Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 106 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 106 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Napoli
nei confronti di:
Di Silvio Leonardo n. il 12/9/1985
avverso la sentenza n. 1194/2014 pronunciata dal Tribunale di Napoli
Nord il 15/10/2014;
sentita nella camera di consiglio del 11/12/2015 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. R. Finocchi Ghersi, che ha richiesto la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 15/10/2014, il Tribunale di Napoli Nord ha disposto l’applicazione, nei confronti di Leonardo Di Silvio, su richiesta congiunta
dell’imputato e del pubblico ministero, della pena di quattro mesi e di euro
600,00 di multa, in relazione al reato di detenzione, ad evidenti fini di spaccio, di
20 grammi lordi di eroina, accertato in Villa Literno in data 15/10/2014.
Avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione il procuratore
generale presso la corte di appello di Napoli, rilevando la violazione dell’art. 73,

dice a quo, avendo quest’ultimo erroneamente riconosciuto il ricorso dell’ipotesi
di lieve entità del fatto sulla base di un percorso motivazionale apodittico e pur
in presenza di una considerevole quantità di sostanza stupefacente detenuta
dall’imputato (pari a 20 grammi lordi di eroina).
Sulla base di tali motivi di ricorso, il procuratore generale presso la corte
territoriale ha invocato l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza con
la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord per l’ulteriore corso del procedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato.
Osserva il collegio come l’argomentazione concretamente sollevata dal procuratore ricorrente a sostegno dell’impugnazione proposta attenga al preteso errore, in cui sarebbero incorsi le parti e il giudice autore della sentenza impugnata, nella qualificazione giuridica del fatto contestato.
Sul punto, in tema di patteggiamento, rileva questa corte come l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle
parti e recepito dal giudice, può essere certamente denunciata in sede di legittimità, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante, ai
sensi dell’art. 606, lett. b) c.p.p. (Cass., Sez. 5, n. 14314/2010, Rv. 246709)
Occorre, peraltro, rilevare che alla corte di legittimità non è consentito spingersi all’esame nel merito dei fatti sottoposti alla verifica del primo giudice, potendo unicamente limitarsi al controllo della logica configurazione concettuale del
fatto, così come prospettata dall’accordo delle parti e recepita nella descrizione
dello stesso fatto nella motivazione della sentenza.
Al riguardo, varrà evidenziare come, in relazione a una sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti, la possibilità di ricorrere
per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto dev’essere limitata ai
casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo

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comma 5, d.p.r. n. 309/90 e il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giu-

sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre dev’essere esclusa tutte le
volte in cui la diversa qualificazione prospettata dal ricorrente presenti margini di
opinabilità (Cass., Sez. 4, n. 10692/2010, Rv. 246394).
Nel caso oggetto dell’odierno esame, deve ritenersi certamente sussistente il
ricorso di larghi margini di opinabilità, nella considerazione oggettiva del fatto, in
cui la qualificazione del fatto di spaccio di stupefacenti come ‘di lieve entità’ (o
meno) appare insuscettibile dell’essere giudicata come espressiva di un errore
‘manifesto’ (tale da trasformare, l’accordo sulla pena, in un accordo sul reato),

tata riconduzione, alla ridetta fattispecie criminosa, del fatto così come descritto
nella motivazione sentenza impugnata, non caratterizzata dal vizio di manifesta
illogicità che solo rileva in questa sede.
Tanto appare sufficiente ai fini del riscontro della radicale infondatezza
dell’odierno ricorso, con il conseguente relativo integrale rigetto.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11/12/2015.

apparendo viceversa pienamente lineare e coerente, sul piano logico, la prospet-

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