Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10798 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10798 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 28/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Mantova Annunziata, nata il 9 luglio 1967
avverso la sentenza del Tribunale di Novara

sezione distaccata di

Borgomanero del 12 luglio 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere i reati estinti per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 12 luglio 2012, il Tribunale di Novara – sezione distaccata
di Borgomanero ha condannato l’imputata alla pena dell’ammenda: A) perché, quale
amministratore unico di una società e datore di lavoro, redigeva il documento di
valutazione dei rischi senza prendere in considerazione quelli derivanti dalle operazioni
di carico e scarico dei rimorchi ed all’utilizzo di mezzi sollevamento, operazioni che
causavano l’infortunio di un lavoratore, e senza includere misure di prevenzione e di

opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza (artt. 4,
comma 2, e 89, comma 1, lettera a, del d.lgs. n. 626 del 1994); B) perché, nella
stessa veste, non forniva un’adeguata informazione sui rischi per la sicurezza e la
salute connessi a rischi specifici cui era esposto il suddetto lavoratore (artt. 21 e 89,
comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 626 del 1994); prescrizione dei reati decorrente dal
13 agosto 2007.
2. – Avverso la sentenza l’imputata ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, deducendo: 1) l’intervenuta prescrizione dei reati; 2) l’erronea
applicazione della legge penale per violazione del divieto del ne bis in idem, sul rilievo
che per il medesimo episodio era stato emesso un decreto penale di condanna, che
comprendeva anche altri reati, e il cui importo era stato regolarmente pagato
dall’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
Il secondo motivo di doglianza è genericamente formulato. Non si tiene conto,
infatti, della puntuale argomentazione svolta dal Tribunale nell’evidenziare che, dal
semplice raffronto tra il decreto penale richiamato dalla ricorrente a sostegno della
sussistenza di un ne bis in idem e quello opposto nel presente procedimento vi sono
significative differenze. In particolare, il Tribunale evidenzia che, pure nell’identità di
alcuni elementi di fatto e nella parziale coincidenza delle contestazioni, sono stati
addebitati all’imputata, con il decreto qui opposto, ulteriori specifiche responsabilità,
non individuate nel decreto penale emesso in precedenza dallo stesso giudice.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di doglianza. Non può
essere dichiarata la prescrizione del reato (decorrente dal 13 agosto 2007, data nella
quale si è verificata il mancato adempimento al verbale di prescrizioni impartito
dall’organo di vigilanza). A fronte di un ricorso inammissibile, quale quello in esame,
trova infatti applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di
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protezione da adottare nelle lavorazioni né il programma delle misure ritenute

questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è
preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o
alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4
giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale

abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte

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