Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10604 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10604 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Ramello Adriano, nato a Cuneo il 02/09/1938

avverso la sentenza del 04/12/2012 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Marcello Tardy, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONISIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino riformava
parzialmente, riducendo la pena finale inflitta, e confermava nel resto la
pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale della stessa città aveva
condannato Adriano Ramello in relazione al reato di cui all’art. 317 cod. pen. – in

Data Udienza: 12/02/2014

motivazione riqualificato dalla Corte ai sensi dell’art. 319 quater cod. pen. – per
avere, in Torino tra il mese di giugno ed il 03/10/2003, abusando della qualità e
dei poteri di primario del reparto di nefrologia dell’ospedale Mauriziano Umberto
I, poteri in virtù dei quali poteva concorrere alla scelta ed all’acquisto dei
dispositivi medicali per la nefrologia e la dialisi, indotto Margherita Gaetano,
agente commerciale di zona della ditta Fresenius, a dargli indebitamente la
somma di 950 euro, corrispondenti alle spese per un viaggio e soggiorno a
Berlino sostenute dalla moglie: in particolare dicendole – e mandando a dire, per

Fresenius, le frasi “dica a Gennari che ringrazio e ricordo.., dica a Gennari che4t.
non riuscite ad essere… in qualche modo elastici diventerò anch’io un po’ meno…
elastico, ha capito! Io capisco che chiedo molto… ma alla vostra azienda non ho
mai dato poco eh… aspetto ancora oggi pomeriggio”, in tal modo facendole
intendere che, in caso di rifiuto, avrebbe potuto esercitare ritorsioni sul positivo
proseguimento e sviluppo dei rapporti di fornitura tra quella ditta e l’ospedale.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali avessero
dimostrato la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa
contestata; come il Ramello, abusando dei propri poteri connessi alla veste di
primario di quell’ospedale pubblico, avesse certamente rivestito la qualifica di
pubblico ufficiale; come i dati informativi raccolti avessero escluso che la
Gaetano avesse agito in una posizione di sostanziale parità con l’imputato, talché
doveva escludersi la riqualificazione del fatto accertato in termini di corruzione
propria; ed ancora, come l’entrata in vigore della nuova figura di reato prevista
dall’art. 319 quater cod. pen., introdotta dalla legge n. 190 del 2012, rispetto
alla quale vi era continuità normativa con l’originaria ipotesi criminosa della
concussione per induzione di cui al previgente art. 317 cod. pen., imponesse una
riduzione della sanzione inflitta in ragione dei mutati, meno rigorosi, limiti
edittali di pena stabiliti dalla novella legislativa.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Ramello, con atto sottoscritto
dai suoi difensori avv. Marcello Tardy e avv. Enrico Tardy, il quale, con tre
distinti punti, ha dedotto i seguenti due motivi (potendo essere considerati
congiuntamente, per la loro stretta connessione, la seconda e la terza doglianza
elencate nell’atto di impugnazione).
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 317 e 357 cod. pen., per avere
la Corte di appello erroneamente riconosciuto in capo all’imputato la qualifica di
pubblico ufficiale, laddove nella vicenda il prevenuto aveva agito nella sua veste
privatistica di medico invitato a partecipare, a spese di una ditta costruttrice di
apparecchiature per la dialisi, ad un congresso medico, dunque senza violazione
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il suo tramite, a Renato Gennari, responsabile degli acquisti della ditta

di alcuna norma di diritto pubblico e senza correlazione con le funzioni da lui
esercitate quale medico primario di un ospedale pubblico.
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 317 e 319 cod. pen., e vizio di
motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la
Corte territoriale desunto il presunto carattere “intimidatorio” dell’iniziativa
assunta dall’imputato dal contenuto di un’unica telefonata intercettata il
05/06/2003, relativa ad una richiesta di anticipazione della partenza per Berlino,
dunque avente un contenuto del tutto sganciato dalla successiva dazione di

che era avvenuta nel contesto di un rapporto privo di frizioni o di tensioni, da
parte di una persona che non era stata intimidita, che anzi aveva dovuto
insistere per dare quella somma di denaro, dunque sulla base di paritario
incontro di volontà che avrebbe dovuto condurre a riqualificare il fatto in termini
di corruzione.

