Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10830 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10830 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Giovinazzo Andrea, n. a Polistena il 02/12/1991;
Giovinazzo Raffaele, n. a Polistena il 13/10/1984;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data
16/08/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di
Giovinazzo Raffaele e per il rigetto del ricorso di Giovinazzo Andrea;
udite le conclusioni dell’Avv. Cacciola, che ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Giovinazzo Andrea e Giovinazzo Raffaele propongono ricorso per cassazione
avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria con cui è stata
confermata l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in

Data Udienza: 28/01/2014

carcere emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di
Giovinazzo Andrea per i reati di cui agli artt. 74 (capo a) del d.P.R. n. 309 del
1990 e 73 dello stesso d.P.R. (capi I e m dell’imputazione) e nei confronti di
Giovinazzo Raffaele per i reati di cui agli artt. 74 (capo a) del d.P.R. n. 309 del
1990 e 73 dello stesso d.P.R. (capi f, h ed i) e di detenzione e porto di armi (capi

2. Con un unico generale motivo, lamentano, sotto un primo profilo, che la
misura coercitiva sia stata adottata nei confronti di Giovinazzo Andrea dopo che
il G.i.p. di Palmi aveva rigettato una prima richiesta per il reato sub a), senza
dichiarazione alcuna di propria incompetenza ed eventuale trasmissione degli atti
ex art. 27 c.p.p.; sicché la misura impugnata dovrebbe ritenersi nulla in quanto
adottata da giudice incompetente su richiesta irrituale del P.M..
Sotto un secondo profilo, oltre a dolersi del fatto che il Tribunale avrebbe
irritualmente utilizzato a carico di Giovinazzo Andrea dichiarazioni rese ex art.
210 c.p.p. da Ieranò Rocco Francesco relative a fatti diversi da quelli contestati
ai capi I) e m) della rubrica ed acquisite nel corso della stessa udienza,
lamentano che non siano emersi indizi relativamente alla fattispecie associativa
per Giovinazzo Andrea, non essendo egli mai risultato coinvolto in condotte
integranti reati – fine e non essendo mai stato menzionato dal collaboratore di
giustizia Basile Carmelo. Analogamente contesta gli elementi indiziari valorizzati
con riferimento ai reati sub I e m, essendo stato l’indagato solo passivamente
presente in data 1/6/2013 presso il ristorante “il Fungo” a condotte di offerte in
vendita di stupefacente poste in essere da terzi (nella specie Ierace Riccardo).
Sotto un terzo profilo lamentano, con riguardo a Giovinazzo Raffaele, che le
dichiarazioni del collaborante Basile avrebbero riguardato solo qualche singolo
episodio rimasto senza riscontri; che le intercettazioni ambientali non avrebbero
mai dimostrato né la detenzione di armi né la disponibilità di stupefacenti; che
nessun ulteriore contributo avrebbero offerto le altre attività investigative. In
definitiva le occasionali vicende criminose riferite da Basile non avrebbero mai
potuto significare attività durature e stabili caratterizzanti una condotta
associativa; denuncia anzi che, mentre per i capi b e ci riscontri siano stati
ritenuti non individualizzanti e dunque non sufficienti, per i capi f ed h gli stessi
siano invece stati ritenuti idonei; quanto al capo i lamenta la presenza della sola
interpretazione della intercettazione ambientale del 14/04/2013 nel senso, non
corrispondente alla realtà, di un’operazione chimica in corso riguardante
sostanza stupefacente disponibile in capo ai soggetti conversanti. Infine, con
riguardo ai capi n ed o, il Gip avrebbe, nell’interpretazione della conversazione
2

n e o).

ambientale del 17/03/2013, fatto riferimento alle intuizioni strettamente
personali degli organi inquirenti in un contesto argomentativo assolutamente non
comprensibile perché espresso solo da qualche brandello di espressione e in

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è anzitutto manifestamente infondato quanto al primo profilo.
Risulta in effetti dagli atti che il G.i.p. presso il Tribunale di Palmi, investito dal
P.M. di Reggio Calabria della richiesta di convalida del fermo e di applicazione
della custodia cautelare in carcere nei confronti di Bruzzese Giuseppe, Giovinazzo
Andrea e Ierace Riccardo ebbe, in data 30/06/2013, ad emettere la misura, nei
confronti di Bruzzese, per i reati sub a) (art. 74), c) (art. 73) ed f) (art. 73), nei
confronti di Ierace per i reati sub I) (art. 73), m) (art. 73) e p) (artt. 2, 4 e 7 I.
n. 895 del 1967) e nei confronti di Giovinazzo per i reati sub I) e m); lo stesso
G.i.p. ebbe poi a ritenere di dovere, in accoglimento della richiesta per il reato
associativo nei confronti di Bruzzese, tale da spostare la competenza di tutti i
reati a lui contestati in capo al G.i.p. di Reggio Calabria, declinare la propria
competenza e trasmettere gli atti a quest’ultimo ex art. 27 c.p.p., mentre
ritenne, avendo rigettato analoga richiesta per Ierace e Giovinazzo, di essere
competente per i reati sub I), m) e p) e di non dovere effettuare quindi alcuna
trasmissione ex art. 27 cit.
Risulta ancora (questa volta dalle premesse dell’ordinanza del G.i.p. di Reggio
Calabria) che, successivamente, in data 11/07/2013, il P.M. di Reggio Calabria,
senza impugnare il provvedimento di rigetto del G.i.p. di Palmi ebbe a richiedere
al G.i.p. di Reggio Calabria la emissione di ordinanze di applicazione della misura
della custodia di contenuto analogo rispetto a quelle già emesse dal G.i.p. di
Palmi per tutti gli indagati (e dunque anche per Giovinazzo e Ierace per i quali
detto G.i.p. non si era dichiarato incompetente) e l’applicazione della misura
anche per i reati di cui al capo a) nei confronti di Giovinazzo e Ierace per i quali
analoga richiesta era stata rigettata dal G.i.p. di Palmi. Il G.i.p. di Reggio
Calabria emetteva allora la misura della custodia cautelare in carcere nei
confronti in particolare di Ierace per i delitti di cui ai capi a), I), m) e p) e nei
confronti di Giovinazzo Andrea per i reati di cui ai capi a), I) e m).

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presenza di rumori oggettivamente non interpretabili.

Ciò posto, è infondata la censura con cui si lamenta, con riferimento alla
emissione di ordinanza per il reato per il quale una precedente richiesta era stata
rigettata, la violazione del criterio della competenza.
Sotto un primo profilo, infatti, non vi è dubbio che la fattispecie di cui all’art. 74
del d.P.R. n. 309 del 1990 rientra tra i reati ex art. 51, comma 3 bis, c.p.p., per i
quali l’art. 328, comma 1 bis, c.p.p. attribuisce le funzioni di giudice per le

ambito ha sede il giudice competente (ovvero, nella specie, al G.i.p. presso il
Tribunale di Reggio Calabria) e che la circostanza che, rispetto a tale reato, la
eventuale richiesta di misura coercitiva sia stata rigettata non vale certo a far
venire meno la competenza funzionale ai fini della individuazione dovendo la
competenza essere individuata, secondo i criteri generali, cui anche l’art. 328 cit.
non può non fare riferimento, sulla base dei reati in ordine ai quali si proceda e
non, evidentemente di soli quelli per i quali la misura sia stata applicata (cfr.,
Sez. 4, n. 40332 del 04/10/2007, Picillo, Rv. 237788).
Ne consegue l’erroneità della tesi secondo cui, nella specie, il G.i.p. presso il
Tribunale di Reggio Calabria sarebbe stato incompetente giacché, esattamente al
contrario, incompetente era il G.i.p. presso il Tribunale di Palmi.
Né, ai fini della pretesa non corretta “investitura” del G.i.p. effettivamente
competente potrebbe essere invocata l’intervenuta mancata pronuncia della
“incompetenza” ad opera del G.i.p. di Palmi, posto che, se è vero che solo la
formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice della convalida ex
art. 391 c.p.p. determina l’inefficacia della misura cautelare che non sia stata
rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall’ordinanza di trasmissione
degli atti (cfr. Sez. U., n. 12823 del 25/03/2010, Mones, Rv. 246273), non è
altrettanto vero che solo a seguito di tale formale dichiarazione di incompetenza
il nuovo giudice potrebbe pronunciarsi sulla rituale richiesta di misura avanzata
dal P.M. titolare dell’azione, discendendo l’attribuzione della competenza
direttamente dalla legge; in proposito vale del resto rammentare come si sia
affermato non sussistere conflitto positivo di competenza tra il G.i.p.
originariamente competente, che ha emesso il provvedimento cautelare, e il
G.i.p. che sia stato richiesto dell’emissione di nuova misura cautelare, non
essendovi “contemporanea” cognizione dello stesso fatto, bensì una diacronica
investitura di giudici diversi (Sez. 1, n. 23977 del 27/05/2008, confl. comp. in
proc. Avagliano, Rv. 240346 e Sez. 4, n. 24385 del 13/03/2003, Pintus, Rv.
225337).

