Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10617 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10617 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Spinelli Elisa, nata a Paglieta il 02/02/1944

avverso il decreto del 16/11/2012 della Corte di appello dgY;Aquila ;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Piero Gaeta, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il decreto sopra indicato la Corte di appello da’Aquila confermava il
provvedimento del 12/05/2011 con il quale il Tribunale di Pescara aveva disposto
nei confronti di Elisa Spinelli l’applicazione della misura di prevenzione
patrimoniale della confisca di una serie di beni immobili e di autovetture intestati
ovvero nella disponibilità della prevenuta.

Data Udienza: 12/02/2014

Rilevava la Corte di appello come il valore di tali beni immobili – posto che in
relazione all’ablazione delle autovetture non era stata formulata alcuna doglianza
– fosse risultato sproporzionato al reddito dichiarato ovvero alle attività
economiche svolte dalla Spinelli e dal di lei marito Carmine Bevilacqua, i quali
non erano stati in grado di dimostrare la provenienza lecita del denaro impiegato
per il loro acquisto, talchè era possibile ritenere che gli immobili fossero il frutto
del reimpiego dei proventi delle attività illecite poste in essere dai prevenuti.

dal suo difensore avv. Giancarlo De Marco, la quale – esclusivamente con
riferimento al bene a lei cointestato, vale a dire all’immobile sito in Pescara alla
via Sacco (non essendo stata formulata alcuna censura in ordine alla confisca
degli immobili formalmente intestati a terzi soggetti) – ha dedotto la violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per avere la Corte di
appello confermato il decreto di applicazione della misura di prevenzione della
confisca in assenza dei presupposti legittimanti l’adozione di un siffatto
provvedimento a blatorio.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

3.1. La gran parte delle doglianze formulate dalla ricorrente sono state
avanzate per fare valere asseriti vizi di motivazione del provvedimento gravato,
e, dunque, sono state presentate per ragioni diverse da quelle consentite, tenuto
conto che l’art. 4, comma 1, della legge n. 1423 del 1956 (applicabile anche nei
casi di pericolosità qualificata ai sensi della menzionata legge n. 575 del 1965,
giusta la previsione dell’art. 3 ter) stabilisce che contro i decreti in materia di
misure di prevenzione emessi dalla Corte di appello il proposto possa proporre
ricorso per cassazione esclusivamente per violazione di legge.
E’ esclusa, dunque, la sindacabilità della contraddittorietà ed illogicità
manifesta della motivazione, in altre parole, il controllo di legittimità non si
estende all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del
discorso giustificativo della decisione: sindacato, nel caso di specie, sollecitato
dalla ricorrente, la quale – lamentando la contraddittorietà della motivazione
rispetto alla “documentazione in atti allegata dalla difesa” (pag. 1 del ricorso), la
“illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione agli atti processuali”
(pag. 2 del ricorso), la “illogica ed irrazionale” pretesa che venisse data
dimostrazione di fatti accaduti negli anni Settanta ovvero la “illogica”
qualificazione di rilevanza di un importo utilizzato per l’acquisto di un immobile ha, in pratica, chiesto una inammissibile rivalutazione della prova documentale

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2. Avverso tale decreto ha presentato ricorso la Spinelli, con atto sottoscritto

acquisita durante il procedimento di prevenzione, la cui capacità dimostrativa era
stata già verificata dai giudici di merito.

3.2. Manifestamente infondato appare lo stesso motivo del ricorso nella parte
in cui è stata prospettata “una assoluta mancanza di motivazione” in ordine alla
ritenuta assenza di prove circa la provenienza lecita delle somme utilizzate per
l’acquisto del menzionato immobile sito alla via Sacco di Pescara.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento

delle parti ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze
processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di
quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del
convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da
potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se
non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata (così Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900; Sez. 2, n.
13151 del 10/11/2000, Gianfreda, Rv. 218590). Tanto è accaduto nel caso di
specie nel quale, anche richiamando il tenore della motivazione del decreto
adottato dal Giudice di prime cure, la Corte di appello ha chiarito come
l’affermazione del Bevilacqua di aver svolto per più anni l’attività di commercio di
cavalli, autovetture ed immobili, fosse rimasta generica e sostanzialmente
indimostrata, così come irrilevante ed anch’essa non provata fosse stata
l’indicazione della Spinelli di aver svolto attività di accattonaggio, peraltro in
forme costituenti esse stesse altrettante forme di reato: attività economiche che,
in ogni caso – come hanno efficacemente sottolineato i Giudici di secondo grado
– avrebbero appena consentito ai prevenuti di mantenere la loro numerosa
famiglia e che giammai avrebbero consentito di giustificare l’acquisto, tra il 2005
ed il 2007, oltre che della suddetta abitazione a due piani, di altri tre immobili di
rilevante valore intestati ai due nipoti minorenni Federico e Cristian Bevilacqua, o
alla figlia Violetta.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento in favore
dell’erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo
indicato nel dispositivo che segue.
P.Q.M.

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impugnato non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 12/02/2014

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