Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 105 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 105 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ALBANESE PLACIDO N. IL 11/01/1947
avverso l’ordinanza n. 889/2011 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
06/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 27/11/2012

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 14.709/2012 R.G. *

Udienza del 27 novembre 2012

Rileva
1. — Con ordinanza, deliberata il 6 dicembre 2011 e depositata
il 12 dicembre 2011, il giudice per le indagini preliminari del
tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento della continuazione tra i reati di traffico di stupefacenti, commesso in
Cardano al Campo il 21 aprile 2008, e i delitti di associazione
finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e di traffico di stupefacenti, commessi in Milano e in
Cardano al Campo dall’autunno 2005 al marzo 2006, per i quali
l’instante Placido Albanese aveva riportato condanna, rispettivamente, giusta sentenze del Tribunale ordinario di Busto
Arsizio, 13 novembre 2008, e del giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Milano, 8 aprile 2009, motivando: destituita di fondamento è la tesi difensiva secondo la
quale la droga sequestrata nel 2008 (oggetto della più recente
condanna) sarebbe il residuo della medesima partita acquistata
nel 2006 e spacciata in quel periodo (oggetto della prima condanna); invero dalla sentenza del Tribunale risulta che si trattava di stupefacente di pessima qualità, definito “sabbia schifosa”, e che Albanese, dopo aver ritirato dal cessionario Giorgio
Loccisano la droga (vendutagli il 6 marzo 2006), la aveva restituita al fornitore Ngadi Rabii; peraltro è inverosimile che il ricorrente detenesse per oltre due anni, più di tre chilogrammi di
stupefacente, a dispetto “dei rischi connessi”; il lasso di tempo
trascorso tra la cessazione del vincolo associativo, pacificamente intervenuta nel giugno 2006, e la più recente condotta delittuosa rende palese che la medesima attiene a un contesto diverso e non costituisce espressione del medesimo originario disegno criminoso.

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Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, dott. Gabriele
Mazzotta, sostituto procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte suprema, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa per le ammende.

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Ricorso n. 14.709/2012 R. G, *

Udienza del 27 novembre 2012

2.1 — Con il primo motivo il difensore denunzia, a’ sensi
dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., manifesta illogicità della motivazione, deducendo: dagli atti del giudizio risulta che il ricorrente acquistò nel 2006 dal grossista albanese circa sei, sette chilogrammi di hashish; che ne restituì al
fornitore la metà; che occultò il resto presso i locali della sua
azienda; tale quantitativo corrisponde a quello sequestrato nel
2008; erroneamente il giudice a qua ha indicato che il 6 marzo
2006 il condannato avrebbe restituito lo stupefacente al grossista, mentre in tale data era stata, invece, effettuata la fornitura.
2.2 — Con il secondo motivo il difensore dichiara promiscuamente di denunciare, a’ sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve
tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione
all’articolo 671 cod. proc. pen. nonché mancanza della motivazione, obiettando: il dato cronologico non é decisivo; la droga
sequestrata nel 2008 è la parte rimasta invenduta della fornitura del 2006; identici sono il contesto territoriale, il luogo della detenzione (la azienda dal ricorrente); e analoghe sono le
modalità dell’azione; sicché immotivato è il diniego della continuazione.

2.3 — Con memoria, recante la data dell’ 8 novembre 2012, redatta personalmente, il ricorrente ribadisce le deduzioni difensive, insistendo per l’accoglimento della impugnazione.
3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa
Corte, con atto recante la data del 30 maggio 2012, obietta: i
motivi dedotti costituiscono censura in punto di fatto della
decisione impugnata, laddove il giudice a quo ha adeguata-

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2. — Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Roberta Minotti, mediante atto
recante la data del 10 febbraio 2012, col quale sviluppa due
motivi.

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Ricorso n. 14.709/2012 R. G. *

Udienza del 27 novembre 2012

mente motivato la negazione della ricorrenza del medesimo disegno criminoso.
4.-11 ricorso è manifestamente infondato.

— né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
— né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice della esecuzione esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, né,
oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
4.2 — Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. — delle ragioni della propria
decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della
plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per
tutte: Case., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Case., Sez. IV, 2 dicembre 2003, n.
4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni
sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
I rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione e del travisamento dei fatti, si sviluppano tutti
nell’orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e
della valutazione del giudice a quo il difensore non offre (così
come impone la osservanza del principio di autosufficienza del
ricorso, v. Sez. IV, 26 giugno 2008, n. 37982, Buzi, massima n.

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4.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di
legge:

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241023; Sez. I, 18 marzo 2008, n. 16706, Falcone, massima n.
240123; Cass., Sez. I, 29 novembre 2007, n. 47499, Chialli,
massima n. 238333; Sez. Feriale, 13 settembre 2007, n. 37368,
Torino, massima n. 237302; Sez. VI, 19 dicembre 2006, n.
21858, Tagliente, massima n. 236689; Sez. I, 18 maggio 2006,
n. 20344, Salaj, massima n. 234115; Sez. I, 2 maggio 2006, n.
16223, Scognamiglio, massima n. 233781; Sez. I, 20 aprile
2006, n. 20370, Siixionetti, massima n. 233778) la compiuta
rappresentazione 2, dimostrazione, delle evidenze (assertivamente infedelmente rappresentate dal giudicante) e tali
da dis articolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata,
per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Cass., Sez. I, 14
luglio 2006, n. 25117, Stojanovic, massima n. 234167 e Cass.,
Sez. I, 15 giugno 2007, n. 24667, Musumeci, massima n.
237207); bensì oppone la propria valutazione e la propria
ricostruzione dei fatti di causa e del merito del giudizio.
Sicché le censure, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

4.3 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 27 novembre 2012.

Ricorso n. 14.709/2012 R.G. *

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