Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10815 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10815 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
JUNGMANN PAUL N. IL 22/02/1949
avverso la sentenza n. 29/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 13/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 5> • • tly‘t,
che ha concluso per e aA.vettepf2a~bo agn j, 0

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Data Udienza: 06/02/2014

Udito, per, prté civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Trento, pronunciando nei confronti dell’ odierno ricorrente 3UNGMANN PAUL, con sentenza del 13/12/2012 depositata il
14/2/2013, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Bolzano, con condanna alle spese del grado di giudizio.
Il Giudice di primo grado, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato
l’imputato responsabile del reato previsto dall’art. 3 D.L.vo 74/2000, per avere,
quale legale rappresentante della “Autohaus Jungmann srl”, al fine di evadere
2006 elementi passivi fittizi per il corrispondente importo, con un evasione
dell’Iva pari ad euro 310.000,00 e, con le generiche e la diminuente per il rito, la
condannava alla pena di mesi 8 di reclusione con la sospensione condizionale
della pena.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, con
l’ausilio del proprio difensore, l’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. mancanza della motivazione (art. 606, 1° comma, lett. e, cod. proc.
pen.); inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 11, 13 e 14 del D.P.R. n.
633/72 quali norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della
legge penale (art. 606, 10 comma, lett. b) cod. proc. pen.) inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 3 D.L.vo n. 74/2000 (art.606, 1° comma, lett. b)
cod. pro. pen.).
Deduce il ricorrente la mancanza di motivazione della sentenza impugnata.
La Corte si sarebbe limitata a richiamare la motivazione della sentenza di
primo grado senza dire nulla sui motivi di impugnazione.
L’imputato ribadisce, quindi, i motivi di appello.
b. inosservanza e/o erronea applicazione dell’art.15 D.L.vo n. 74/2000 (art.
606, 10 comma, lett. b) cod. proc. pen.; mancanza della motivazione (art.606,

l’imposta sul valore aggiunto, indicato nella dichiarazione annuale IVA relativa al

1° comma, lett. e) cod. proc. pen.
Il ricorrente ripete il motivo di appello fondato sull’invocabilità dell’art. 15
D.L.vo n.74/2000 sull’obiettiva incertezza della norma tributaria, sul quale la
Corte non avrebbe motivato.
Ancora, lamenta l’assoluta mancanza di motivazione sul motivo di appello
fondato sulla carenza del dolo specifico.
c. contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, 1°
comma, lett. e) cod. proc. pen.); inosservanza e/o erronea applicazione degli
art. 11, 13 e 14 del D.P.R. n. 633/72 quali norme giuridiche di cui si deve tener

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conto nell’applicazione della legge penale (art. 606, 10 comma, lett. b) cod. proc.
pen.).
Il ricorrente critica la valutazione della deposizione del teste Zanoni fatta
dalla Corte. Propone una valutazione diversa sulla valenza della nota di credito e
riporta la deposizione resa dal teste nel dibattimento.
d. inosservanza dell’art. 3 D.L.vo n. 74/2000 (art. 606, 1° comma, lett.b)

cod. proc. pen.); mancanza della motivazione (art. 606, 1° comma, lett. e), cod.
proc. pen.)
esame un motivo di appello, incorrendo nel vizio di difetto di motivazione.
La Corte avrebbe omesso di accertare se sussistessero gli elementi richiesti
dall’art.3 D.Lvo 74/2000 per la configurabilità del reato.
Chiede, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata con ogni conseguenziale provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso appare infondato e pertanto va rigettato.
2. La Corte di Appello di Trento motiva in maniera logica e coerente, anche facendo riferimento per relationem alla sentenza di primo grado, valutando,
sia pure in maniera scarna, tutti i motivi di appello che le erano stati sottoposti.
Il primo motivo di ricorso è dunque, infondato.
Ci si duole che la Corte territoriale avrebbe recepito integralmente e acriticamente la motivazione dei giudici di prime cure, ma ricordato che per giurisprudenza pacifica di questa Corte, in caso di doppia conforme affermazione di
responsabilità, deve essere ritenuta pienamente ammissibile la motivazione
della sentenza d’appello

per relationem

a quella della sentenza di

primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non
contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.
Il giudice di secondo grado, infatti, nell’effettuare il controllo in ordine alla
fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un puntuale riesame di quelle questioni riportate nei motivi di gravame,
sulle quali si sia già soffermato il prima giudice, con argomentazioni che vengano
ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In una simile evenienza, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo
grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un
risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento

