ulteriore aspetto, la rilevabilità, anche in sede di riesame, proprio della
competenza del G.i.p. del tribunale del capoluogo del distretto con riferimento a
reato associativo ex art. 416 bis c.p. (Sez. 1, n. 4679 del 24/10/1994, Carone,
Rv. 199668; con riferimento al criterio di competenza “funzionale” di cui all’art.
324 c.p.p., si veda anche Sez. 3, n. 19104 del 03/04/2008, P.M. in proc. Lai, Rv.
239861).
Sotto il secondo profilo, poi, va ribadito che, una volta riconosciuta in sede di
riesame l’incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, il
Tribunale non può pronunciare l’annullamento né la riforma del provvedimento
impugnato, ma, come nella specie avvenuto, dopo averlo confermato, deve
provvedere ai sensi dell’art. 27 c.p.p., (da ultimo, Sez. 2, n. 48734 del
29/11/2012, Jelmoni, Rv. 254160), posto che, come chiarito dalle Sezioni Unite
di questa Corte, la circostanza che la formulazione letterale dell’art. 27 postuli
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sarebbero riscontrabili nella ordinanza del G.i.p. di Reggio Calabria sono,

l’identità tra giudice che dispone la misura e giudice che dichiara,
contestualmente o successivamente, la propria incompetenza, non esclude che la
disciplina della caducazione automatica della misura cautelare contenuta in detto
articolo non si estenda anche alla ipotesi di diversità tra giudice che dispone la
misura e giudice che dichiari l’incompetenza, in quanto il carattere provvisorio
della efficacia della misura disposta da giudice incompetente è espressione di un

giudice disponente la misura e giudice che dichiara l’incompetenza (Sez. U., n. 1
del 24/01/1996, Fazio, Rv. 204165).
La manifesta infondatezza delle doglianze rende dunque inammissibile il primo
motivo di ricorso.

4. Quanto ai restanti motivi, sia di merito che processuali, una volta ritenuta la
legittimità dell’ordinanza del Tribunale dichiarativa della incompetenza, il ricorso
è inammissibile per mancanza di interesse.
Va infatti ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione, presentato
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che confermi la misura cautelare
dichiarando l’incompetenza territoriale del G.i.p. che l’aveva adottata, con cui si
deduca l’insussistenza di esigenze cautelari; infatti, una volta dichiarata
l’incompetenza territoriale del giudice che ha disposto la misura e trasmessi gli
atti al giudice ritenuto competente è soltanto possibile, ex art. 27 c.p.p., che la
misura sia nuovamente adottata da quest’ultimo entro il termine di venti giorni,
trovando così lo “status libertatis” dell’indagato la propria regolamentazione nel
secondo titolo, ovvero che la misura non sia nuovamente e tempestivamente
disposta, in tal caso quella originaria perdendo efficacia. In entrambi i casi,
dunque, l’indagato potrebbe conservare interesse ad impugnare l’ordinanza
originaria solo ai fini della previsione di cui all’art. 314 c.p.p deducendo la
mancanza di gravi indizi di colpevolezza, mentre ogni ulteriore censura è da
ritenersi preclusa essendo, nel primo caso, ormai priva di incidenza la pregressa
ordinanza e, nel secondo, ormai estinta la misura (Sez. 5, n. 4270 del
21/12/2005, Di Napoli, Rv. 233627). Ma se è così, avrebbe allora dovuto il
ricorrente, attraverso specifica e motivata deduzione, da formularsi
personalmente, evidenziare in termini concreti riferiti alla riparazione per
ingiusta detenzione, il proprio interesse alla trattazione del ricorso sul punto
della gravità indiziaria, in adempimento di quanto espressamente richiesto dalle
Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 7931 del 16/12/2010, Testini, Rv.
249002). Non essendosi tuttavia il ricorrente mai attivato in tal senso, il ricorso
resta, dunque, inammissibile.
6

potere eccezionale e, pertanto, non può essere limitato ai casi di identità tra

5.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna

del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al pagamento della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014

Il Con igli e est.

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