Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10497 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 10497 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bari
nel procedimento penale nei confronti di SPAGNOLETTA Mauro, nato a Bari il
30.10.1962,
avverso la ordinanza del 12.6.2013
Udita la relazione fatta in camera di consiglio dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Aldo Policastro che ha
concluso per l’annullamento con rinvio;
Udito per l’indagato l’avv. Giuseppe Spagnolo che ha concluso per
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1.

Spagnoletta Mauro proponeva ricorso per riesame avverso il decreto

del G.i.p. del Tribunale di Bari, emesso in data 24.5.2013, con il quale si
disponeva il sequestro preventivo del “depuratore sito nel comune di Gioia del
Colle e dei campi di spandimento”.
Il decreto di sequestro preventivo era stato emesso riconoscendosi da
parte del G.i.p. – a carico di Spagnoletta Mauro e Laruccia Nicola Bartolomeo – la
configurabilità del reato di cui agli artt. 41, primo comma, 110 e 434 c.p., perché

Pura Depurazione S.r.l., società di gestione del depuratore di Gioia del Colle, il
secondo in qualità di dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia del Colle,
Ente proprietario del depuratore di Gioia del Colle, nel gestire l’impianto di
trattamento delle acque reflue urbane (depuratore di Gioia del Colle)
determinavano, a causa del sottodimensionamento dell’impianto nella misura del
318% rispetto al carico attualmente trattato, la tracimazione con caratteristiche
di inondazione di acque inquinanti e comunque non correttamente depurate al di
fuori dei campi di spandimento verso campi agricoli con il persistere di laghi
putridi e maleodoranti e quindi cagionavano un pericolo per la pubblica
incolumità riscontrato dalla ASL in un concreto rischio epidemiologico e di
contaminazione della popolazione (in Gioia del Colle e Sammichele di Bari dal
settembre 2012 con condotta perdurante).
Con ordinanza del 17 giugno 2013 il tribunale di Bari,

previa

riqualificazione del reato in quello p. e p. dall’art. 674 c.p., rigettava l’istanza di
riesame proposta nell’interesse di Spagnoletta Mauro e, per l’effetto, confermava
il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Bari in data

24.5.2013.
2.

Avverso questa pronuncia il Procuratore della Repubblica di Bari

propone ricorso per cassazione con due motivi.
La difesa dell’indagato ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è articolato in due motivi con cui il Procuratore della
Repubblica ricorrente censura l’ordinanza impugnata.
Deduce innanzitutto la violazione degli artt. 125, 309 e 391 codice
procedura penale. In particolare con il primo motivo censura l’ordinanza
impugnata nella parte in cui, affrontando la questione preliminare del deposito
della consulenza tecnica difensiva, ha tenuto conto di tale atto ancorché fosse
mancato il previo deposito presso la cancelleria del G.i.p.
Con il secondo motivo il Procuratore della Repubblica ricorrente deduce
l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt 434, primo comma, e 674
28947 13 r.g.n

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c.c. 3 dicembre 2013

in concorso tra loro, il primo in qualità di Amministratore Unico della società

codice penale. Erroneamente il tribunale ha riqualificato il fatto contestato
all’indagato inquadrandolo nelle ipotesi di reato di cui all’art. 674 codice penale
(getto pericoloso di cose), laddove la originaria qualificazione faceva
correttamente riferimento all’art. 434 codice penale (disastro doloso).

2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. Innanzi tutto va rilevato che l’art. 309, comma 6, c.p.c. prevede che
chi ha proposto la richiesta di riesame ha anche facoltà di enunciare nuovi
motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima

tribunale decide anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso
dell’udienza. Si è quindi ritenuto (Cass., sez. V, 5 dicembre 2012, n. 5795) – e
qui si ribadisce – che la consulenza tecnica di parte può, comunque, essere
prodotta direttamente dalla parte stessa dinanzi al tribunale, come
correttamente ha fatto il tribunale di Bari.

2.2. Ciò premesso, deve poi considerarsi che l’inammissibilità del ricorso
non risiede – come ritiene la difesa dell’indagato – nel difetto di interesse ad
impugnare del Procuratore della Repubblica ricorrente.
Come esposto in narrativa, il tribunale di Bari, con l’impugnata ordinanza,
ha rigettato l’istanza di riesame dell’indagato Spagnoletta Mauro ed ha quindi
confermato il vincolo reale sull’impianto di depurazione, così come chiedeva il
p.m.. Non di meno non può dirsi che il p.m. non abbia interesse ex art. 568,
comma 4, c.p.p., ad impugnare l’ordinanza del tribunale. E’ vero che questa
Corte (Cass., sez. I, 24 novembre 2011, n. 47675) ha affermato in generale che
l’impugnazione, per essere ammissibile, deve tendere all’eliminazione della
lesione di un diritto, non essendo prevista la possibilità di proporre
un’impugnazione che miri unicamente all’esattezza giuridica della decisione,
senza che ne consegua un vantaggio pratico per il ricorrente. Nella specie però,
se da una parte il sequestro è stato confermato, d’altra parte il tribunale disattendendo la qualificazione del fatto secondo la originaria prospettazione
accusatoria del p.m. – ha operato una diversa qualificazione della condotta
contestata agli indagati riconducendola – invece che al reato di cui all’art. 434
c.p. (disastro doloso) come ritenuto dal g.i.p. in sintonia con il p.m. – a quella
del reato di cui all’art. 674 c.p. (getto pericoloso di cose). Anche se ciò non
impedirebbe al p.m. di esercitare l’azione penale con riferimento al reato che egli
ritiene configurabile, comunque si formerebbe un giudicato cautelare sul
decisum del tribunale anche quanto all’identificazione del reato che costituisce il
presupposto legittimante della misura cautelare. Ed infatti – come affermato da
Cass., sez. VI, 27 aprile 2012, n. 18199 – la preclusione processuale determinata
dal c.d. «giudicato cautelare» opera su due piani, il primo incentrato sulla finalità
28947/3 r.g.n

