Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10607 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10607 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Gerace Leandro, nato a Cinquefrondi il 17/10/1981

avverso la ordinanza del 06/06/2013 del Tribunale di Milano

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelo
Di Popolo, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Milano, adito ex art. 309 cod.
proc. pen., confermava l’ordinanza in data 3 marzo 2013 del Giudice per le
indagini preliminari in sede (in rinnovazione di precedente ordinanza in data 11
febbraio 2013 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria contestualmente
dichiaratosi incompetente) con la quale era stata applicata la misura della

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Data Udienza: 23/01/2014

custodia cautelare in carcere a Leandro Gerace in ordine a un reato concernente
un narcotraffico.
In particolare, al Gerace è stato contestato il reato di cui agli artt. 81 cpv.,
110 cod. pen., 73, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo N), per avere, in
concorso con altri, ricevuto, trasportato e poi ceduto a Carlo Luciano Macrì circa
un kg. di cocaina (in Brescello, il 7 ottobre 2009); fatto aggravato per avere
concorso nel reato tre o più persone.

cui all’art. 74 T.U. stup. in relazione al quale il G.i.p. aveva ritenuto sussistente
un grave quadro indiziario, osservava che i gravi indizi di colpevolezza a carico
dell’indagato si desumevano dal contenuto di intercettazioni telefoniche
attestanti il suo rapporto sia con un fornitore sudamericano e un intermediario di
questo per l’acquisto di un quantitativo di circa un kg. cocaina sia con
l’acquirente Macrì, che versò il prezzo di euro 38.000.
Quanto alle esigenze cautelari, osservava che per il Cannizzaro,
pluripregiudicato per gravi reati, coinvolto in operazioni illecite di elevato
spessore criminale, e resosi latitante con copertura della famiglia, fino a quando
non si riuscì a rintracciarlo, doveva ritenersi sussistente il pericolo concreto di
reiterazione di analoghi fatti criminosi che imponeva l’adozione della più grave
misura carceraria.

3. Ricorre per cassazione il Gerace, con atto personalmente sottoscritto, con
il quale denuncia la violazione degli artt. 273, comma 1 bis, e 192, comma 3,

cod. proc. pen., osservando che il quadro indiziario era carente, risolvendosi nel
contenuto di conversazioni intercettate arbitrariamente interpretato in senso
accusatorio, in assenza di qualsivoglia ulteriore elemento di conferma.
Quanto alle esigenze cautelari, deduce che non erano stati rispettati i criteri
di adeguatezza, di idoneità e di concretezza del pericolo di recidiva; potendo
bene tale pericolo essere fronteggiato con la misura della custodia domiciliare,
nella specie presso l’abitazione del padre.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso appare inammissibile.

2. Il Tribunale, premesso che al Gerace era stato contestato anche il reato di

2. Le censure in punto di valutazione indiziaria si rivelano del tutto
generiche, a fronte di una motivazione adeguatamente e logicamente espressa
dal Tribunale sulla base del contenuto inequivoco di conversazioni intercettate di
cui si dà puntuale conto, con considerazioni che non risultano specificamente
confutate.

3.

Anche sul versante cautelare, il ricorrente esprime considerazioni

aspecifiche, limitandosi a sollecitare una misura di sottoposizione agli arresti

nell’ordinanza impugnata con le quali si metteva in luce la condotta elusiva posta
in essere dal genitore nel corso delle ricerche tese alla cattura del figlio, che si
era dato alla latitanza.
Peraltro questo aspetto risulta comunque ormai superato dalla successiva
sottoposizione del Gerace al regime domiciliare.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in relazione alla natura delle questioni dedotte, si stima equo
determinare in euro mille.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter,

disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di euro mille in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 23/01/2014.

domiciliari in casa del padre; tra l’altro non replicando alle osservazioni rese

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