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indagini preliminari al magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui

4. Con riguardo al secondo profilo, relativo alla motivazione in ordine al
compendio indiziario sussistente nei confronti di Giovinazzo Andrea, sono
anzitutto infondate le censure mosse con riferimento agli addebiti sub I) e m),
peraltro relativi alla ricezione e alla conseguente illecita detenzione ai fini di
spaccio del medesimo quantitativo di marijuana (giusta la precisazione sul punto
della natura dello stupefacente effettuata dal Tribunale); l’ordinanza ha infatti

conversazione intervenuta 1’1/06/2013 in Cinquefrondi presso l’ex ristorante “il
Fungo”, di proprietà dei genitori di Ieranò Francesco, tra Ierace e Giovinazzo
Andrea da una parte e Ieranò Rocco Francesco, dall’altra, essendosi i primi due
rivolti al terzo per mostrargli lo stupefacente ricevuto il giorno prima da Ierace
ed essere da lui aiutati a rivenderlo; ha a ciò aggiunto le dichiarazioni rese dallo
stesso Ieranò in ordine al motivo di tale incontro e anche di altri, appunto relativi
ad un quantitativo di marijuana di dieci chilogrammi, ricevuto dai due (e di cui
gli stessi ebbero a fargli vedere un campione) e poi successivamente finalmente
venduto tanto da esserne rimasto soltanto un chilogrammo. Né è comprensibile
la doglianza secondo cui le dichiarazioni di Ieranò dovrebbero essere considerate
inutilizzabili per il fatto che le stesse avrebbero riguardato fatti diversi da quelli
contestati posto che la stessa, oltre ad essere smentita, come visto, dal
contenuto dell’ordinanza, atterrebbe, in realtà, al piano della valutazione degli
elementi indiziari piuttosto che a quello della utilizzazione.
Differente, invece, la conclusione, per quanto concernente la motivazione resa
con riferimento alla partecipazione di Giovinazzo Andrea alla fattispecie
associativa.
Va ricordato che allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di
motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito
di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti
che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a
carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante
la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi
di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n.
26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv.
215828).
Nella specie, l’ordinanza si è limitata a valorizzare l’elemento rappresentato,
come appena visto, dalla presenza di Giovinazzo in data 01/06/2013 presso l’ex
5

posto in rilievo il contenuto della intercettazione ambientale relativa alla

ristorante il Fungo durante l’incontro avvenuto con Ieranò e finalizzato, appunto,
a mostrare a questi lo stupefacente ricevuto da Ierace al fine, poi, di rivenderlo;
secondo il Tribunale, infatti, la presenza di Giovinazzo, che avrebbe
accompagnato Ierace da Ieranò per agevolare le operazioni di collocamento sul
mercato della marijuana, dimostrerebbe il rapporto fiduciario, pregresso e
continuativo, e la cointeressenza nel campo dello smercio della droga tra

al contesto proprio di Ieranò considerate altresì le frequentazioni con altri sodali
del gruppo quali Primerano, Bruzzese, Ierace ed il fratello Giovinazzo Raffaele.
Se tuttavia si considera che Giovinazzo Andrea, come riconosciuto nella stessa
ordinanza impugnata, non è stato mai menzionato nelle dichiarazioni rese nel
procedimento dal collaboratore Basile, che pure aveva acquisito una conoscenza
particolare dei rapporti interni e dei ruoli svolti dai partecipanti al gruppo illecito,
e che aveva significativamente indicato i nominativi di numerosi componenti
della famiglia Giovinazzo di Polistena, non si comprende perché già il solo
elemento relativo alla partecipazione all’episodio del 01/06/2013 lascerebbe
logicamente desumere, secondo il Tribunale, sia pure sotto il solo profilo
gravemente indiziario, un ruolo di contributo dell’indagato non già ad una sola
attività di detenzione e cessione di sostanza stupefacente ma, addirittura, al
perseguimento, in maniera stabile, continuativa, e, ovviamente, consapevole,
delle finalità proprie di una associazione illecita, tanto più tenendosi conto che,
nella specie, lo stupefacente che si trattava di vendere, non era stato acquisito
da questa stessa associazione, ma, individualmente, dal solo Ierace. Se dunque
è vero che l’elemento differenziale tra un mero concorso di persone e
associazione per delinquere consiste nel fatto che nel primo caso l’accordo
criminoso è circoscritto alla commissione di uno o più reati singolarmente
individuati e si esaurisce dopo la loro commissione, mentre nel secondo caso il
“pactum sceleris” prescinde dalla commissione dei singoli reati ed è
caratterizzato dall’esistenza di una struttura organizzata più o meno complessa e
dalla predisposizione di mezzi necessari all’attuazione del programma comune a
tutti gli associati (da ultimo, tra le altre, Sez. 6, n. 3886 del 07/11/2011, Papa e
altri, Rv. 251562), non pare che l’ordinanza impugnata, accontentandosi del
solo elemento indicato e non richiedendo null’altro in più, abbia fatto una
corretta applicazione di tale principio con riferimento alla fattispecie concreta in
esame.
Su tale punto, dunque, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio
per nuovo esame, dovendo nel resto essere rigettato.