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c c 3 dicembre 2013

dell’inizio della discussione ed il successivo nono comma prescrive che il

di impedire la mera rivalutazione del materiale probatorio già compiutamente
esaminato, il secondo sull’imposizione dell’obbligo di una specifica motivazione
circa l’idoneità intrinseca degli elementi di novità da apprezzare sul piano della
gravità indiziaria.
Tanto è sufficiente a radicare l’interesse del Procuratore della Repubblica
al ricorso per cassazione perché la qualificazione del fatto sia rettificata secondo
quella che il ricorrente ritiene essere corretta, ossia quella corrispondente alla
(più grave) prospettazione accusatoria suddetta.
L’inammissibilità risiede invece nel tipo di censura mossa dal

Procuratore della Repubblica ricorrente all’impugnata ordinanza. Si tratta infatti
di una censura non ascrivibile tra le violazioni di legge, le uniche deducibili con
ricorso per cassazione in caso di misure cautelari reali, ma di una censura di
merito che esprime essenzialmente un dissenso nella valutazione dei fatti.
Ha osservato il tribunale che a seguito di esposto denuncia presentato
dalla azienda agricola di Giannoccaro Pietro, i cui fondi rustici erano ubicati nei
pressi dei c.d. ‘campi di spandimento’ di proprietà del Comune di Gioia del Colle
asserviti al funzionamento del locale depuratore gestito dall’AQP, veniva
accertato la tracimazione ed il ruscellamento delle acque provenienti dagli
attigui campi di spandimento. Il tribunale, nel dare atto che dalla
documentazione esibita risultava innanzi tutto che gli enti preposti alla soluzione
del problema del depuratore di Gioia del Colle (Regione Puglia, Provincia di Bari,
comuni di Gioia del Colle e Sammichele di Bari, Acquedotto Pugliese) stavano
tentando di risolvere l’inconveniente della tracimazione dei reflui, ha ritenuto
configurabile il reato di cui all’art. 674 cod. pen. in presenza di una decisione
consapevole di far funzionare e gestire un impianto fognario difettoso, in quanto
ciò implicava una condotta positiva di disturbo e molestia a livello igienico. Tale
disposizione prevede in particolare il fatto di “versare” cose atte a offendere o
imbrattare o molestare persone; ma non occorre anche l’intenzionalità
dell’offesa, dell’imbrattamento o della molestia. Invece il reato di disastro doloso
(art. 434 c.p.) – ha affermato Cass., sez. I, 14 dicembre 2010, n. 1332 – ha
natura di delitto a consumazione anticipata e richiede il dolo, che è intenzionale
rispetto all’evento di disastro ed è eventuale rispetto al pericolo per la pubblica
incolumità.
Nella specie il tribunale – valutando i fatti quali emergevano dalla
risultanze istruttorie – ha ritenuto che agli indagati fosse riferibile l’attività
(difettosa ed inadeguata) del depuratore e quindi la volontarietà dello
sversamento e della tracimazione dei reflui verso i campi di spandimento; ma
non sussistessero, a quello stato delle indagini, elementi per ritenere l’evento del
«disastro» e la intenzionalità dello stesso.
289-17 13 r.g.n

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2.3.

Né – evidentemente per la stessa ragione – il tribunale ha ipotizzato una
qualificazione intermedia, quella di disastro colposo. Infatti il reato di disastro
colposo ex artt. 434 e 449 c.p. – come affermato da Cass., sez. IV, 15 ottobre
2009, n. 7664 – richiede un avvenimento grave e complesso con conseguente
pericolo per la vita o l’incolumità delle persone; è necessaria quindi una concreta
situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un
giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere
in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a

del nocumento deve essere accertata in concreto, ma la qualificazione di grave
pericolosità non viene meno allorché, casualmente, l’evento dannoso non si è
verificato (conf. Cass. pen., sez. IV, 14 marzo 2012, n. 18678).
In breve il tribunale ha ritenuto, allo stato, non integrati gli elementi di
fatto della qualificazione giuridica sostenuta dal p.m., ma ha ravvisato quelli del
meno grave reato di cui all’art. 674 c.p. che comunque giustificava la misura
cautelare del sequestro; sicché l’istanza di riesame è stata rigettata.
Questo apprezzamento degli atti di indagine costituisce una tipica
valutazione di merito rispetto alla quale le censure del Procuratore ricorrente
rimangono confinate al mero dissenso valutativo e non si connotano come
denuncia di violazione di legge con conseguente inammissibilità della censura.

3.

Pertanto sotto quest’ultimo profilo il ricorso va dichiarato

inammissibile.

P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

categorie determinate di soggetti; ed, inoltre, l’effettività della capacità diffusiva

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