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Ancora una volta, il ricorrente lamenta che la Corte non avrebbe preso in

per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di
primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze
dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l’univoca giurisprudenza di legittimità di questa Corte: per tutte Sez. 2 n. 34891 del
16.05.2013, Vecchia, rv. 256096; conf. sez. III, n. 13926 del 1.12.2011, dep.
12.4. 2012, Valerio, rv. 252615: sez. II, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.

Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è
tenuto, inoltre, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti
e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in
modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata
(cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri rv.254107).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini, se il giudice d’appello, come avvenuto nel caso di specie, abbia confutato
gli argomenti che costituiscono l’ossatura” dello schema difensivo dell’imputato,
e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale
opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo
grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla
propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (così si era espressa sul
punto sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep. 14.1.2003, Delvai, rv. 223061).
E’ stato anche sottolineato di recente da questa Corte che in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di
minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valu-

1994, Albergamo ed altri, rv. 197250).

tazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma
che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non
possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati
estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il
quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza
e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della
compattezza logica dell’impianto argonnentativo della motivazione (sez. 2, n.
9242 dell’8.2.2013, Reggio, rv. 254988).

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3. Infondato è il motivo di ricorso indicato in premessa sub b.
Il ricorrente invoca l’applicazione dell’art. 15 Divo 74/00 e si duole della
mancata risposta della Corte territoriale allo specifico motivo di doglianza.
L’art. 15 del D.Lvo 74/00 (Violazioni dipendenti da interpretazione delle
norme tributarie) prevede che “al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa a
norma dell’articolo 47, terzo comma, del codice penale, non danno luogo a fatti
punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norme tributarie dipendenti
da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di appli-

Pare assolutamente evidente, nel caso di specie, che non vi fosse alcuna
incertezza interpretativa sul reato di cui all’art. 3 Divo 74/00. E l’unicum argomentativo costituito dalle sentenze di primo e secondo grado lascia chiaramente
trasparire che, di fatto, tale motivo, assolutamente infondato, è stato valutato e
disatteso.

4. Quanto ai restanti motivi di ricorso, gli stessi sono parimenti infondati.
Ci si duole di un’assunta violazione di legge, ovvero di un vizio della motivazione, ma pare evidente che le doglianze proposte abbiano natura assolutamente fattuale.
Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la
oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le
varie, cfr. vedasi questa Sez. 3, n. 12110 del 19.3.2009 n. 12110 e n. 23528 del
6.6.2006). Ancora, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha affermato che
l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisìone adottata, purché siano spiegate in
modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. 3, n. 35397 del
20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all’apprezzamento del giudice di merito,
ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente
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cazione”.

significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà
della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del
13.2.2013, Badagliacca e altri, rv. 255542)
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto.
Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità
di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali.

pen. come modificato dalla I. 20.2.2006 n. 46. Il giudice di legittimità non può
procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via
esclusiva al giudice del merito.
Il ricorrente non può, come nel caso che ci occupa limitarsi a fornire una
versione alternativa del fatto (ad esempio sull’emissione della nota di accredito),
senza indicare specificamente quale sia il punto della motivazione che appare viziato dalla supposta manifesta illogicità e, in concreto, da cosa tale illogicità vada
desunta.
Il vizio della manifesta illogicità della motivazione deve essere evincibile
dal testo del provvedimento impugnato. Com’è stato rilevato nella citata sentenza 21644/13 di questa Corte la sentenza deve essere logica “rispetto a sé stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione
secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché specificamente
indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di
questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto.
Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” costituisce invero il riconoscimento normativo del-

