Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10609 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10609 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Castelli Giovanni, nato a Catania il 05/09/1977

avverso la ordinanza del 30/07/2013 del Tribunale di Catania

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catania, adito ex art. 309 cod.
proc. pen., confermava l’ordinanza in data 12 luglio 2013 del Giudice per le
indagini preliminari in sede con la quale era stata applicata la misura della
custodia cautelare in carcere a Giovanni Castelli in ordine al reato di
partecipazione ad associazione mafiosa (clan Santapaola-Ercolano di Catania).

Data Udienza: 23/01/2014

2. Il Tribunale osservava che dopo l’emissione a carico del Castelli di una
ordinanza cautelare (in data 24 aprile 2013) per il reato di favoreggiamento della
latitanza di Orazio Magrsi, appartenente a detto clan, erano emersi ulteriori gravi
elementi indiziari tali da far ritenere che il Castelli fosse intraneo a detta
consorteria mafiosa, tanto che era stata emessa nuova ordinanza cautelare
intestata a detto nuovo addebito, che assorbiva il precedente.
In particolare, oltre al dato certo, in quanto ammesso dall’imputato, della
condotta di favoreggiamento della latitanza del Magrì, erano state acquisite le

Santapaola-Ercolano, secondo cui il Castelli aveva il compito stabile di favorire la
latitanza degli affiliati al sodalizio, mettendo loro a disposizione immobili di cui
aveva la disponibilità, ed inoltre si era prestato, sempre nell’interesse del clan e
quale partecipe di esso, e in particolare operando nel sottogruppo facente capo a
Francesco Napoli, a varie attività estorsive ai danni sia dell’agenzia di spedizioni
TNT sia di esercizi commerciali o di imprenditori nel settore dei parchi giochi e
delle giostre.
Le dichiarazioni del La Causa trovavano preciso riscontro nei risultati di
intercettazioni di conversazione, che in particolare evidenziavano che le attività
estorsive erano dal Castelli svolte in collegamento con altro nucleo mafioso,
denominato “Gruppo della Stazione”.

3. Ricorre per cassazione il Castelli, a mezzo del difensore avv. Salvatore
Pace, il quale con un unico motivo denuncia il vizio di motivazione e la violazione
della legge processuale in punto di valutazione dei gravi indizi di reato,
osservando che al di là dell’episodio di favoreggiamento personale in favore del
mafioso Orazio Magd, ammesso dall’indagato, non emergeva alcun dato
significativo circa un suo stabile inserimento nel clan Santapaola-Ercolano,
risultando esclusivamente un legame dovuto a uno stretto rapporto di amicizia
tra il Castelli e il Magrì e normali interessi legati alla sua attività di gestore di
giostre nel lungomare di Catania. Le dichiarazioni del La Causa non potevano
fondare una solida base indiziaria, essendo prive di riscontri.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto deduce considerazioni in punto di
apprezzamento delle risultanze indiziarie che risultano completamente e
logicamente esaminate nella ordinanza impugnata.

dichiarazioni del collaboratore Santo La Causa, esponente di spicco del clan

Contrariamente a quanto dedotto, le affermazioni del collaboratore La Causa
appaiono pienamente riscontrate, oltre che dalle ammissioni del Castelli circa
l’aiuto dato per favorire la latitanza del sodale Magrì, dai risultati delle
intercettazioni di conversazioni, attestanti le condotte estorsive svolte dal
ricorrente per conto del clan e in collegamento con altro gruppo mafioso.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle

determinare in euro mille.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23/01/2014.

ammende che, in relazione alla natura delle questioni dedotte, si stima equo

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