Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10567 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 10567 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Triolo Giuseppa, nata a Palermo il 07/03/1955

avverso la sentenza emessa il 24/10/2012 dalla Corte di appello di Palermo

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Antonello Mura, che ha concluso chiedendo (esclusa l’aggravante di cui all’art.
625 n. 7 cod. pen.) l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per
mancanza di querela

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Giuseppa Triolo ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza di condanna della stessa Triolo emessa dal Tribunale di Palermo, in data 10/06/2011 – alla pena di mesi 6 di

Data Udienza: 03/10/2013

reclusione ed euro 160,00 di multa, per il delitto di furto aggravato (commesso
in ipotesi dalla Triolo presso un esercizio commerciale).
La difesa lamenta omessa motivazione, nonché inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale, con riguardo alla ritenuta ravvisabilità nel caso
di specie dell’aggravante ex art. 625 n. 7 cod. pen.: la Corte 19rritoriale si
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sarebbe infatti limitata a dare atto che non risultava contestata – la circostanza
dell’intervenuta attivazione del dispositivo antitaccheggio, in virtù della quale il
personale preposto era intervenuto per controllare gli acquisti realmente

una specifica doglianza circa la possibilità di ritenere che, in presenza di siffatti
dispositivi, sia comunque configurabile l’aggravante de qua.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
La Corte di appello ha infatti ribadito che la circostanza sopra ricordata deve
intendersi ricorrere per il solo fatto della esposizione di merce in vendita nei
banconi o sugli scaffali di un esercizio commerciale (affermando pertanto, sia
pure implicitamente, che non può rilevare la predisposizione di dispositivi
antitaccheggio). Non si ravvisa, pertanto, la lamentata carenza motivazionale;
né, sul piano della corretta applicazione della legge sostanziale, l’interpretazione
offerta dai giudici di merito appare censurabile.
Come recentemente ribadito nella giurisprudenza di questa stessa Sezione,
infatti, «integra il reato di furto aggravato dall’esposizione della cosa alla
pubblica fede la sottrazione, all’interno di un esercizio commerciale, di prodotti
dotati di placca antitaccheggio, in quanto tale dispositivo, consistendo nella mera
rilevazione acustica della merce occultata al passaggio alle casse, non consente il
controllo del percorso della merce dal banco di esposizione alla cassa e, quindi,
non comporta il controllo a distanza che esclude l’esposizione della merce alla
pubblica fede» (Cass., Sez. V, n. 24862 del 25/02/2011, Leopoldo, Rv 250914).
Nella motivazione della pronuncia appena ricordata viene chiarito che la
decisione si pone «in consapevole contrasto con la contraria opinio espressa
dalla Seconda Sezione di questa Corte regolatrice con sentenza del 25/09/2009
n. 38716, Rv 245300. In quest’ultima occasione, il Supremo Collegio ha ritenuto
che l’aggravante non sia configurabile, in quanto il dispositivo in questione,
consentendo la tracciatura della merce nei locali del supermercato, integra un
sistema di controllo a distanza che impedisce di ritenere che la merce stessa sia
esposta alla pubblica fede. In primo luogo, in punto di fatto, non è condivisibile il

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effettuati dalla cliente, quando invece nei motivi di appello era stata sviluppata

rilievo secondo cui il sistema di che trattasi consentirebbe la tracciatura ed il
controllo a distanza della merce. Come si è detto, l’espediente di difesa del bene
consiste solo nella rilevazione acustica della merce ove sia stata occultata al
passaggio alle casse e, dunque, sottratta al pagamento. Il sistema di
funzionamento, attivo solo in uscita, non consente, dunque, di monitorare il
percorso della merce dal banco di esposizione sino alle casse e non presenta,
pertanto, alcuna caratteristica che lo renda, oggettivamente o concettualmente,
incompatibile con la ratio di previsione dell’aggravante in oggetto. Si consideri,

qualsiasi modo, del suo funzionamento, il capo di abbigliamento può essere
tranquillamente portato fuori dall’esercizio commerciale, sfuggendo in tal modo
all’impianto di rilevazione. Si tratta, allora, di un sistema di tutela del patrimonio
che non esclude la configurabilità dell’aggravante, alla stessa stregua di un
comune impianto di antifurto installato in autovettura, la cui presenza agevolmente neutralizzabile da chi sia dotato di particolare perizia – non è,
notoriamente, ostativa alla configurabilità della stessa aggravante».
Il collegio ritiene di aderire

in toto alle argomentazioni riportate, da

intendersi qui confermate ed espressamente condivise.

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell’imputata al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 03/10/2013.

d’altronde, che, in caso di strappo della placca o di indebita disattivazione, in

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