Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10831 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10831 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Primerano Giuseppe, n. a Taurianova il 16/05/1973;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data
16/08/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Contestabile, che ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Primerano Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza
del Tribunale del riesame di Reggio Calabria con cui è stata confermata
l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa

Data Udienza: 28/01/2014

dal G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria per i reati contestati ai capi a
(art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990), i (art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990) e o
(detenzione e porto di armi) dell’incolpazione.

2. Lamenta con un primo motivo la mancanza, insufficienza e illogicità della
motivazione nonché violazione di legge quanto al metodo di valutazione della

dell’indagato sia generico, privo di specificità ed individualizzazione nei suoi
confronti, apodittico e totalmente non riscontrato. Con riferimento specifico
all’ipotesi di cui al capo i di cui all’art. 73 cit., ovvero all’operazione di taglio dello
stupefacente avvenuta in data 14/04/2013 all’interno dell’ex locale il Fungo e a
cui avrebbe partecipato Primerano, osserva che lo stesso collaborante Ieranò ha
affermato che Primerano non assisteva alla attività di lavorazione né partecipava
all’attività di spaccio ma portava il crick ed un cavalletto che servivano per
lavorare la sostanza. Ne consegue come tale unica condotta non possa integrare
una condotta consapevole e funzionale allo spaccio di droga; inoltre, non
essendo mai la voce di Primerano stata captata durante la intercettazione del
14/4/2013, ciò dovrebbe significare che egli era uscito dal locale dalla uscita
secondaria non sottoposta dalla P.G. a controllo video.
Anche con riguardo alla condotta contestata sub o del 17/03/2013 evidenzia che
la stessa discenderebbe unicamente dalle sensazioni del personale di p.g.
addetto all’ascolto delle conversazioni intercettate in ordine alla pretesa
esistenza di rumori riconducibili a delle armi, tanto più inattendibili (specie in
ordine al preteso stridore di un otturatore e allo scatto a secco del percussore
abbattuto con arma scarica) in quanto le conversazioni sarebbero, a causa del
pessimo suono, per larga parte incomprensibili. In definitiva, anche a volere
ritenere la presenza di Primerano e la sua consapevolezza del luogo ove le armi
dovevano essere nascoste, non vi sarebbero elementi indicativi di un suo
concorso nella detenzione.
Quanto alla fattispecie associativa ex art. 74 di cui al capo a dell’incolpazione il
Tribunale ha valorizzato, per dimostrare la intraneità al gruppo dello stesso, le
risultanze indiziarie emerse però con riguardo alla diversa fattispecie di cui agli
artt. 2, 4 e 7 della legge n. 895 del 1967 contestata al capo n dell’imputazione,
mentre ciò non avrebbe potuto fare. Quanto all’ulteriore elemento rappresentato
dalla fornitura ai sodali di schede telefoniche intestate a terzi onde permettere
conversazioni libere da controlli, lo stesso è stato tratto da dichiarazioni del
collaborante Ieranò, che tuttavia non ha affermato ciò. Né, ancora, le telefonate
fatte dopo il tentato omicidio di Ieranò, riparato a casa dello stesso Primerano,
2

gravità indiziaria, evidenziando come il compendio probatorio posto a carico

per tranquillizzare gli interlocutori sullo stato di salute dello stesso possono avere
alcuna attinenza con la partecipazione al sodalizio illecito. Se, poi, come
sostenuto dal Tribunale, il ruolo di Primerano era quello di convocare di volta in
volta i sodali per gli incontri con Ieranò, non si comprende come Primerano
telefonasse solo a Ieranò e Papasidero. Censura poi come, nonostante il più lieve
ruolo riconosciuto dallo stesso Tribunale, sia stata applicata a Primerano la

