Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1020 del 25/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1020 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NICOLO’ GABRIELE N. IL 06/08/1968
avverso la sentenza n. 1061/2012 TRIBUNALE di PERUGIA, del
06/08/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 25/11/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Perugia applicava, fra l’altro, a NICOLÒ Gabriele, a
norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine al delitto di tentato furto aggravato in concorso, commesso il 4 giugno 2012.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che deduce violazione di legge e difetto di motivazione sia per non esser stato applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen., sia quanto alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena, oltre a doglianze relative alla motivazione del diverso provvedimento in tema di misura cautelare da proporsi in sede diversa.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli
atti delle indagini preliminari utilizzati in sede di convalida dell’arresto.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
Quanto alla sospensione condizionale della pena, il giudice del merito ha correttamente escluso
l’applicabilità del beneficio, peraltro non formante oggetto di accordo, facendo riferimento ai
precedenti del prevenuto, ostativi alla formulazione di una prognosi di futura astensione dalla violazione della legge penale, del tutto correttamente trattandosi di parametro previsto dall’art. 133
c.p. valutabile anche ai fini di cui all’art, 163 c.p.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versame to di £. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
25 novembre 2013.
Così deciso in Ro

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