Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10800 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10800 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Natali Giuseppe, nato il 13 febbraio 1961
nei confronti
della parte civile Dazzi Alessandra
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari del 19 ottobre 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere il reato estinto per prescrizione;
udito per la parte civile l’avv. Massimo Pisani, in sostituzione dell’avv. Elio
Ad dante.

Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 19 ottobre 2012, la Corte d’appello di Bari ha confermato
la sentenza del Tribunale di Bari del 6 ottobre 2010, con la quale l’imputato era stato
condannato, anche73 isarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile,
per il reato di cui all’art. 3 della legge n. 54 del 2006 per avere violato gli obblighi
familiari verso la coniuge separata Dazzi Alessandra. La Corte d’appello ha, peraltro,
specificato che nel caso di specie sussistono i presupposti per l’applicazione

particolare, la mancanza di mezzi di sussistenza in capo alla coniuge separata
dell’imputato.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, chidendone l’annullamento.
2.1. – Si lamenta, in primo luogo, l’erronea applicazione della disposizione
incriminatrice, sul rilievo che detta disposizione prevede che, in caso di violazione
degli obblighi di natura economica, si applica l’art. 12 sexíes della legge n. 898 del
1970, la quale prevede, a sua volta, con un richiamo quoad poenam, l’applicabilità
della pena prevista nell’art. 570 cod. pen. Secondo il ricorrente, la disposizione
incriminatrice deve essere interpretata nel senso che gli obblighi di natura economica
oggetto di tutela penale sono solo quelli regolamentati dalla legge n. 54 del 2006, cioè
quelli posti a carico di un genitore a favore dei figli, dovendosi escludere gli obblighi
posti a carico di un coniuge a favore dell’altro; non vi sarebbe, dunque, alcuna
sanzione penale per il mancato adempimento degli obblighi verso il coniuge separato.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si deduce la mancanza di
correlazione tra l’imputazione e la sentenza. In particolare, la fattispecie in esame non
potrebbe essere in concreto ricondotta all’ambito di applicazione dell’art. 570 cod.
pen., sia perché la violazione di tale disposizione non è stata contestata, sia perché

dell’articolo 570 cod. pen., richiamato dall’art. 3 della legge n. 54 del 2006 e, in

essa ha dei presupposti diversi rispetto a quelli di cui all’art. 3 della legge n. 54 del
2006.
2.3. – Si denuncia, in terzo luogo, la mancanza di motivazione circa la
concessione delle circostanze attenuanti generiche, pur richieste con l’appello. Non si
sarebbe preso in considerazione, in particolare, il fatto che l’imputato è un soggetto
privo di carichi pendenti, stimato in ambito sportivo, che non versava l’assegno alla
moglie separata nell’attesa che il Presidente delegato si pronunciasse a suo favore
sulla richiesta di revoca di detto obbligo.

A,,

3.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di fronte a questa Corte,

la parte civile rileva – quanto al primo motivo di ricorso – che il giudizio di primo
grado è stato interamente istruito con riferimento al reato di cui all’art. 570 cod. pen.
e che il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi di tale
reato, rilevando che, con il mancato pagamento della somma stabilita con la sentenza
di separazione, l’imputato aveva fatto venire meno i mezzi di sussistenza alla moglie
separata, che aveva dovuto far ricorso all’aiuto dei suoi familiari, per far fronte a un

Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, non vi sarebbe, poi, alcuna
violazione del principio di corrispondenza fra imputazione e sentenza, perché, sia in
primo grado sia con l’atto d’appello, l’imputato si era difeso proprio in relazione al
reato di cui all’art. 570 cod. pen., in particolare contestando la prova della mancanza
dei mezzi di sussistenza in capo alla coniuge separata. Del resto, la mancata
correlazione fra imputazione e sentenza avrebbe dovuto essere eccepita con i motivi
d’appello, cosa non avvenuta; con la conseguenza che la relativa eccezione sarebbe
preclusa.
Quanto, infine, al diniego della concessione delle circostanze attenuanti
generiche, la difesa della parte civile rileva che questa era stata congruamente
motivata dal giudice di primo grado, sul rilievo della pervicacia dimostrata
dall’imputato con la prolungata omissione e che la Corte d’appello si era
sostanzialmente conformata a tale motivazione.
Dopo la conclusione dell’udienza di discussione davanti a questa Corte, il
difensore della parte civile ha fatto pervenire in cancelleria la nota spese riferita al
giudizio di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

assoluto stato di indigenza.

