Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1045 del 25/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1045 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALFIERI DENNyN. IL 10/01/1983
avverso la sentenza n. 30/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
06/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 25/11/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza emessa in data
11 giugno 2010 dal locale Tribunale, appellata da ALFIERI Denny, dichiarato responsabile dei
delitti di lesioni aggravate e minaccia grave, commessi il 27 giugno 2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
sul ritenuto ricorrere del delitto di minaccia grave.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il ricorso sono inammissibili, in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente rilevato che i particolari
del fatto erano provati dalle dichiarazioni della persona offesa, nel caso, sul tenore della minaccia e sulla visibilità del coltello portato nel calzino dal prevenuto, dichiarazioni ritenute correttamente attendibili sulla base della generale valutazione del narrato della persona offesa per altri
aspetti direttamente confermata da testimoni e da emergenze obiettive. Che poi la prospettazione
di un grave danno al locale della persona offesa, non debba esser qualificato in termini di gravità
è, come ritenuto dalla Corte di merito, prospettazione manifestamente infondata atteso che si
tratta di espressione inequivocabilmente idonea a turbare la tranquillità morale di una persona titolare di esercizio pubblico che da un qualsiasi attentato, anche realizzato con mezzi rudimentali,
poteva temere gravi danni a beni agevolmente attaccabili.
Né la Corte di merito ha posto l’accento sulla non contestata utilizzazione del coltello, come ritiene il ricorrente, limitandosi ad affermare che la visibilità dell’oggetto portato nel calzino era
circostanza tale da dimostrare l’atteggiamento in genere aggressivo del prevenuto.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 25 novembre 2013.

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