2.3. Con memoria depositata il 27/01/2014 i difensori del Ramello hanno
formulato due motivi nuovi, in parte riprendendo la questione della qualifica
soggettiva dell’imputato, di cui all’originario primo motivo del ricorso, in altra
parte, sottolineando come la Gaetano si fosse offerta di versare quella somma di
denaro al Ramello senza alcuna sollecitazione, né senza essere stata sottoposta
ad alcuna forma di minaccia, dunque sulla base di un rapporto paritario tra gli
interessati.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

3.1. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio
secondo il quale, in tema di concussione, mentre la nozione di abuso dei “poteri”
è riferita all’ipotesi in cui la condotta rientra nella competenza tipica dell’agente,
quale manifestazione delle sue potestà funzionali per uno scopo diverso da quello
per il quale sia stato investito delle medesime, quella di abuso delle “qualità”
postula una condotta che, indipendentemente dalle competenze proprie del
soggetto attivo, si manifesti quale strumentalizzazione della posizione di
preminenza dallo stesso ricoperta nei confronti del privato (così, da ultimo, Sez.
6, n. 45034 del 09/07/2010, Pentimalli, Rv. 249030). E’ evidente, d’altro canto,
come tale forma di strumentalizzazione debba, comunque, attenere ad un
possibile, e pure prospettato, esercizio abusivo, da parte dell’agente, dei suoi
poteri di pubblico ufficiale.

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denaro fatta dalla Gennaro al Ramello nel successivo mese di ottobre: consegna

Di tale precisa regula iuris

che continua a conservare la sua validità anche

dopo lo `spacchettamento’, operato dalla legge n. 190 del 2012, delle due forme
di concussione, già previste dall’originario art. 317 cod. pen., e l’introduzione
delle due nuove, distinte, figure della concussione per costrizione, di cui al
riscritto art. 317, e della induzione indebita, di cui al nuovo art. 319 quater cod.
pen., essendo stato riproposto, in entrambe tali disposizioni, l’elemento
costitutivo dell’abuso della qualità o dei poteri – la Corte di appello di Torino ha
fatto corretta applicazione sottolineando come l’imputato Ramello, lungi

all’estero, avesse assunto quell’iniziativa induttiva, oggetto di addebito, nei
confronti dell’agente di zona della ditta Fresenius, proprio abusando della sua
qualità pubblicistica di primario del reparto di nefrologia dell’ospedale Mauriziano
di Torino: avendo chiaramente prospettato all’interlocutrice una
strumentalizzazione del suo ruolo e della sua posizione all’interno di quella
pubblica amministrazione, legata alla ditta Fresenius da contratti di acquisto di
dispositivi medicali per la nefrologia e la dialisi, ed evidentemente interessata ad
operare analoghi altri acquisti ovvero il “riscatto” di apparecchiature già ricevute,
dispositivi alla cui scelta il Ramello avrebbe concorso proprio nell’esercizio di quei
suoi poteri di pubblico ufficiale (v. pagg. 22-30 sent. impugn.).

3.2. Il secondo ed il terzo dei motivi del ricorso presentato nell’interesse del
Ramello sono inammissibili perché formulati per fare valere ragioni diverse da
quelle consentite dalla legge.
Il ricorrente solo formalmente ha indicato, come motivo della sua
impugnazione, i vizi di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione della decisione gravata, ma non ha prospettato alcuna lacuna
argomentativa, né alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilità
delle premesse dell’argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza,
ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni; né
è stata lamentata una incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti
per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle
carte del procedimento.
Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello
di Torino aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante l’istruttoria
dibattimentale di primo grado e, in specie, al contenuto delle conversazioni
intercettate nel corso della fase delle indagini. E, tuttavia, bisogna rilevare come
il ricorso, lungi dal proporre un ‘travisamento delle prove’, vale a dire una
incompatibilità tra l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il
contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica
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dall’agire come mero privato interessato alla partecipazione ad un congresso

dell’intera motivazione, è stato presentato per sostenere, in pratica, un’ipotesi di
‘travisamento dei fatti’ oggetto di analisi, sollecitando un’inammissibile
rivalutazione dell’intero materiale d’indagine, rispetto al quale è stata proposta
dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte
territoriale nell’ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed
esauriente.
Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio
di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett.

mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di ‘travisamento
della prova’, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il
proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova
obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto
permesso dedurre il vizio del ‘travisamento del fatto’, stante la preclusione per il
giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che,
in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione
estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli
elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (così, tra le
tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048
del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Uguali considerazioni valgono per il contenuto delle conversazioni captate dagli
inquirenti, per il quale resta un mero problema di interpretazione delle frasi e del
linguaggio usato dai soggetti interessati a quei colloqui, che è questione di fatto,
rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di
legittimità se – come nella fattispecie è accaduto – la valutazione risulta logica in
rapporto alle massime di esperienza utilizzate (in questo senso Sez. 6, n. 17619
del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724).
La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede una stringente e
completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta
illogicità, né alcuna violazione delle norme di diritto penale sostanziale applicate:
avendo la Corte piemontese analiticamente spiegato come, già nel giugno del
2003, il Ramello, lamentando la scarsa “elasticità” dell’interlocutrice, avesse
assunto un atteggiamento larvatamente ‘ricattatorio’ nei confronti della Gaetano
(con la quale, già in quella occasione, si era discusso dell’impossibilità per la
società sponsorizzatrice di fare fronte alle spese della coniuge accompagnatrice),
rappresentante commerciale in zona della Fresenius, ricordandole quanto in
passato, proprio come primario dell’ospedale più volte menzionato, aveva già
fatto per quella ditta e quanto ancora in futuro avrebbe potuto fare per garantire

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e), cod. proc. pen., ad opera dell’art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46,

altri contratti di fornitura in favore di quel nosocomio; come la forza intimidatrice
del pubblico ufficiale verso il privato avesse continuato ad essere esercitata
quando, nei mesi successivi, si era posto il problema del rimborso delle spese
(950 euro circa) sostenute dalla moglie dell’imputato, che pure aveva
accompagnato il coniuge (che ben sapeva che quelle spese non gli potevano
essere rimborsate) al convegno svoltosi a Berlino in giugno; e come la Gaetano,
a fronte della indisponibilità del direttore commerciale della Fresenius a
soddisfare quella pretesa indebita ed a risolvere quella che, per la donna era
diventata una “rognetta”, si fosse sentita condizionata dall’atteggiamento

Fresenius”), tanto da determinarsi, in uno stato di palese assoggettamento
psicologico – dunque in una posizione impari rispetto a quella del pubblico
ufficiale, tale da escludere la possibilità di una riqualificazione dei fatti in termini
di corruzione – a consegnare al medico i 950 euro in contanti per riconquistare la
“benevolenza” del sanitario e per evitare il pregiudizio derivante dalla
subdolamente prospettata riduzione di ordini di acquisto, da parte dell’ente
ospedaliero, dei dispositivi medicali da ella commercializzati: tanto che, dopo
aver “intascato” la busta con il denaro, il Ramello aveva significativamente
proseguito la discussione con la Gaetano parlando della possibilità che l’ospedale
Mauriziano provvedesse a riscattare alcune apparecchiature predisposte dalla
Fresenius e dell’eventualità di concludere ulteriori contratti con tale ditta (v.
pagg. 25 ss. sent. impugn.).

4. Quanto alla richiesta difensiva di declaratoria della prescrizione del reato, va
rilevato come la stessa, maturatasi il 03/10/2013 (in ragione del mutato e meno
rigoroso regime sanzionatorio introdotto dall’art. 319 quater cod. pen.), dunque
in epoca posteriore alla adozione della sentenza di appello, non possa essere
dichiarata in ragione dell’accertata inammissibilità del gravame.
Sul punto questo Collegio non ha motivo per disattendere il consolidato
principio di diritto secondo il quale l’inammissibilità del ricorso per cassazione,
non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude ogni
possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, persino se maturata in data
anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da
quel giudice (così, da ultimo, Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv.
231164; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, RV. 217266).

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
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abusivo del primario (che aveva lamentato di non essere più “trattato bene dalla

delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 12/02/2014

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