E ciò anche alla luce del vigente testo dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc.

la possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove),
prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno
della decisione. In altri termini, vi sarà stato “travisamento della prova” qualora
il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste) o su un
risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (alla disposta perizia
è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse
6

k

dell’imputato). Oppure dovrà essere valutato se c’erano altri elementi di prova
inopinatamente o ingiustamente trascurati o fraintesi. Ma -occorrerà ancora ribadirlo- non spetta comunque a questa Corte Suprema “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso la verifica del travisamento della prova.
Per esserci stato “travisamento della prova” occorre che sia stata inserita
nel processo un’informazione rilevante che invece non esiste nel processo oppure
si sia omesso di valutare una prova decisiva ai fini della pronunzia.
tivazione, va indicato specificamente nel ricorso per Cassazione quale sia l’atto
che contiene la prova travisata o omessa.
Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve inoltre avere
carattere di decisività. Diversamente, infatti, si chiederebbe al giudice di legittimità una rivalutazione complessiva delle prove che, come più volte detto, sconfinerebbe nel merito.
5. Se questa, dunque, è la prospettiva ermeneutica cui è tenuta questa

Corte, le censure che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Trento alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
Il ricorrente non contesta il travisamento di una specifica prova, ma sollecita a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali non consentito in
questa sede di legittimità.
I giudici del gravame di merito con motivazione specifica, coerente e logica hanno, infatti, dato conto in maniera logica e coerente della mancata corrispondenza tra la contabilità delle due società e del fatto che l’una (la Clara Costruzioni) non abbia mai ricevuto la nota di accredito.
Scrivono i giudici di secondo grado: “Il perno della imputazione è costitui-

In tal caso, però, al fine di consentire di verificare la correttezza della mo-

to da nota di accredito n. 04/06 emessa dalla Autohaus Jungmann s.r.1, registrata nella sua contabilità, non inviata o meglio senza che ci sia la prova dell’invio alla beneficiaria “Clara Costruzioni s.r.l.” e quindi inserita quale elemento
passivo asseritamente fittizio nella propria dichiarazione annuale IVA. Orbene,
ciò che é emerso. in sintesi. é che, tra la Autohaus Jungmann s.r.L e la Clara
Costruzioni s.r.I., sono intervenute un contratto di transazione stragiudiziale ed un contratto di compravendita immobiliare – prezzo concordato in
C 3.257.855,62. La Autohaus Jungmann s.r.L emetteva quindi la fattura di
data 22.2.2006 n.2/06 nei confronti della Clara Costruzioni s.r..I. per C
3.257.855,62. Sempre la Autohaus Jungmann s.r.l. emetteva nota di accredito
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di data 24.2.2006 (2 gg. dopo) n. 4/06 nei confronti della Clara Costruzioni s.r.l. per €. 1.550.000,00. La Clara Costruzioni s.r.I., richiesta sui punto,
dichiarava di non aver ricevuto ne la nota di accredito – che quindi non ha registrato nella sua contabilità, ne tantomeno l’importo in essa indicato.
teste Zanoni si é sostanzialmente limitato a confermare, in modo generico, il
consiglio dato a Jungmann che ad eventuali errori occorsi nella indicazione del
corrispettivo indicato in fattura poteva essere posto riparo con l’emissione di
una nota di accredito concordata comunicata alla controparte se non altro per
la nota di accredito è stata emessa dalla Autohaus Jungmann s.r.l. all’insaputa
della Clara Costruzioni s.r.l. e registrata nella contabilità della prima con l’ovvio
risparmio fiscale fraudolento che ne é derivato”.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede
una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto
sin qui detto un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.

6. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014
Il

sigliere est sore

Il Presidente

le ovvie conseguenze fiscali che ad essa ne derivavano. Ed invece e risultato che

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