Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10801 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10801 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Lonigro Giuseppe, nato il 23 febbraio 1959
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 12 giugno 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere il reato estinto per prescrizione.

Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 12 giugno 2012, la Corte d’appello di Bari ha confermato
la sentenza del Tribunale di Bari – sezione distaccata di Rutigliano del 13 luglio 2011,
con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 349 cod. pen.,
perché, in qualità di custode, violava i sigilli apposti su un’area di proprietà del
fratello, continuando la realizzazione di opere edilizie su un edificio abusivo.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per

con riferimento alla responsabilità penale. Si rileva, in particolare, che la Corte
distrettuale non avrebbe esaminato la doglianza difensiva relativa alla mancanza di
prova certa che la violazione di sigilli fosse stata possibile grazie alla condotta
volontaria del custode. E ciò anche sul rilievo che i soggetti tra loro coimputati in
concorso nella realizzazione abusiva delle opere edilizie non erano stati imputati anche
per violazione di sigilli. Non si sarebbe considerata, dunque, la possibilità che
l’agevolazione posta in essere dal custode rispetto all’edificazione abusiva fosse stata
commessa per colpa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza,
emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha
commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come
reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa
sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli
atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in
considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che
la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza
ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma
ad una mera “constatazione”.
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in
sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza
impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio,
possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece
dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si

cassazione, lamentando, con unico motivo di doglianza, la mancanza di motivazione

troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità
di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità,
essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva

(ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre

2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio
2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).

come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie.
Deve anzi osservarsi che la conseguenza dell’eventuale accoglimento del motivo
di doglianza – relativo alla motivazione della sentenza circa la responsabilità penale sarebbe al più l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello,
perché provveda a fornire un’adeguata motivazione sul punto; cosicché deve darsi
prevalenza – in forza di quanto osservato – alla declaratoria della causa di estinzione
del reato.
3.3. – Dall’esame degli atti risulta, infatti, che il termine di prescrizione è già
ampiamente decorso.
Il reato contestato è stato commesso il 17 febbraio 2005; a partire da tale data,
deve essere computato il termine complessivo di 7 anni e 6 mesi, giungendosi così
alla data del 17 agosto 2012; a tale computo deve essere poi aggiunta la sospensione
della prescrizione per la durata 60 giorni, per rinvio dovuto a impedimento del
difensore (tra il 10 novembre 2008 e il 12 ottobre 2009); ne consegue che, in
mancanza di altre cause di sospensione della prescrizione, il termine finale è decorso,
il 16 ottobre 2012.
4. – La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché
il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.,

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