Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10591 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 10591 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BISCOTTI MARCO N. IL 02/03/1961
avverso la sentenza n. 332/2013 GIP TRIBUNALE di MONZA, del
09/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/se ite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi dif sor Avv.;

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Data Udienza: 16/10/2013

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FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Marco Biscotti, avverso la sentenza del Gup del Tribunale di Monza, in data
9 gennaio 2013, con la quale gli è stata applicata, i sensi dell’articolo 444 c.p. p., la pena concordata con il
Pubblico ministero in ordine
-al reato continuato di concorso nella falsificazione di autorizzazioni amministrative e al reato, pure
continuato, di falsità ideologica in atto pubblico, commesso in qualità di incaricato di pubblico servizio,
essendo il dipendente comunale addetto, in veste di responsabile, al forno crematorio presso il cimitero di
Cinisello Balsamo (capo A);
-al reato di corruzione continuata (capo C).
Fatti commessi dal 6 dicembre 2007 al 31 dicembre 2010.
Deduce
1)

il vizio della motivazione in ordine al mancato proscioglimento nel merito, ai sensi dell’articolo 129
c.p. p.

a.0
In particolare il giudice avrebbe dovuto motivare, quanto vr: eato di cui al capo A) in ordine alla
idoneità della condotta, eseguita con sistema del previo sbianchettamento di parti
dell’autorizzazione, a costituire falso penalmente rilevante nonostante la grossolanità di esso.
Tale tecnica, infatti, è immediatamente percepibile anche da persona del tutto sprovveduta sicchè
la condotta è inoffensiva.
Le argomentazioni appena sviluppate avrebbero dovuto condurre anche a rilevare la inesistenza di
qualsiasi artificio o raggiro, idoneo ad integrare il reato di truffa di cui al capo B);
2)

il vizio della motivazione con riferimento alla statuizione della confisca disposta, ai sensi
dell’articolo 322 ter e 640 quater c.p. , per un importo di 61.955,12 euro, in relazione al profitto del
reato di truffa in danno del Comune.
Il giudice non aveva spiegato attraverso quale ragionamento l’entità del profitto era stata
determinata.
O meglio, il profitto individuato dal giudice era quello realizzato dal coimputato Boschiroli (titolare
dell’impresa funebre) per il minore introito di denaro da parte del Comune, a causa della condotta
truffaldina.
Invece, il profitto realizzato dal ricorrente era pari a cifre che variavano tra 100 e 300 euro per
gruppi di cremazione.
In conclusione, la cifra già versata dall’imputato al Comune, pari a € 15.000, avrebbe dovuto
ritenersi esaustiva rispetto al danno lamentato nei suoi confronti o, comunque, il danno individuato
dal giudice avrebbe dovuto essere imputato al ricorrente nella misura del 50%, non essendogli
addebitabile anche la quota del coimputato Boschiroli.
A ciò si aggiunge che imputato si trova in regime di comunione dei beni con il coniuge, che la
disposta confisca non può aggredire anche beni propri di quest’ultimo e comunque beni acquisiti
precedentemente al reato e non attualmente funzionali alla ripetizione dello stesso, a seguito del
provvedimento cautelativo di sospensione dell’imputato dalla funzione pubblica ricoperta.

Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il parziale accoglimento del ricorso e, precisamente,
annullarsi la sentenza per essere fondato il secondo motivo.

2.__

– al reato di concorso in truffa aggravata ai danni del Comune menzionato (capo B);

