Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10620 del 12/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 10620 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina

nel procedimento nei confronti di
1. Feliciotto Graziella, nata a Roccalumera il 16/10/1960
2. Sauta Elio, nato a Messina il 16/10/1960

nonché sui ricorsi presentati dagli stessi Feliciotto Graziella e Sauta Elio, innanzi
generalizzati,

avverso l’ordinanza del 08/08/2013 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità di tutti i ricorsi
per sopravvenuta carenza di interesse;
udito per gli indagati l’avv. Alberto Gullino, che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso del P.M. ed associandosi alle richieste del P.G.

Data Udienza: 12/02/2014

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, adito ai sensi dell’art.
309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 09/07/2013 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto
l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di Graziella

110, 314 cod. pen.; 61 n. 2, 81 e 640 bis cod. pen. (di cui ai capi d’imputazione
1), 4), 8), 13), 27), 28), 29), 30), 35), 36), 38 bis) e 38 ter), comuni ad
entrambi; 31), 32), 33) e 34) per la sola Feliciotto; 2), 3), 6), 7), 10), 11), 16),
17), 18), 19), 20), 21), 22), 23), 24), 25) e 26) per il solo Sauta), per avere
fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una
pluralità di reati di peculato e truffa aggravata, commessi mediante il
percepimento di denaro pubblico a seguito della presentazione di progetti di corsi
e del successivo deposito di documentazione mendace; nonché per avere
concorso nella consumazione dei relativi anzidetti reati fine.
Rilevava il Tribunale come gli elementi acquisiti durante le indagini avessero
dimostrato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati,
anche se i fatti oggetto di addebito rubricati ai sensi dell’art. 314 cod. pen.
dovevano essere qualificati in termini di truffa aggravata e non anche di
peculato, in quanto l’erogazione di fondi regionali in misura maggiorata era
avvenuta, anche per le quote di acconto, sulla base di quanto chiesto e
rappresentato fraudolentemente dalla associazione beneficiaria.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Messina il quale, sottolineata l’esistenza del proprio
interesse ad impugnare, ha denunciato la violazione di legge, in relazione agli
artt. 640, 640 bis e 314 cod. pen., ed il vizio di motivazione, per avere il
Tribunale del riesame erroneamente qualificato i fatti oggetto di accertamento
giudiziale, posto che per le somme ricevute dall’associazione, alla cui operatività
i coniugi Sauta e Feliciotto avevano in varie vesti contribuito, a titolo di primo e
di secondo acconto,erano state liquidate senza alcuna verifica da parte degli
uffici regionali, chiamati ad effettuare un controllo solo sulla documentazione
giustificativa delle spese sostenute, prodotta in sede di rendicontazione con la
richiesta finale, talché le somme del finanziamento pubblico ricevute
dall’indagato, oggetto di appropriazione, erano già entrate nel possesso o nella
disponibilità dell’incaricato di pubblico servizio, e la successiva condotta di
2

Feliciotto e di Elio Sauta in relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen.; 81,

produzione di documentazione fraudolenta non era stata finalizzata a permettere
quell’appropriazione ma a giustificarla formalmente ex post.

3. Contro la stessa ordinanza hanno presentato ricorso anche il Sauta e la
Feliciotto, con atto sottoscritto dal loro difensore avv. Alberto Gullino, i quali
hanno dedotto i seguenti tre motivi.
3.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 191, 405, 406 e 407 cod. proc.
pen., e vizio di motivazione, per avere il Collegio del riesame erroneamente

scadenza del termine di durata delle indagini.
3.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 416, 640 bis, 316 ter e 323 cod.
pen., 292 e 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza e
illogicità, per avere il Tribunale confermato il provvedimento genetico della
misura senza rispondere alle specifiche censure mosse dalla difesa in ordine alla
configurabilità dei reati di associazione e di truffa aggravata a carico dei due
indagati e per avere errato nella qualificazione giuridica dei fatti oggetto di
addebito.
3.3.Violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e vizio
di motivazione, per mancanza o illogicità, per avere il Tribunale
ingiustificatamente sostenuto l’esistenza del pericolo di recidiva, senza spiegare
la ragione per la quale gli indagati non avrebbero potuto beneficiare
dell’applicazione di una misura cautelare meno rigorosa.

4. Ritiene la Corte che i ricorsi siano inammissibili.

4.1. In astratto vi sarebbe stato l’interesse del P.M. ad impugnare in quanto la
questione della corretta qualificazione giuridica dei fatti accertati avrebbe potuto
avere, nel caso di specie, rilevanti effetti pratici, incidendo sul computo del
termine di durata della custodia cautelare (in senso conforme Sez. 6, n. 48764
del 06/12/2011, Pmt in proc. Leone, Rv. 251569, in relazione ad una fattispecie
nella quale era stato impugnato un provvedimento con cui l’originario reato di
concussione era stato `derubricato’ in quello di violenza privata; e, con
riferimento ad una ipotesi nella quale la questione concerneva la sussistenza di
una circostanza aggravante ad effetto speciale, dal cui riconoscimento sarebbe
potuta conseguire una più lunga durata dei termini di custodia, Sez. 1, n. 25949
del 27/05/2008, P.M. in proc. Minotti e altri, Rv. 240464; contra la sola Sez. 6,
n. 18091 del 08/03/2011, PM in proc. Bellavia, Rv. 250270).
Tuttavia, tale interesse non è più attuale, in quanto gli indagati – dopo la
presentazione del ricorso – sono stati rimessi in libertà, talchè è venuto meno il

3

919-1

disatteso l’eccezione di inutilizzabilità degli atti di investigazione compiuti dopo la

bisogno di verificare la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti ai fini
della individuazione del termine di durata della custodia cautelare.

4.2. Anche i ricorsi degli indagati sono inammissibili, avendo gli stessi
rinunciato all’impugnazione per sopravvenuta revoca della misura cautelare a
suo tempo applicata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti privati al pagamento in favore

favore della cassa delle ammende, tenuto conto che la rinuncia all’impugnazione
è ascrivibile ad una sopravvenuta carenza di interesse dovuta a circostanze non
imputabili ai prevenuti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 12/02/2014

dell’erario delle spese del presente procedimento ed a quello di una somma in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA