Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 103 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 103 Anno 2016
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: BELLINI UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARCI ALBERTO N. IL 22/03/1965
avverso la sentenza n. 1455/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 09/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO BELLINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott., – – F242-coliiii
che ha concluso per
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Udito, p a parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di L’Aquila con sentenza pronunciata in data 9 Ottobre 2014
confermava la sentenza in data 12.3.2013 del Tribunale di Lanciano, sez.dist. di Atessa
con la quale l’imputato Farci Alberto era stato ritenuto colpevole, in cooperazione
colposa con Stinziani Alberto, di lesioni colpose con violazione delle norme sulla
prevenzione degli infortuni ai danni dell’operaio Grigorov Stefan Ferdinandov. In
particolare al Farci, direttore dello stabilimento Tiberina Sangro s.r.I., era stato

le mani e le altre parti del corpo del lavoratore potessero venire in contatto con gli
organi della macchina durante il ciclo della lavorazione dal momento che il Grigorov era
entrato nella macchina per pulire gli sfridi e aveva appoggiato la mano destra sulla
boccola dello stampo inferiore, tanto che la stessa veniva attinta dal pistone dello
stampo superiore con conseguente amputazione del III e del IV dito.
2.

Avverso la suddetta pronuncia interponeva ricorso per Cassazione la difesa di Farci
Alberto proponendo un unico motivo di ricorso nel quale era dedotta mancanza o
comunque manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per omessa
valutazione degli elementi probatori anche documentali acquisiti nel giudizio di primo
grado e per travisamento della prova. In particolare evidenziava come il macchinario in
questione fosse dotato di vari dispositivi di sicurezza e che l’infortunio si era realizzato
soltanto perché il lavoratore li aveva volontariamente elusi inserendosi all’interno della
zona operativa senza raccordarsi con l’altro operatore ad esso addetto compiendo scelte
operative abnormi rispetto alla prassi lavorativa. Si doleva inoltre del fatto che il giudice
di appello avesse del tutto omesso di considerare la documentazione tecnica prodotta
dalla difesa del Farci dalla quale emergeva che la ditta Tiberina Sangro all’inizio
dell’anno 2008 aveva commissionato a ditta specializzata in materia di sicurezza
rilevanti interventi per la integrazione delle protezioni di sicurezza apponendole nelle
aree mancanti; evidenziava infine che sulla base delle sommarie informazioni
testimoniali rese dal Grigorov, acquisite agli atti di causa, e della testimonianza del De
Santis, era emerso che la persona offesa era entrata nell’area operativa della pressa
quando la stessa si trovava in fase di arresto senza dare alcun avviso all’operatore
addetto alla accensione, il quale la aveva riattivata ignaro che il GRIGOROV fosse
intento alla pulizia degli sfridi. Chiedeva pertanto che venisse disposto l’annullamento
della sentenza impugnata con rimessione degli atti al giudice competente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In primo luogo va escluso che il termine prescrizionale, astrattamente maturato in
data 11.10.2015 si sia in realtà compiuto, essendosi verificati nel corso della udienza
dibattimentale periodi di sospensione che devono essere computati ai sensi dell’art.159
c.p.p., dilatando lo spostamento della scadenza alla data del 12.12.2015 essendosi

contestato di non avere munito la pressa di idonei ripari e dispositivi atti ad evitare che

cumulati nella misura di mesi due e giorni due in ragione di differimento di udienza di
primo grado determinato da specifica richiesta del difensore dell’imputato.
1.1 Passando ad esaminare il merito della impugnazione va preliminarmente osservato
che in ossequio a principi ripetutamente affermati da questa Corte, in punto di vizio
motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è
quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica
delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non

giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli
limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della
fattispecie nell’ambito di una adeguata opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto
l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa
lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo
al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
processuali (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, 2.12.03 n. 4842, rv 229369, n.
24201/06); pertanto non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più corretta valutazione delle risultanze processuali.
stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma
del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile “ictu oculi”,

dovendo il sindacato demandato alla Corte di

Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU n.
47289/03 rv 226074).
1.2 Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le modifiche apportate all’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad
“altri atti del processo”, ed ha quindi, ampliato il perimetro d’intervento del giudizio di
cassazione, in precedenza circoscritto “al testo del provvedimento impugnato”. La
nuova previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione,
che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il controllo rimesso alla
Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica e la
coerenza strutturale della decisione. Precisazione, quella appena svolta, necessaria,
avendo il ricorrente denunciato, con il primo motivo di ricorso, anche il vizio di
travisamento della prova. Così come sembra opportuno precisare che il travisamento,
per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente
emergere dall’obiettivo e semplice esame dell’atto, specificamente indicato, dal quale
deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una
prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli
atti espressamente indicati; dall’altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel
senso che l’atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo

già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il

idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il
giudice di merito
1.3 Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza
impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dal ricorrente, atteso che l’articolata
valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende
ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità
dell’imputato.

