Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10603 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10603 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Coccia Lino, nato a Milano il 02/04/1971

avverso la sentenza del 23/11/2012 della Corte di appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Andrea Di Renzo, che ha concluso chiedendo
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONISIDEFtATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Ancona riformava
parzialmente, riducendo la pena finale inflitta, e confermava nel resto la
pronuncia di primo grado del 01/12/2008 con la quale il Tribunale di Ascoli
Piceno, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Lino Coccia in relazione

Data Udienza: 12/02/2014

ai reati di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen. (capo A), 110, 582, 585, 576, n. 1 e
61 nn. 2 e 10 cod. pen. (capo B), per avere, in Ascoli Piceno il 19/05/2007, in
concorso con tal D’Angelo, usato violenza nei confronti degli agenti di polizia
Giuseppe Tempestilli e Cesare De Berardino – che avevano fermato i due
imputati mentre erano in auto e che stavano procedendo ad un controllo di
polizia – minacciandoli e cagionando loro lesioni personali di varia natura.
Rilevava la Corte di appello come fosse evidente che il Coccia avesse agito con
la coscienza e volontà di porre in essere le condotte integranti le due ipotesi di

della non particolare gravità dei fatti.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Coccia, con atto sottoscritto
personalmente, il quale, con due distinti punti – ripresi e sviluppati nella
ulteriore memoria difensiva depositata il 09/01/2014 – ha dedotto la violazione
di legge ed il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di
pronunciarsi in ordine a due specifiche doglianze formulate con una memoria
difensiva, depositata in cancelleria il 15/11/2012, riguardanti la mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’assenza del dolo
necessario per la configurabilità del delitto di cui all’art. 337 cod. pen.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, sia pure nei limiti di seguito
precisati.

3.1. Il primo motivo del ricorso è fondato, avendo la difesa dell’imputato, con
la citata memoria depositata nella cancelleria prima dell’udienza di trattazione
dell’appello, formulato una specifica richiesta motivata di concessione delle
circostanze attenuanti generiche che la Corte distrettuale ha del tutto omesso di
considerare. Né era di ostacolo il fatto che il riconoscimento di quelle circostanze
non fosse stato espressamente richiesto con l’appello, in quanto è consolidato,
nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo il quale, poiché l’art. 597,
comma 5, cod. proc. pen. consente al giudice d’appello di applicare d’ufficio le
attenuanti generiche, l’omessa deduzione con i motivi di impugnazione di
specifiche doglianze circa la mancata concessione in primo grado delle attenuanti
predette non lo esime dall’obbligo di motivarne il diniego, ove l’interessato abbia
specificamente indicato gli elementi posti a fondamento della richiesta (così, ex
multis, Sez. 2, n. 8418 del 02/06/1998, Maodo, Rv. 211189)
La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata limitatamente a tale
punto, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello dell’Aquila.

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reati, e come la pena irrogata potesse essere ridotta esclusivamente in ragione

3.2. Il secondo motivo del ricorso, invece, è inammissibile perché presentato
per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
La sentenza impugnata ricostruisce in fatto la vicenda con motivazione
esaustiva (anche collegabile a quella della conforme decisione di primo grado),
immune da vizi logici e strettamente ancorata alle emergenze processuali, sicché
può ritenersi definitivamente acclarato che il Coccia rivolse ai due agenti di
polizia, che lo avevano fermato mentre era alla guida della sua auto, pesanti

meglio descritte nell’imputazione contestata, allo scopo di impedire il
compimento dell’atto di ufficio cui i due agenti erano impegnati/ finalizzato, tra
l’altro, ad impedire che il fermato potesse rimettersi alla guida della sua vettura.
I rilievi formulati al riguardo dal ricorrente si muovono nella prospettiva di
accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in
non consentite censure in fatto all’iter argomentativo seguito dalla sentenza di
merito, nella quale, per altro, v’è una adeguata risposta a detti rilievi, in tutto
sovrapponibili a quelli già sottoposti all’attenzione della Corte territoriale.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla riconoscibilità delle (circostanze ,
attenuanti generiche e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello
dell’Aquila.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 12/02/2014

minacce e usò nei loro riguardi violenza, causando ai due poliziotti le lesioni

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