Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10622 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10622 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina

nel procedimento nei confronti di
Capone Carmelo, nato a Messina il 17/09/1960

avverso l’ordinanza del 02/08/2013 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Alberto Gullino, che ha concluso associandosi alla
richiesta del P.G.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

Data Udienza: 12/02/2014

P

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, adito ai sensi dell’art.
309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 09/07/2013 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto
l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di Carmelo
Capone in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen.; 81, 110, 314 cod.
pen.; 61 n. 2, 81 e 640 bis cod. pen. (di cui ai capi d’imputazione 41), 42), 43),
44), 45), 46), 47), 48) e 39), per avere fatto parte di un’associazione per
delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati di peculato e

seguito della presentazione di progetti di corsi e del successivo deposito di
documentazione mendace; nonché per avere concorso nella consumazione dei
relativi anzidetti reati fine.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero
dimostrato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato,
anche se i fatti oggetto di addebito rubricati ai sensi dell’art. 314 cod. pen.
dovevano essere qualificati in termini di truffa aggravata e non anche di
peculato, in quanto l’erogazione di fondi regionali in misura maggiorata era
avvenuta, anche per le quote di acconto, sulla base di quanto chiesto e
rappresentato fraudolentemente dalla associazione beneficiaria.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Messina il quale, sottolineata l’esistenza del proprio
interesse ad impugnare, ha denunciato la violazione di legge, in relazione agli
artt. 640, 640 bis e 314 cod. pen., ed il vizio di motivazione, per avere il
Tribunale del riesame erroneamente qualificato i fatti oggetto di accertamento
giudiziale, posto che per le somme ricevute dall’associazione, alla cui operatività
il Capone avevano contribuito, a titolo di primo e di secondo acconto j erano state
liquidate senza alcuna verifica da parte degli uffici regionali, chiamati ad
effettuare un controllo solo sulla documentazione giustificativa delle spese
sostenute, prodotta in sede di rendicontazione con la richiesta finale, talché le
somme del finanziamento pubblico ricevute dall’indagato, oggetto di
appropriazione, erano già entrate nel possesso o nella disponibilità dell’incaricato
di pubblico servizio, e la successiva condotta di produzione di documentazione
fraudolenta non era stata finalizzata a permettere quell’appropriazione ma a
giustificarla formalmente ex post.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
In astratto vi sarebbe stato l’interesse del P.M. ad impugnare in quanto la
questione della corretta qualificazione giuridica dei fatti accertati avrebbe potuto
2

truffa aggravata, commessi mediante il percepimento di denaro pubblico a

avere, nel caso di specie, rilevanti effetti pratici, incidendo sul computo del
termine di durata della custodia cautelare (in senso conforme Sez. 6, n. 48764
del 06/12/2011, Pmt in proc. Leone, Rv. 251569, in relazione ad una fattispecie
nella quale era stato impugnato un provvedimento con cui l’originario reato di
concussione era stato `derubricato’ in quello di violenza privata; e, con
riferimento ad una ipotesi nella quale la questione concerneva la sussistenza di
una circostanza aggravante ad effetto speciale, dal cui riconoscimento sarebbe
potuta conseguire una più lunga durata dei termini di custodia, Sez. 1, n. 25949
del 27/05/2008, P.M. in proc. Minotti e altri, Rv. 240464; contra la sola Sez. 6,

Tuttavia, tale interesse non è più attuale, in quanto l’indagato – dopo la
presentazione del ricorso – è stato rimesso in libertà, talchè è venuto meno il
bisogno di verificare la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti ai fini
della individuazione del termine di durata della custodia cautelare.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 12/02/2014

n. 18091 del 08/03/2011, PM in proc. Bellavia, Rv. 250270).

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