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Giovinazzo e Ieranò di talché, in definitiva, il primo non sarebbe stato estraneo

5. Con riguardo al terzo profilo del ricorso, relativo alla motivazione a supporto
della conferma dell’ordinanza resa nei confronti di Giovinazzo Raffaele, il ricorso
è inammissibile.
L’ordinanza ha ricordato : 1) le dichiarazioni rese dal collaboratore Basile
Carmelo in ordine alla consegna dello stupefacente (607 grammi di cocaina poi
ritrovato nella autovettura Fiat Stilo da lui condotta) fatta in suo favore, tra gli

adibita alla vendita di frutta e verdura ubicata presso l’uscita Polistena della
superstrada Jonio – Tirreno SGC dopo che in precedenza lo stesso Giovinazzo era
salito, subito dopo l’arresto dei cugini Gianluca e Demetrio, nel mantovano per
concordare tale consegna che sarebbe dovuta avvenire, come poi effettivamente
successo, durante una sua trasferta in auto da Nord a Sud; 2) l’effettuato
trasporto, nel medesimo contesto temporale, all’interno della propria autovettura
Volkswagen Golf, insieme a Ieranò Rocco Francesco, di 5 kg. di cocaina; 3) il
significativo interessamento di Giovinazzo, insieme a Bruzzese e Papasidero,
specie con riguardo al profilo associativo, per il recupero dei crediti maturati dal
sodalizio criminale per le pregresse cessioni di stupefacente risoltosi
nell’effettuazione di un viaggio nel veronese dopo l’arresto dei cugini Gianluca e
Demetrio Giovinazzo; 4) i riscontri oggettivi, per effetto del sistema di lettura
delle targhe, sul passaggio della Golf nei pressi dello svincolo di Rosarno
sull’autostrada A 3 e sui numerosi viaggi al Nord effettuati da Giovinazzo insieme
a Bruzzese e Papasidero (nelle date del 21/03/2010, 10/01/2011, 20/04/2011;
21/09/2011 e 25/05/2012 come derivanti da varie informative di p.g.); 5) la
partecipazione alla conversazione intercettata del 17/03/2013 presso l’ex
ristorante “il fungo” durante la manutenzione, il trasporto e l’occultamento di
armi (di cui alcune tra l’altro specificamente custodite proprio da Giovinazzo)
nonché le dichiarazioni confermative di tale fatto rese da Ieranò; 6) la
partecipazione alla conversazione, intercettata, del 14/04/2013 relativa alle
effettuazione, insieme a Ieranò, Papasidero e Primerano, sempre presso l’ex
ristorante “il fungo”, di operazioni chimiche di taglio e confezionamento
concernenti lo stupefacente nonché, anche in tal caso,le dichiarazioni
confermative rese da Ieranò.
Da ciò l’ordinanza, ha, con un percorso esaustivo e logicamente assistito, tratto
motivatamente argomento per ritenere sussistenti gravi indizi di colpevolezza
non solo in relazione ai singoli reati di cui agli addebiti sub f), h), i), n) e o)
dell’imputazione ma anche con riferimento alla ipotesi associativa.
Di contro, le censure del ricorrente, pur nell’apparente deduzione di vizi
motivazionali, oltre a prospettare in termini non consentiti una interpretazione
7

altri, da Ieranò e Giovinazzo Raffaele, il 20/07/13 nei pressi della bancarella

del significato e del contenuto delle intercettazioni ambientali diversa da quella
proposta dal giudice di merito senza che siano emersi travisamenti probatori di
sorta (cfr., Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190), appaiono in
definitiva volte a richiedere a questa Corte una lettura alternativa dei dati fattuali
già valutati dal Tribunale tanto più inammissibile in quanto fondata su una
estrapolazione atomistica e frazionata dei singoli elementi indiziari, da valutarsi,

In definitiva, correttamente ed esaustivamente motivata la sussistenza di gravi
indizi in ordine al ruolo in particolare svolto dall’indagato all’interno del sodalizio
illecito, nessun pregio presentano le censure mosse dal ricorrente.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna di Giovinazzo Raffaele alla
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in
favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 74 del d.P.R.
n. 309 del 1990 e rinvia al Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di
Giovinazzo Andrea e rigetta nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di
Giovinazzo Raffaele che condanna al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014

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invece, in una ottica complessiva.

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