Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10811 del 06/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 10811 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BETTONI EZIO N. IL 30/03/1963
avverso la sentenza n. 227/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
08/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
It• IP te”Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.An
-4, •
che ha concluso per _e’LActyrn. 4)14x-jW.fla” st, $1 9.6.
A

DEPOS:Tr i ì

Udito,

r la parte civile, l’Avv

dit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/02/2014

ir
,

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Brescia, pronunciando nei confronti dell’ odierno ricorrente BET1″ONI EZIO, su appello del P.G., con sentenza dell’ 8/4/2013 depositata il 16/4/2013, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo sezione distaccata di Clusone, lo dichiarava responsabile del reato, previsto dagli
art. 81 cpv. cod. pen. e 5 D.L.vo 74/200 per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per gli esercizi 2006 e 2007, nonché per omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva per l’esercizio 2007, condannandolo alla pena

chiarava non doversi procedere con riferimento agli esercizi 2002, 2003 e 2004
per intervenuta prescrizione, con condanna al pagamento delle spese processuali
del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di primo grado aveva assolto l’imputato perché il fatto non sussiste.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, con
l’ausilio del proprio difensore, l’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. erronea applicazione dell’art. 5 D. L.vo 74/2000.
Deduce il ricorrente la carenza di prova della riconducibilità allo stesso delle
movimentazioni finanziarie avvenute sui conti intestati ai suoi familiari.
Parimenti priva di prova sarebbe l’intestazione fittizia degli stessi conti.
Lamenta, infine, la mancata ammissione della perizia contabile richiesta in
primo grado e della prova testimoniale dei familiari dell’imputato.
La Corte, senza tener conto di tali richieste, avrebbe erroneamente ritenuto,
con ragionamento presuntivo, che da un costo dovesse derivare automaticamente un ricavo.
b. inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 448 cod. proc. pen.

di anni due e mesi sei di reclusione. Applicava le pene accessorie di legge e di-

La Corte non avrebbe motivato in relazione al dissenso del P.M. sulla richiesta di applicazione della pena, ex art. 444 cod. proc. pen., formulata
dall’imputato in primo grado.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, nei termini di cui si dirà in seguito.

2

4

r
,

2. Preliminarmente ve rilevato che, ancorché la Corte d’Appello abbia
operato una reformatio in peius della sentenza di primo grado, non si pongono
problemi in relazione all’art. 6 CEDU nell’interpretazione che ne ha dato la Corte
di Strasburgo con la sentenza del 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia.
La riforma “in peius” della sentenza assolutoria di primo grado richiede, in
base all’art. 6 CEDU – così come conformemente interpretato dalla Corte Edu – la
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale solo quando il giudice di appello intenda operare un diverso apprezzamento di attendibilità di una prova orale, ma
mentali (sez. 2, n. 29452 del 17.5.2013, Marchi e altri, rv. 256467 nel giudicare
un caso in cui il diverso apprezzamento concerneva l’uso ed il significato di
espressioni criptiche e/o fuori contesto, contenute in intercettazioni telefoniche;
conf. sez. 6, n. 16566 del 26.2.2013, Caboni e altro, rv. 254623).
L’art. 6 CEDU, in altri termini, non condiziona indefettibilniente il potere
del giudice d’appello di ribaltare una precedente pronuncia assolutoria alla rinnovazione delle prove dichiarative assunte in primo grado.
Nelle proprie pronunce la Corte di Strasburgo ha solo affermato che coloro i quali “hanno la responsabilità di decidere la colpevolezza o l’innocenza dovrebbero, in linea di massima, poter udire i testimoni personalmente e valutare
la loro attendibilità” e che “la valutazione dell’attendibilità di un testimone è un
compito complesso che generalmente non può essere eseguito mediante una
semplice lettura delle sue parole verbalizzate” (sentenza 5.7.2011, Dan c. Moldavia; in senso analogo v. anche 21.9.2010 Marcos Barrios c. Spagna;
27.11.2007, Popovici c. Moldavia). Si tratta, dunque, di una regola non assoluta
e comunque da valutare caso per caso.
In casi come quello all’odierno esame, in cui si è trattato soltanto di fornire un’interpretazione diversa del dato documentale, la Corte territoriale non aveva alcun obbligo di risentire i verbalizzanti.

