Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1019 del 25/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1019 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TIRALONGO GIOVANNI N. IL 15/09/1975
avverso la sentenza n. 24/2011 TRIBUNALE di PERUGIA, del
08/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 25/11/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo al primo motivo, la proposto doglianza si appalesa del tutto
pretestuosa, atteso che l’essersi il tribunale riferito, nelle due occasioni indicate nel
ricorso, alla persone offesa indicandola, una prima volta, con il nome della Consiglio
e, una seconda, con quello, volto al femminile, dell’imputato, appare chiaramente
frutto di un mero e banale errore materiale, del tutto privo di incidenza, come tale,
sulla validità dell’ “iter” argomentativiposto a base della decisione impugnata;
b) con riguardo al secondo motivo, puramente ripetitivo di quello che era già stato
sottoposto all’attenzione del giudice d’appello, non si vede (né si spiega, nel ricorso)
quale carenza o incongruenza logica possa ravvisarsi nella più che adeguata risposta
fornita nell’impugnata sentenza, secondo cui «la ipotizzata contraddittorietà della
persona offesa risulta inconsistente in quanto alcuni termini utilizzati dalla Tiralongo
(recte: Lucarello — N.d.R.) si prestano ad essere utilizzati nel linguaggio corrente
come sinonimi (“alle spalle” e “alla schiena”) mentre il riferimento al “collo” può
sicuramente essere spiegato con la circostanza che i colpi furono ricevuti nella parte

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza fu confermato il giudizio di penale responsabilità di
TIRALONGO Giovanni in ordine al reato di lesioni personali volontarie in danno di
Lucarello Maria;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto a firma
propria e del proprio difensore, l’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di
motivazione ravvisabili, in sintesi e nell’essenziale:
1) nell’avere il tribunale, in due passaggi dell’impugnata sentenza, indicato come
vittima delle lesioni persona diversa dalla Lucarello e cioè, in una prima occasione, la
cugina di costei, Consiglio Angela e, in una seconda occasione, “la Tiralongo”;
2) nell’avere lo stesso tribunale ritenuto attendibili e probatoriamente esaustive le
dichiarazioni della Lucarello, nonostante che costei, in sede dibattimentale, avesse
riferito di aver ricevuto dall’imputato “due cazzotti all’altezza del collo” mentre, in
querela, aveva affermato di essere stata colpita da “due pugni alle spalle, all’altezza
delle scapole”;
3) nell’avere, ancora, il tribunale, in contrasto con nozioni scientifiche di comune
esperienza, ritenuto compatibile con la riferita dinamica del fatto la riscontrata
presenza, sulla persona della Lucarello, secondo le risultanze dell’acquisito referto
medico, di un “trauma discorsivo del rachide cervicodorsale”, meglio noto come
“colpo di frusta”, normalmente derivante da urti conseguenti a incidenti stradali;
4) nell’essersi, quindi, in tali condizioni, indebitamente ritenuta comprovata, “al di
là di ogni ragionevole dubbio”, la colpevolezza dell’imputato, respingendosi quindi la
richiesta avanzata dalla difesa di rinnovazione parziale dell’istruttoria dibattimentale
allo scopo di assumere le dichiarazioni di due testi oculari di cui era stata accertata,
successivamente al giudizio di primo grado, la presenza sul luogo del fatto;
– che la difesa della persona offesa, costituitasi parte civile, ha fatto pervenire
memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che
si liquidano in euro 800, più accessori come per legge.
Così decS inow1a, il 25 novembre 2013
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superiore del busto laddove si inserisce il collo (e in questo senso depone il
riferimento alle scapole pure fatto dalla persona offesa)”; e ciò a prescindere dalla
ulteriore considerazione che, non risultando, dal ricorso, che fosse stata rappresentata
al giudice di merito alcuna causa produttiva delle lesioni diversa da quella posta a
base dell’accusa e tale quindi da rendere astrattamente ravvisabile il totale mendacio,
sul punto, da parte della persona offesa, le pretese (e marginali) contraddizioni in cui
quest’ultima sarebbe caduta appaiono comunque, all’evidenza, del tutto inidonee a
far porre in dubbio il sostanziale fondamento dell’accusa medesima;
c) con riguardo al terzo motivo, a parte il carattere meramente soggettivo delle
valutazioni poste a base della proposta doglianza, vale anche in questo caso osservare
che la mancata rappresentazione, da parte della difesa, di altre certe o possibili cause
produttive delle lesioni di cui all’acquisito referto medico, unitamente alla non
contestata, stretta contiguità temporale tra il momento del fatto e quello in cui il detto
referto era stato rilasciato, tolgono ogni rilevanza alla pretesa incompatibilità tra la
lesione refertata e la descrizione, da parte della persona offesa, dei colpi
asseritamente ricevuti;
d) con riguardo al quarto motivo, è ancora una volta la mancata rappresentazione, da
parte della difesa, di quella che ipoteticamente sarebbe stata una diversa dinamica dei
fatti, tale da escludere o ridurre la penale responsabilità dell’imputato, a rendere del
tutto inconsistente la doglianza circa il rifiuto, da parte del giudice d’appello, di dar
luogo alla parziale rinnovazione del dibattimento per l’audizione dei due testi oculari
di cui sarebbe stata accertata la presenza successivamente all’espletamento del
giudizio di primo grado, nulla risultando, d’altra parte, indicato, nel ricorso, circa
quello che avrebbe dovuto essere lo specifico contenuto della loro deposizione;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta, oltre alla condanna del
ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si
liquidano coma da dispositivo, anche le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p., ivi
compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa,
anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo
fissare in euro mille;

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