4. – Il ricorso è solo parzialmente fondato.
4.1. – Deve ricordarsi che questa Corte ha di recente affermato che, in tema di
reati contro la famiglia, la violazione degli obblighi di natura economica posti a carico
del genitore separato, cui si applica la disposizione dell’art. 12-sexies legge 1°
dicembre 1970, n. 898, stante il richiamo operato dalla previsione di cui all’art. 3
legge 8 febbraio 2006, n. 54 (recante disposizioni in materia di separazione dei
genitori e affidamento condiviso dei figli), riguarda unicamente l’inadempimento
dell’obbligo di mantenimento in favore dei figli (minorenni e maggiorenni), dovendosi
escludere invece l’inadempimento di analogo obbligo posto nei confronti del coniuge
3

A

,

separato, cui è applicabile la tutela già predisposta dall’art. 570 cod. pen. (sez. 6, 22
settembre 2011, n. 36263, rv. 250879).
Deve del pari rilevarsi, però, che non è necessario fare applicazione di tali
principi nel caso di specie.
Infatti, dalla lettura delle motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado
emerge con chiarezza che, indipendentemente dal formale richiamo all’art. 3 della
legge n.54 del 2006, il fatto del quale l’imputato è chiamato a rispondere è stato già

all’art. 570, secondo comma, n. 2), cod. pen. Proprio in tale ottica, entrambe le
sentenze danno conto in modo dettagliato della sussistenza dei presupposti per
l’integrazione del reato, costituiti: dalla mancanza di mezzi di sussistenza, ritenuta
ampiamente dimostrata dai giudici di merito e sostanzialmente non contestata
dall’imputato neanche con il ricorso per cassazione; dal fatto che tale mancanza di
mezzi di sussistenza deriva dal mancato pagamento dell’assegno periodico fissato in
sede di separazione. Non è intervenuta, in altri termini, alcuna modifica negli elementi
essenziali del fatto tale da incidere sull’originaria fisionomia dell’ipotesi accusatoria e
tale da menomare il diritto di difesa dell’imputato.
L’imputato ha, del resto, pienamente accettato il contraddittorio sul punto, non
evidenziando con l’atto d’appello alcuna doglianza circa la corrispondenza fra il reato
contestato e quello ritenuto in sentenza e limitandosi a svolgere rilievi in tal senso
solo con il ricorso per cassazione.
I primi due motivi di ricorso devono, dunque, ritenersi infondati.
4.2. – Deve essere, invece, accolto il terzo motivo di doglianza, relativo alla
carenza di motivazione circa la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche. La Corte d’appello si limita, infatti, a ritenere congrua, sulla base dei
parametri di cui all’art. 133 cod. pen., la pena irrogata in primo grado, senza nulla

originariamente qualificato in fatto come rientrante nella fattispecie astratta di cui

specificare quanto a dette circostanze. La sentenza impugnata deve, perciò, essere
annullata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari perché
provveda a nuovo giudizio fornendo adeguata motivazione.
4.3. – Alla soccombenza dell’imputato in punto di responsabilità penale
consegue la condanna dello stesso alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla
parte civile, che devono essere liquidate in via equitativa – in ragione di euro 2000,00
oltre accessori di legge – perché la relativa nota non è stata depositata in udienza, ma
è pervenuta in cancelleria dopo la chiusura della discussione e, dunque, non può
essere presa in considerazione.

4$\

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa statuizione sulle
circostanze attenuanti generiche e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Bari
per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso. Condanna il ricorrente alla
rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in euro
2000,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

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