sinistro volte a escludere qualsivoglia profilo di responsabilità dell’infortunio in capo al
direttore dello stabilimento, responsabile pertanto della sicurezza su luogo di lavoro, e a
porre l’accento sulla condotta dell’operaio Grigorov, da sola idonea a determinare
l’evento, in quanto assolutamente elusiva dei sistemi di sicurezza del macchinario
utilizzato, pure presenti e, addirittura, implementati in epoca immediatamente
precedente al fatto, nonché realizzata al di fuori delle prassi aziendali che imponevano
all’operaio che intendesse intervenire nell’area operativa della pressa, di coordinarsi con
l’operatore addetto alla attivazione-disattivazione della macchina, così da concordare i
tempi e i modi della ripresa dei lavori, cosa che nel caso in specie non era avvenuta per
fatto addebitabile allo stesso infortunato GRIGOROV, circostanza che risultava
pacificamente ammessa da quest’ultimo, assunto a sommarie informazioni acquisite agli
atti del giudizio e da teste DE SANTIS.
2.1 Tanto necessariamente indicato, osserva la Corte che i giudici del merito hanno
tratto il proprio convincimento, circa la riconducibilità delle lesioni riportate dal Grigorov
ad una condotta negligente dell’imputato nella fase della predisposizione dei sistemi di
prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul luogo di lavoro, da una serie di elementi
probatori, la cui avvenuta valutazione in termini di affidabilità delle fonti e di
conducenza del dato rappresentato si sottrae alle censure motivazionali denunciate dal
ricorrente.
Invero la Corte di Appello di L’Aquila evidenzia in più punti della motivazione che la
condotta del Grigorov concorse nel determinismo causale che condusse all’infortunio
avendo questo operato in assenza di coordinamento con l’altro operatore addetto alla
macchina e in condizione di palese inosservanza di regole di prudenza e ha pure
riconosciuto che la pressa fosse dotata di sistemi di sicurezza mediante cellule
fotoelettriche poste ad una altezza di cm 133 da terra, ma nondimeno ha riconosciuto la
responsabilità dell’imputato sulla base di considerazioni che superano il vaglio critico dei
motivi di ricorso, argomentando sotto un primo profilo che le barriere elettroniche erano
posizionate in modo tale da consentire l’ingresso anche con la macchina in funzione, e
sotto un diverso profilo che una volta l’operaio vi si fosse introdotto con la pressa
spenta avrebbe potuto rimanervi all’interno anche dopo il ripristino del funzionamento.
2.2 In sostanza il giudice con ragionamento assolutamente coerente e privo di vizi

2 – Invero il primo motivo di impugnazione opera una ricostruzione delle cause del

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logici, riscontrava una palese lacuna nella adozione di misure di sicurezza a prescindere
dalla ricorrenza di cellule fotoelettriche poste ad una certa altezza dal suolo, atteso che
è stato considerato il fatto che non solo l’operaio avrebbe potuto eluderle abbassandosi
sotto il raggio del loro rilevamento (ipotesi che non rileva nel caso in specie), ma
avrebbe potuto accedere all’area pericolosa quando la macchina era disattivata senza
che nessuno strumento di sicurezza rivelasse la sua presenza e quindi impedisse
l’operatività della macchina una volta che fosse tentata la riattivazione dall’esterno.

che la condotta dell’operaio potesse definirsi come abnorme e come tale idonea,
secondo i principi espressi nella giurisprudenza – di questa sezione – richiamata, a
escludere la relazione causale tra la violazione dei sistemi di sicurezza e l’evento lesivo
in quanto posta al di fuori di qualsiasi possibilità di controllo da parte dei soggetti
preposti all’applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni, trattandosi di
azione che rientrava pur sempre nelle mansioni affidate all’operaio nell’ambito del ciclo
produttivo cui era assegnato, ciclo produttivo che richiedeva altresì periodici interventi
per la pulizia della pressa, dovendo pertanto ritenersi prevedibile che lo stesso entrasse
nell’area di operatività della macchina per eliminare i residui di lavorazione.
3 A fronte di tali argomentazioni sorrette da iter motivazionale privo di lacune o
contraddizioni, le censure del ricorrente non sono idonee a cogliere nel segno, in quanto
da un lato dirette a mettere in risalto la presenza di presidi elettronici di sicurezza della
macchina, i quali sono stati al contrario ritenuti insufficienti o comunque non operativi
dalla Corte di Appello in presenza di una manovra come quella compiuta dall’operaio, e
dall’altra a evidenziare la abnormità della condotta del GRIGOROV, idonea a
interrompere il rapporto eziologico tra la carente attività di messa in sicurezza del
macchinario e l’evento, laddove il giudice di merito ha motivatamente enunciato le
ragioni per le quali la azione dell’operaio Grigorov non presentasse profili di assoluta
imprevedibilità e stranezza, tali da determinare l’interruzione del nesso causale
suddetto.
3.1 Date tali emergenze probatorie, perfettamente coerente si presenta la conclusione
cui sono pervenuti i giudici del gravame, e cioè, che l’odierno ricorrente, doveva
ritenersi corresponsabile delle lesioni personali riportate dal Grigorov, in ragione di una
palese violazione di specifiche disposizioni cautelari, come evidenziato dal giudice di
appello. In conclusione la sentenza espone in maniera piena e coerente le ragioni sui
quali la decisione è stata fondata, con l’indicazione delle prove poste alla base di essa.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Inoltre la Corte di Appello, con ragionamento logico ugualmente ineccepibile, escludeva

Così deciso in Roma, il 11.12.2015

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