Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10797 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10797 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Ambrogio Luca, nato il 10 giugno 1958
Alampi Domenica, nata il 24 febbraio 1963
avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 9 gennaio 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere i reati estinti per prescrizione.

Data Udienza: 28/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 9 gennaio 2012, il Tribunale di Reggio Calabria – per
quanto qui rileva – ha condannato gli imputati Ambrogio e Alampi alla pena
dell’ammenda: a) entrambi per il reato di cui agli artt. 110, 81 secondo comma, cod.
pen. e 51, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 2007, per avere, in concorso tra loro, quali
titolari di imprese di allevamento di animali, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, depositato in modo incontrollato sul suolo letame di origine

il solo Ambrogio, per il reato di cui all’art. 51, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 22 del
1997, perché effettuava, in mancanza di autorizzazione, un’attività di raccolta,
trasporto e smaltimento di rifiuti non pericolosi quale titolare del fondo su cui veniva
depositato, a diretto contatto con il suolo, il cosiddetto “pastazzo di agrumi” (fatti
commessi il 28 febbraio 2006).
2. – Avverso la sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore,
impugnazione qualificata come appello, con la quale lamentano che il Tribunale
avrebbe fondato la decisione esclusivamente sull’analisi parziale della deposizione del
maresciallo dei carabinieri che aveva proceduto all’accertamento, non tenendo in
considerazione la deposizione del teste Denisi e la documentazione prodotta. Lo stesso
Tribunale si sarebbe avvalso anche di dichiarazioni dell’imputato Ambrogio mai
effettivamente rese. Quanto al reato di cui al capo a) della rubrica si lamenta, in
particolare, la mancanza di motivazione sulla ritenuta responsabilità penale
dell’imputata Alampi, che

le viene ritenuta responsabile in quanto titolare di

un’azienda agricola della quale – secondo la difesa – non è in realtà titolare. Non si
sarebbe considerato, inoltre, che i testi indotti dal pubblico ministero si erano limitati a
dichiarare che vi era sul terreno una gran quantità di letame ed avevano ritenuto che
questo non fosse usato come fertilizzante, perché si trovava stoccato in cumuli e

animale in violazione del divieto di cui all’art. 14 dello stesso d.lgs. n. 22 del 1997; b)

abbandonato. La difesa sostiene, poi, che il teste Denisi aveva affermato che il letame
era depositato di fronte alla stalla temporaneamente per poi essere sparso nei terreni
e usato come fertilizzante naturale; e ciò era verosimile, in quanto nel mese di
gennaio – epoca dell’intervento della polizia giudiziaria – le condizioni atmosferiche
non consentivano la fertilizzazione dei campi. Il Tribunale avrebbe dovuto, dunque,
ritenere sussistente un deposito temporaneo di rifiuti, perché il letame si trovava nel
luogo della sua produzione, era in quantità modesta ed era destinato ad essere
utilizzato come fertilizzante. La difesa lamenta, inoltre, che gli imputati non sono
titolari di imprese o responsabili di un ente e che dunque non possono essere chiamati A r\
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’a rispondere del reato in questione; né vi sarebbe prova dell’intenzione di essi di
disfarsi del letame.
Quanto al capo b) dell’imputazione, relativo al cosiddetto “pastazzo di agrumi”,
vi sarebbe stato un fraintendimento nell’interpretazione della deposizione del
maresciallo che aveva riscontrato la presenza di detta sostanza, perché quest’ultimo
avrebbe dichiarato che vi era una struttura nella quale la sostanza era depositata. Né i
testi avrebbero affermato che il “pastazzo” fosse in fermentazione o che emanasse

3. – La Corte d’appello di Reggio Calabria ha trasmesso gli atti a questa Corte
con ordinanza del 3 ottobre 2012, ritenendo che l’appello debba essere riqualificato
come ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – L’impugnazione proposta – che deve essere qualificata come ricorso per
cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., perché proposta contro
sentenza non appellabile in quanto recante condanna alla sola pena dell’ammenda, ai
sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen. – è inammissibile.
Sotto il profilo della violazione di legge, le doglianze proposte sono, infatti,
manifestamente infondate. Con i motivi di gravame non si prospettano inoltre,
neanche sul piano sostanziale, vizi della motivazione suscettibili di essere ricondotti
alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lettera e) , cod. proc. pen.
La sentenza impugnata muove, del resto, da una disamina analitica e coerente
di tutti gli elementi emersi dall’istruttoria e ne fa logicamente conseguire la penale
responsabilità degli imputati, sulla base delle seguenti considerazioni: a) il “pastazzo”
oggetto del capo b) dell’imputazione era depositato in cumuli e abbandonato e si
trovava in stato di putrefazione e in avanzatissimo processo fermentativo, come
risulta dagli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria e dalla documentazione
fotografica in atti; b) il letame non era stoccato ma era semplicemente sversato dalla
stalla verso la scarpata sottostante fino al letto di un torrente, senza alcun controllo;
c) il teste Camera, tecnico della Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha
confermato che il pastazzo è pericoloso per il terreno allorquando, come nel caso di
specie, esso venga lasciato fermentare in ambiente inidoneo, direttamente sulla terra
e senza alcuna protezione; d) il teste Denisi nulla ha specificato circa le modalità di
versamento del letame sul terreno, limitandosi ad affermare in astratto che il letame
può essere utilizzato come un fertilizzante; e) quanto alla posizione della Alampi,
relativamente al reato di cui al capo a), emerge dagli atti che questa era la titolare
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cattivi odori.

dell’allevamento dal quale era originato lo sversamento di letame ed avrebbe dovuto,
perciò, quanto meno impedire detto sversamento; f) relativamente, infine, al rilievo in
punto di diritto secondo cui gli imputati non sarebbero titolari di impresa, questo
risulta ampiamente smentito da quanto appena osservato circa la contitolarità
dell’impresa agricola da parte di entrambi.
Correttamente, dunque, il Tribunale ha sussunto le fattispecie concrete oggetto
di accertamento nelle fattispecie astratte oggetto di contestazione, sussistendo tutti i

5. – Né può essere dichiarata la prescrizione dei reati, commessi il 28 febbraio
2006. A fronte di un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova infatti
applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a
norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa
dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla
manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008,
n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

requisiti oggettivi e soggettivi necessari.

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