Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10827 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10827 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Papasidero Vincenzo, n. a Cinquefrondi il 15/05/1981;

avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in data
16/08/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Contestabile, che ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Papasidero Vincenzo propone ricorso per cassazione avverso l’ ordinanza del
Tribunale del riesame di Reggio Calabria con cui è stata confermata l’ordinanza
applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal gip presso
il tribunale di Reggio Calabria per i reati di cui agli artt. 74 del d.P.R. n. 309 del

Data Udienza: 28/01/2014

1990 (capo a), 73 dello stesso d.P.R. (capo i) nonché in materia di armi (capo n
dell’imputazione).

2. Lamenta, all’interno di un unico motivo, la mancanza, insufficienza e illogicità
della motivazione nonché la violazione di legge quanto al metodo di valutazione
della gravità indiziaria, evidenziando come il compendio probatorio posto a carico

confronti, apodittico e totalmente non riscontrato. Con riferimento specifico
all’ipotesi associativa ex art. 74 di cui al capo a) dell’incolpazione il Tribunale ha
valorizzato, per dimostrare la intraneità al gruppo dello stesso, le risultanze
indiziarie emerse però con riguardo alla diversa fattispecie di cui agli artt. 2, 4 e
7 della legge n. 895 del 1967 contestata al capo n) dell’imputazione, mentre ciò
non avrebbe potuto fare. Ulteriore elemento valorizzato dal collegio emerso dalle
dichiarazioni del collaboratore Basile Carmelo, sarebbe la disponibilità da parte di
Papasidero di un’abitazione rurale che rappresenterebbe uno dei luoghi in cui
l’organizzazione criminale avrebbe custodito lo stupefacente sequestrato il
20/07/2012 a Basile e Giordano e che il Basile stesso aveva, secondo le sue
stesse dichiarazioni, ritirato presso detto fondo rurale e poi collocato in auto al
fine di portarlo a Mantova. Tali dichiarazioni, contrariamente alle valutazioni del
G.i.p., sarebbero tuttavia non attendibili avendo tale Vera Compiani, che si
trovava anch’essa in auto nelle medesime circostanze, notato che il Basile,
aperto lo sportello posteriore, aveva riposto qualcosa (verosimilmente la
sostanza stupefacente) dentro la macchina poi richiudendo e subito dopo
ripartendo per Mantova venendo tuttavia fermato dopo qualche chilometro a
Rosarno. Censura in particolare il fatto che, con riguardo a detta emergenza, non
compatibile con la versione resa da Basile, e posta in evidenza con memoria
difensiva, il Tribunale non abbia argomentato.
Sotto un secondo profilo lamenta l’illegittimità dell’ordinanza anche con
riferimento alle esigenze cautelari evidenziando in primo luogo che il Tribunale
non avrebbe considerato l’astratta concedibilità della misura meno afflittiva degli
arresti domiciliari stante la minorata pericolosità dell’indagato rispetto agli altri
come emergente dal ruolo sfumato addebitato in tutte e tre le contestazioni e in
secondo luogo la possibilità di individuazione di un grado di gravità indiziaria
inferiore rispetto a quella ritenuta dal Tribunale con conseguente idoneità della
misura degli arresti domiciliari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

dell’indagato sia generico, privo di specificità ed individualizzazione nei suoi

3. L’ordinanza impugnata, censurata dal ricorso, quanto al profilo indiziario,
limitatamente al reato associativo, ha valorizzato, con riguardo all’esistenza del
gruppo e alla partecipazione ad esso anche di Papasidero, le dichiarazioni del
collaboratore Basile il quale, indicando Papasidero Vincenzo con l’appellativo, tra
gli altri, di “Zorro”, lo ha rappresentato quale una delle figure centrali
dell’organizzazione criminale; ha ricordato in particolare che Basile ha

Gianluca Giovinazzo, per il recupero dei crediti maturati dal sodalizio per le
pregresse cessioni di stupefacente; la consegna allo stesso Basile dello
stupefacente custodito presso la propria abitazione di campagna in C.da
Carranza di Polistena; la partecipazione, riscontrata da intercettazioni
telefoniche, insieme a Giovinazzo Raffaele e a Bruzzese Giuseppe, a viaggi fatti
al Nord per il trasporto dello stupefacente e per il recupero dei crediti derivanti
dalla sua cessione. La stessa ordinanza ha poi rammentato gli esiti delle
operazioni di intercettazione ambientale in particolare dimostrativi della
partecipazione di Papasidero sia alla manutenzione, al trasporto e
all’occultamento di armi (di cui alcune, tra l’altro, custodite proprio da
Papasidero) avvenuti il 17/03/2013 presso l’ex ristorante “il fungo”, e confermati
dalle dichiarazioni rese da Ieranò, sia ad operazioni chimiche di taglio e
confezionamento concernenti lo stupefacente, effettuate, con Ieranò, Primerano
e Giovinazzo Raffaele, sempre presso l’ex ristorante “il fungo”, il 14/04/2013, e
anch’esse confermate dalle dichiarazioni rese da Ieranò.
A fronte di ciò il ricorrente si è limitato, da un lato, ad invocare l’impossibilità di
trarre elementi indicativi della partecipazione al sodalizio dalla condotta relativa
alle armi (non essendo peraltro come visto, questa l’unica circostanza
valorizzata) e, dall’altro, a confutare, inammissibilmente, la “lettura” data dal
Tribunale all’episodio di ritiro dello stupefacente da parte di Basile
contrapponendovene altra, quale sola

asseritamente compatibile attese le

dichiarazioni rese dalla Compiani.
In definitiva, correttamente ed esaustivamente motivata

la sussistenza di gravi

indizi in ordine al ruolo in particolare svolto dall’indagato all’interno del sodalizio
illecito, nessun pregio presentano le censure mosse dal ricorrente.
Con riguardo infine alle doglianze afferenti la motivazione resa in ordine alle
esigenze cautelari, il Tribunale ha logicamente evidenziato la capacità criminale
propria dell’esistenza della rete associativa nonché la sistematicità e gravità delle
condotte illecite realizzate mentre, d’altra parte, a fronte, con riguardo al reato
associativo, della presunzione normativa dell’art. 275, comma 3, c.p.p., pur dopo
la sentenza della Corte cost. n. 231 del 2011 di parziale illegittimità
3

menzionato : l’attivazione di Papasidero, dopo l’intervenuto arresto di Demetrio e

costituzionale della norma, neppure il ricorrente è stato in grado di evidenziare
elementi, che non siano quelli tautologicamente indicativi di un preteso ruolo più
sfumato rispetto agli altri coindagati, che avrebbero dovuto condurre i giudici a
ritenere tutelabili le predette esigenze con misure di minor grado.

4.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al pagamento della somma di euro 1.000 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014

Il C

est.

Il Pr

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della

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