Sotto un secondo profilo lamenta l’illegittimità dell’ordinanza anche con
riferimento alle esigenze cautelari evidenziando in primo luogo che il Tribunale
non avrebbe considerato l’astratta concedibilità della misura meno afflittiva degli
arresti domiciliari stante la minorata pericolosità dell’indagato rispetto agli altri
come emergente dal ruolo sfumato addebitato in tutte e tre le contestazioni e in
secondo luogo la possibilità di individuazione di un grado di gravità indiziaria
inferiore rispetto a quella ritenuta dal Tribunale con conseguente idoneità della
misura degli arresti domiciliari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
L’ordinanza impugnata, pur non sottacendo che, come invocato dal ricorrente, il
collaboratore Basile non appare menzionare, nelle proprie dichiarazioni,
Primerano Giuseppe, ha posto tuttavia in evidenza le risultanze delle
intercettazioni ambientali effettuate e, in particolare, quanto al capo i)
dell’addebito, la presenza dello stesso alle operazioni chimiche di taglio e di
confezionamento concernenti lo stupefacente, effettuate da Papasidero Vincenzo
e Giovinazzo Raffaele presso l’ex ristorante “il fungo” il 14/04/2013 nonché, con
riferimento all’adebito sub o), la presenza sempre di Primerano all’incontro del
17/03/2013 volto a pulire ed assemblare armi da occultare. Il dato oggettivo di
tali due specifiche circostanze è stato poi collegato dall’ordinanza alle
dichiarazioni rese dal collaboratore Ieranò secondo cui, con riferimento alla
lavorazione delle sostanze, il compito di Primerano era di portare crick e
cavalletto necessari per tale lavorazione e di procurare tavolette di osso per fare
delle stampe da utilizzare per imprimere simboli sullo stupefacente; quanto al
secondo episodio sono state ricordate le dichiarazioni di Ieranò secondo cui, in
quell’occasione, Primerano aveva fatto da “staffetta” per il trasporto delle armi
abrase.

3

medesima misura di coloro che sarebbero stati al vertice dell’organizzazione.

Quanto al ruolo svolto da Primerano all’interno del sodalizio criminoso, il
Tribunale ha evidenziato l’ausilio consistente appunto nel procurare gli attrezzi
per il taglio della cocaina e gli stampi necessari per imprimere sui panetti simboli
che valgano a distinguerli per qualità, nel fare da staffetta durante il trasporto di
armi e nel procurare, come risultato sempre dalle parole di Ieranò, schede
telefoniche onde consentire ai partecipi di svolgere i traffici illeciti al riparo da

Di contro, le doglianze del ricorrente, oltre a prospettare in termini non
consentiti una interpretazione del significato e del contenuto delle intercettazioni
ambientali diversa da quella proposta dal giudice di merito senza che siano
emersi travisamenti probatori di sorta (cfr., Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012,
Asaro, Rv. 252190), muovono da una prospettiva metodologica non compatibile
con la fisionomia del giudizio di legittimità laddove, pur sotto la veste apparente
di vizi motivazionali, viene in realtà richiesta una rinnovata valutazione del
compendio indiziario e proposta una lettura alternativa e diversa rispetto a quella
operata dal Tribunale, ritenuta incoerente rispetto a criteri non già, come
necessario, di natura logica, ma di mera plausibilità.
Quanto, infine, alla censura mossa alla motivazione resa in ordine alle esigenze
cautelari, il Tribunale ha logicamente evidenziato la capacità criminale propria
dell’esistenza della rete associativa nonché la sistematicità e gravità delle
condotte illecite realizzate mentre, d’altra parte, a fronte, con riguardo al reato
associativo, della presunzione normativa dell’art. 275, comma 3, c.p.p., pur dopo
la sentenza della Corte cost. n. 231 del 2011 di parziale illegittimità
costituzionale della norma, neppure il ricorrente è stato in grado di evidenziare
elementi, che non siano quelli tautologicamente indicativi di un preteso ruolo più
sfumato rispetto agli altri coindagati, che avrebbero dovuto condurre i giudici a
ritenere tutelabili le predette esigenze con misure di minor grado.

4.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al pagamento della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

4

intercettazioni.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014

Il Presidente

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