Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1030 del 25/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1030 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
UNGHERI UMBERTO N. IL 03/05/1964
avverso la sentenza n. 11/2009 GIUDICE DI PACE di RONCIGLIONE,
del 24/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 25/11/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice di pace di Ronciglione ha dichiarato UNGHERI Umberto
responsabile del delitto di ingiurie lui ascritto, commesso il 16 agosto 2008, applicando la pena
pecuniaria ritenuta di giustizia.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto le censure prospettate tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento
del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati dal Giudice di pace.
Nel caso in esame, difatti, la pronuncia del giudice del merito ha ineccepibilmente osservato che
la prova del fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui
credibilità è adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalle dichiarazioni della sorella di persona offesa ed imputato che aveva avvertito che si stava verificando una
lite da una stanza vicina a quella dove si trovavano i due protagonisti della vicenda e che, raggiuntili, aveva udito il prevenuto pronunciare le offese di cui all’imputazione.
Né, come invece lamenta il ricorrente, la responsabilità è stata ritenuta sulla base del suo comportamento processuale, che il giudice può lecitamente valutare a fini diversi da quello relativo
alla prova del reato, come nel caso.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 25 novembre 2013.

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