Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10802 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10802 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 28/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Barattelli Giuseppe, nato il 27 luglio 1950
avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila del 20 febbraio 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 20 febbraio 2013, la Corte d’appello dell’Aquila ha
confermato la sentenza del Tribunale dell’Aquila del 12 gennaio 2009, con la quale
l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 10 bis del d.lgs. n. 74 del
2000, perché, quale la legale rappresentante di una società, non aveva versato, nel
termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto
d’imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo: 1) la mancanza di motivazione in ordine all’eccepita violazione
degli artt. 415 bis e 416 cod. proc. pen., perché non si sarebbe considerato che gli
avvisi di conclusione delle indagini preliminari non sarebbero stati recapitati al giusto
indirizzo; 2) la mancanza di motivazione circa la prova del fatto contestato, perché
non si sarebbe considerato che l’unica prova dell’avvenuto pagamento delle
retribuzioni è rappresentata dal modello 770 e dalla testimonianza del funzionario
accertatore; 3) l’erronea applicazione della disposizioni incriminatrice, perché essa era
entrata in vigore in un momento successivo alla consumazione degli illeciti, che si
erano perfezionati – secondo la prospettazione difensiva – mese per mese alla
scadenza dei termini stabiliti per i versamenti delle ritenute ed erano configurati
all’epoca quali illeciti amministrativi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza,
emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha
commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come

ammontare di euro 124.797,00, per il periodo di imposta 2004.

reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa
sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli
atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in
considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che
la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza
ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma
ad una mera “constatazione”.

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L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si
troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità

essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva

(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,
come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie.
In particolare, il primo motivo di doglianza, relativo alla mancata notificazione
all’imputato dell’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen., è inammissibile per mancanza
di specificità, perché la difesa non contesta quanto attestato dall’ufficiale postale circa
l’avvenuta immissione della comunicazione postale nella cassetta effettivamente
intestata all’imputato, limitandosi a lamentare la generica indicazione dell’indirizzo sul
plico.
Manifestamente infondato è il secondo motivo di doglianza, perché con esso si
muovono generiche contestazioni relative alla mancata corresponsione degli
emolumenti, a fronte della sicura esistenza – evidenziata dai giudici di primo e
secondo grado – della prova documentale e testimoniale di detta corresponsione.
Quanto all’applicabilità della fattispecie incriminatrice alle ipotesi in cui
all’omesso versamento delle ritenute alla fonte riguardi il periodo di imposta 2004 oggetto del terzo motivo di ricorso – deve osservarsi che, trattandosi di questione di
diritto, non incombeva sul giudice di merito alcun particolare onere di motivazione, al
di là della corretta conclusione interpretativa. L’onere della motivazione, e il relativo
sindacato in sede di legittimità, sussistono, infatti, solo con riferimento ai profili di
fatto e non ai profili di diritto, perché rispetto a questi ultimi la Corte di cassazione
esercita la sua funzione nomofilattica indipendentemente dalle argomentazioni spese
dal giudice di merito.
Deve, peraltro, rilevarsi che le sezioni unite di questa Corte hanno, in data 28
marzo 2013, risolto il dubbio sollevato dalla terza sezione di questa stessa Corte

di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,

relativamente alla questione se il d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-bis, introdotto
dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 414, ed entrato in vigore il 2
gennaio 2005, si applichi anche agli omessi versamenti delle ritenute relative all’anno
2004, da effettuarsi nel corso del 2004 e non versati, alla scadenza, prevista da detta
normativa, del 31 ottobre 2005 oppure se in tale ipotesi l’illecito debba ritenersi
comunque consumato alle singole scadenze del 2004 e sia quindi punibile con le

all’epoca della consumazione. Le Sezioni unite hanno ritenuto di adottare la prima
delle due soluzioni, escludendo che l’illecito potesse ritenersi consumato alle singole
scadenze del 2004 e fosse, dunque, punibile con le sole sanzioni amministrative
previste dalla normativa previgente. La mancata effettuazione di pagamento al 31
ottobre 2005 denota, infatti, un disvalore ulteriore rispetto al semplice omesso
pagamento alle singole scadenze del 2004, che induce a ritenere che non vi sia
continuità fra la disciplina amministrativa sanzionatoria e la disciplina penale. In altri
termini, la condotta omissiva propria, che ha ad oggetto il versamento delle ritenute
afferenti all’intero anno di imposta, si protrae fino alla scadenza del richiamato
termine, che coincide con la data di commissione del reato, a nulla rilevando il già
verificatosi inadempimento agli effetti fiscali. Ne consegue, quanto al caso di specie,
che la Corte d’appello ha correttamente ritenuto sussistente la responsabilità penale
dell’imputato.
Il ricorso per cassazione dell’imputato non può, in conclusione, essere ritenuto
inammissibile, avendo ad oggetto una questione giuridica controversa, la cui soluzione
ha richiesto l’intervento delle sezioni unite di questa Corte.
3.3. – Dall’esame degli atti risulta, del resto, che il termine di prescrizione
complessivo è già ampiamente decorso. Il momento consumativo del reato deve,
infatti, essere individuato – per le ragioni sopra esposte – alla data del 31 ottobre
2005, termine ultimo per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto
d’imposta; a partire da tale data, devono essere computati 7 anni e 6 mesi,
giungendosi così, in mancanza di cause di sospensione della prescrizione, alla data del
30 aprile 2013, che è comunque precedente a quella della pronuncia della presente
sentenza.
4. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio,
perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.

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sanzioni amministrative previste dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, vigente

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

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