Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10530 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10530 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAVARESE GIOACCHINO N. IL 08/03/1965
avverso l’ordinanza n. 595/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
30/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. i

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Uditi difen6r Avv.;

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Data Udienza: 27/11/2013

Ritenuto in fatto.

-2- Deduce il ricorrente l’erronea applicazione della legge penale, con riguardo, sia alla
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, dedotti solo sulla base di un riconoscimento
fotografico, sia al tipo di misura disposta, laddove lo stato di tossicodipendente dell’indagato
e l’esigenza dello stesso di proseguire presso il Sert del luogo di residenza il programma
terapeutico già avviato, avrebbe dovuto indurre ad applicare una misura meno afflittiva,
come gli arresti domiciliari.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità, alla luce dell’ampia, coerente e
condivisibile motivazione che caratterizza il provvedimento impugnato.
-1- Manifestamente infondato è il primo dei motivi proposti, atteso che il riconoscimento
fotografico, nel caso di specie proveniente, secondo quanto sostiene il ricorrente, dalla stessa
persona offesa, può ben costituire elemento indiziario grave, idoneo ad essere utilizzato ai
fini dell’adozione della misura coercitiva. La doglianza presenta, d’altra parte, elementi di
evidente genericità, laddove non indica le ragioni per le quali tale riconoscimento non
sarebbe “per nulla certo”. Genericità che, peraltro, sembra caratterizzare, almeno fino al
momento, l’intera impostazione difensiva del Savarese, laddove si consideri che, come
rilevato dal giudice del riesame, l’indagato -che non ha reso dichiarazioni di sorta e non si è
presentato all’udienza del tribunale- neanche ha svolto, attraverso il difensore, motivi scritti
e nulla ha argomentato, quindi, in ordine alla tenuta dell’impianto accusatorio.
-2- Infondato è, altresì, il motivo di ricorso proposto con riferimento alle esigenze di
cautela ed alla scelta della misura coercitiva.
Sul punto, si è ampiamente diffuso il giudice del riesame che ha legittimamente ritenuto
che non vi fossero le condizioni anche solo per adottare una misura custodiale meno
afflittiva di quella disposta dal Gip.
Ha, cioè, condivisibilmente ritenuto lo stesso giudice che:
-le spregiudicate modalità del fatto,
-la scelta di una vittima debole, come una donna anziana ed incapace di reagire o di
sottrarsi all’aggressione,
-l’immediata reiterazione di analogo proditorio attacco ai danni di altra vittima,
-i dati riportati nel certificato penale, che registrano ben quattordici iscrizioni, che indicano
il Savarese quale soggetto dedito ai delitti contro il patrimonio,
-la mancanza di qualsiasi attività lavorativa,
dovessero ritenersi indicativi di una scelta di vita del Savarese, probabilmente irreversibile,
protesa a procacciarsi con i proventi del delitto i mezzi del proprio sostentamento e del
fabbisogno di droga e di alcol.
Di qui la necessità, per evitare il pericolo di reiterazione, di ricorrere ad un’adeguata
misura coercitiva.
Giustificata, e comunque ampiamente motivata, è anche la scelta della stessa misura,
laddove il tribunale non ha omesso di considerare lo svolgimento, da parte dell’indagato, di
un programma di recupero presso il Sert di residenza -richiamato nel ricorso per giustificare

2_

-1- Savarese Gioacchino ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di
Bologna, del 30 maggio 2013, che ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso il
provvedimento con il quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti
dello stesso per il reato di cui all’art. 625 bis del codice penale.

la richiesta di applicazione degli arresti domiciliari- ed ha motivatamente ritenuto che il
fallimento di tale programma aveva trovato conferma proprio nelle iniziative delittuose delle
quali da ultimo il Savarese si era reso responsabile, a conferma di una personalità aggressiva
ed incapace di autodisciplinarsi, giustamente ritenuta contenibile solo con la più afflittiva
misura custodiale applicata.
Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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