Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1076 del 25/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1076 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MATTIELLO GIOVANNI N. IL 09/06/1974
avverso la sentenza n. 4842/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/01/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 25/11/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto:
a) con riguardo al primo motivo, risultando dal testuale tenore del capo
d’imputazione che il furto aveva avuto ad oggetto un telefono cellulare, una catenina
d’oro del dichiarato valore di circa cento euro, le chiavi di un’autovettura, oltre alla
somma di quattro euro in contanti, non si vede come potesse ragionevolmente
ritenersi, anche a prescindere dal danno ulteriore che la persona offesa aveva subito
in conseguenza del reato di lesioni, che fosse riconoscibile l’attenuante di cui all’art.
62 n. 4 c.p., per la cui configurabilità, com’è noto, occorre che il danno sia di entità
talmente modesta da risultare, per la persona offesa, pressoché irrilevante;
conclusione, questa, che non cambierebbe neppure se dal compendio del furto fosse
stato da escludere il telefono cellulare che, secondo quanto affermato nel ricorso
(senza che, peraltro, l’affermazione trovi riscontro alcuno nell’impugnata sentenza né
risulti in altro modo documentata), sarebbe stato in realtà dimenticato dalla persona
offesa nell’abitazione di un parente, dovendosi al riguardo considerare non solo che
la perdita di un oggetto anche del solo valore di cento euro (quale, nella specie, la
catenina d’oro) non rappresenta un danno economico del tutto indifferente, ma anche
che ad esso si aggiungeva l’ulteriore danno derivante dalla sottrazione delle chiavi
dell’autovettura, con conseguente necessità, ove le stesse non fossero state
recuperate, di perdita di tempo e di danaro per farne realizzare un duplicato
rivolgendosi, all’uopo, alla casa produttrice o ad un laboratorio specializzato;
b) con riguardo al secondo motivo, lo stesso, nel lamentare come illegittimo il fatto
che le attenuanti generiche sarebbero state negate sulla sola base del riferimento ai
precedenti penali di cui l’imputato era gravato, non considera che un tale riferimento
è stato invece più volte ritenuto, nella giurisprudenza di questa Corte, come idoneo a
giustificare il diniego delle attenuanti in questione, specie quando i precedenti siano
specifici e reiterati e ad essi si accompagni anche (come si verifica, secondo le non
contestate affermazioni dei giudici di merito, nel caso in esame), un negativo
comportamento processuale (ved. in tal senso, fra le altre, Cass. VI, 16 giugno —23
settembre 2010 n. 34364, Giovane ed altri, RV 248244);

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, per quanto qui ancora d’interesse, fu confermata la
condanna di MATTIELLO Giovanni alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione,
più euro 500 di multa, per i reati di furto con strappo e lesioni personali in danno di
Daniele Rosanna;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione:
1) in ordine al mancato riconoscimento, relativamente al furto, dell’attenuante del
danno patrimoniale di speciale tenuità;
2) in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche;
3) in ordine alla mancata applicazione, in luogo della pena detentiva, di una
sanzione sostitutiva ai sensi dell’art. 53 della legge n. 689/1981;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così de – in oma il 25 novembre 2013
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c) con riguardo al terzo motivo, non risultando in alcun modo indicato, nel ricorso,
se e quali fossero stati gli specifici elementi posti a sostegno della doglianza avanzata
al giudice d’appello circa la mancata applicazione di una sanzione sostitutiva ai sensi
degli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981, ne deriva che non può essere, in questa
sede, censurata la lamentata assenza, nella sentenza impugnata, di specifica
motivazione sul punto in questione;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

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