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,

Il ricorso è inammissibile perché fondato su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte alla
Cassazione.
Il primo motivo è inammissibile in base alla costante giurisprudenza di questa Corte che esclude la
possibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento, formulato prospettando un
vizio di motivazione, se, dal testo della sentenza impugnata, non appaia evidente la sussistenza delle cause
di non punibilità di cui all’art.129 cpp ( v. tra le molte, rv 215071) . A tanto va aggiunto che, nel giudizio di
applicazione della pena su richiesta delle parti, poiché l’accordo negoziale si estende alla qualificazione
giuridica del fatto contestato, e non può essere richiesto al giudice di motivare in ordine a tale elemento
che non abbia formato oggetto di rilievi nella sede propria (Rv. 213633).
tecnica dello “sbianchettare”, che, in base alla costante giurisprudenza / rientra fra le condotte penalmente
rilevanti ai sensi dell’art. 476 c.p.( v. 232567).
Basta osservare, infatti, che quando la modificazione materiale dell’atto, pur se immediatamente
riconoscibile da chiunque, consista nella sovrascrittura o nella cancellazione e successiva riscritturazione di
una o più parole o cifre, può essere o apparire una correzione compiuta dallo stesso compilatore e non
necessariamente apprezzata come condotta di dolosa falsificazione ( vedi tra le molte, rv 173199).
Il secondo motivo di ricorso è pure inammissibile.
La confisca di cui il ricorrente si duole nel quantum , è stata disposta dal Gup, nella forma da eseguire su
beni dell’imputato, mobili o immobili, equivalenti per valore a quello che è stato individuato come il
profitto del reato di truffa aggravata di cui al capo B).
Ed infatti è lo stesso Gup a citare tale capo B), relativo appunto alla contestazione di truffa aggravata,
nonchè la norma dell’art. 640 quater cp , che prevede la estensione della disciplina della confisca per
equivalente — inserita dallo stesso legislatore del 2000, nel capo dei delitti contro la pubblica
amministrazione, all’art. 322 ter cp – anche ai reati contro il patrimonio mediante frode, in essa
specificamente elencati.
E’ noto che le Sezioni unite di questa Corte, seguite dalla successiva giurisprudenza a sezioni semplici,
hanno affermato che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca, disposto nei confronti della persona
sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall’art. 640 quater cod. pen. può avere ad oggetto beni per
un valore equivalente non solo al prezzo, ma anche al profitto del reato, in quanto la citata disposizione
richiama l’intero art. 322 ter cod. pen. (Sez. U, Sentenza n. 41936 del 25/10/2005 Cc. (dep. 22/11/2005 )
Rv. 232164; conformi, Rv. 237608; Rv. 236784).
Tanto premesso, e non contestato neppure dal ricorrente, va poi osservato che, dunque, può riconoscersi
che il Gup ha deciso in linea con i principi enunciati dalle Sezioni unite, quando ha disposto la confisca di
beni dell’imputato quali equivalente del profitto del reato di truffa, al medesimo addebitato, sia pure in
concorso.
Al riguardo, occorre infatti precisare che il Biscotti ha patteggiato la pena non solo in relazione al reato di
corruzione ma anche a quello di concorso, con Boschiroli, nella truffa continuata perpetrata ai danni del
Comune: una truffa che, stando alla formulazione del capo di imputazione che ha formato oggetto
dell’accordo delle parti sulla pena, ha fruttato, ai concorrenti nel reato, un profitto quantificato nella misura
complessiva di euro 76955,12.
Pertanto, risulta eccentrica l’osservazione della difesa che richiede di parametrare l’entità della confisca
non già a tale profitto del reato di truffa ma al diverso dato rappresentato dal prezzo per la commissione
del reato di corruzione di cui al capo A).

3

Nel caso di specie, oltretutto, si deduce quale causa, trascurata, di proscioglimento nel merito, il ricorso alla

Deve pure osservarsi, quanto alla generica affermazione dell’impugnante a proposito del regime di
comunione legale dei beni stabilito con la moglie, e alla allegazione che il coimputato Boschiroli, giudicato
separatamente con rito abbreviato, sarebbe stato destinatario di analogo provvedimento di confisca per
equivalente del medesimo importo, che tali evenienze avrebbero potuto esplicare effetti ai fini della
rideterminazione del quantum, nei confronti del ricorrente.
Infatti, è ormai diffuso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il sequestro, funzionale alla confisca
per equivalente ,ove riguardi un bene in comproprietà tra l’indagato ed un terzo estraneo, può essere
disposto per l’intero quando sia comunque nella disponibilità del reo o si tratti di bene indivisibile o ne
sussistano comprovate esigenze di conservazione mentre, negli altri casi, dev’essere contenuto entro la
analogamente Rv. 238569).
Inoltre, in una recente sentenza si è affermato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per
equivalente del profitto o del prezzo del reato (nella specie, di corruzione) può incidere
contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti nel reato, senza, però,
poter complessivamente eccedere il valore del suddetto prezzo o profitto e ciò perché il sequestro
preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca (Sez. 6, Sentenza n. 28264 del
26/03/2013 Cc. (dep. 28/06/2013) Rv. 255610).
Peraltro è innegabile che i principi di diritto appena enunciati non risultano direttamente applicabili al caso
di specie perché non appaiono acclarati i correlati presupposti di fatto, tenuto conto che costituisce una
mera asserzione del ricorrente quella relativa alla esistenza di altri provvedimenti di confisca per
equivalente disposti nei confronti del coknputato nel medesimo reato.
Ugualmente, il tema della comunione dei beni è solo allegato e non accertato e potrà essere fatto valere
dalla interessata in sede di incidente di esecuzione (Sez. 6, Sentenza n. 29124 del 02/07/2012 Cc. (dep.
18/07/2012) Rv. 253180).
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso il 16 ottobre 2013

Il Preside(n2t2

il Cons. est.

quota di proprietà dell’indagato sulla quale la successiva confisca è destinata ad operare (Rv. 249539;

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