non quando compia una diversa valutazione di prove non dichiarative, ma docu-

3. Infondato è il motivo di ricorso indicato in premessa sub b.
La sentenza appare correttamente e logicamente motivata.
Il mancato riferimento al dissenso del PM alla richiesta di applicazione della pena, è giustificato dal fatto che l’imputato non ha formulato motivi di appello.
La sentenza di primo grado, infatti, è stata appellata unicamente dal Procuratore Generale.
4. Parimenti infondata è la doglianza che attiene al mancato accoglimento
della chiesta perizia contabile, da intendersi, evidentemente, come mancato accoglimento di una prova decisiva.
3

4

.•Ebbene, va ricordato che è prova decisiva, la cui mancata assunzione è
deducibile come motivo di ricorso per cassazione, solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizi la sentenza intaccandone la struttura portante (sez. 3,
n. 27581 del 15.6.2010, M., rv. 248105; conf. Sez. 6 n. 14916 del 25.3.2010,
Brustenghi e altro, rv. 246667). Questa Corte ha anche precisato che per “prova
decisiva” sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su
aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti de-

con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare
che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia (sez. 2, n. 16354 del 28.4.2006, Maio, rv. 234752; conf. sez. 2, n. 21884
del 20.3.2013, Cabras, rv. 255817).
Venendo al caso di specie, va detto che la perizia non rientra nella categoria della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in quanto
costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione (sez. 6 n. 43526 del 3.10.2012, Ritorto e altri, rv. 253707; (sez. 4, n. 7444 del 17.1.2013, Sciarra, rv. 255152).
La perizia, per il suo carattere “neutro” sottratto alla disponibilità delle
parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è
sanzionabile ai sensi dell’art.606 comma primo lett. d) cod. proc. pen., in quanto
giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione (sez. 4, n. 14130 del 22.1.2007, Pastorelli ed altro, rv. 236191; conf.
Sez. 5 n. 12027 del 6.4.1999, Mandalà G., rv. 214873).
Il ricorrente avrebbe dovuto evidenziare su quali aspetti della decisione e in base a quali elementi- una perizia contabile avrebbe capovolto le sorti della
decisione.

5. Fondato è il motivo di doglianza che attiene alla illogicità della motivazione della sentenza impugnata laddove si afferma che “siamo dunque al cospetto di una determinazione dell’imposta evasa effettuata non sulla base di indici
presuntivi di tipo astratto ed automatico, ma sulla scorta di dati specifici e concreti, a nulla rilevando l’assenza di contabilità la quale per sé stessa costituisce
condotta illecita e finirebbe -paradossalmente- per risolversi in un vantaggio per
il contribuente oggetto di verifica fiscale che non potrebbe mai essere perseguito
penalmente non potendosi provare il superamento della soglia di punibilità”.

4

terminante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata

,

E’ fuori discussione la consolidata giurisprudenza di legittimità per cui ogni
provento, anche illecito, rappresenta reddito soggetto ad imposta.
Questa Corte, tuttavia, ha in più occasioni sottolineato anche come in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione
ai fini di evasione dell’imposta sui redditi (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
non può farsi ricorso alla presunzione tributaria secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell’azienda (art. 32, comma primo n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in quanto spetta al giudice penale la
sari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto (sez.
3, n. 5490 del 26.11.2008, dep. il 6.2.2009, Crupano, rv. 243089). E in altra
successiva pronuncia è stato condivisibilmente ribadito che in tali casi spetta
esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta, attraverso
una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con
quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (sez. 3, n. 36396 del 18.5.2011, Mariutti,
rv. 251280).
La motivazione appare incongrua laddove sembra individuare solo presuntivamente dei ricavi e non motiva sugli elementi da cui ricava l’intestazione
fittizia dei conti dei familiari del Bettoni.
La motivazione appare inoltre assolutamente contraddittoria in ordine alla
ritenuta sussistenza o meno del reato in contestazione con riferimento
all’esercizio finanziario 2006.
A pag. 7 si legge infatti prima che “a diverse conclusioni deve, invece,
pervenirsi in relazione agli esercizi 2002, 2003, 2004 e 2006 atteso che non è
dato di sapere la provenienza delle somme confluite sui conti correnti per ciascun
anno…” e poi, qualche rigo più sotto, che “resta da determinare il trattamento
sanzionatorio con riferimento all’omessa presentazione della dichiarazione dei
redditi per gli esercizi 2006 e 2007 e della dichiarazione IVA per l’anno 2007”.
6. S’impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio

ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia.
P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Brescia.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2014
Il Q6,sigliere estensore

Il Presidente

determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa procedendo d’ufficio ai neces-

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA