Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10157 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 10157 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHRISTIAN AUGUSTINE N. IL 17/10/1970
avverso l’ordinanza n. 1269/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
SALERNO, del 07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 13/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con ordinanza deliberata in data 7 novembre 2012, il Tribunale di Sorveglianza di Salerno rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Christian Augustine
volta a ottenere le misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al
servizio sociale (art. 47, L. 26 luglio 1975, n. 354) o della detenzione domiciliare

Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che il soggetto si trovava
nella posizione di irregolare sul suolo italiano e che le informative della Procura della Repubblica distrettuale hanno rilevato contatti del medesimo con la criminalità
organizzata.
2. — Avverso il citato provvedimento ha personalmente interposto tempestivo
ricorso per cassazione Christian Augustine chiedendone l’annullamento. Veniva fatto presente di essere in Italia per aver chiesto asilo politico.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1 — Si osserva che il gravame, si sviluppa in modo generico, assertivo, non
concreto oltre che in maniera scoordinata rispetto al testo del provvedimento gravato (nulla eccependo sulla rilevata circostanza di per sé già ostativa di essere risultato in contratto con la criminalità organizzata), limitandosi a enunciare ragioni
gravatorie, con cui si prospettano non meglio chiarite violazioni di legge e ai principi in tema di motivazione. Peraltro il ricorrente eccepisce la propria condizione di rifugiato politico, senza fornire alcun supporto documentale di tale affermazione.
Ai sensi dell’art. 581 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’impugnazione deve
(inderogabilmente) enunciare, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione specifica delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. L’art. 591
comma 1, lett. c) cod. proc. pen., commina la sanzione dell’inammissibilità
dell’impugnazione quando venga violato, tra gli altri, il disposto dell’art. 581 cod.
proc. pen. Come costantemente affermato da questa Corte (ex ceteris, Cass., Sez.
6, 30 ottobre 2008, n. 47414, rv. 242129, Arruzzoli e altri; n. 4641 del 1992, rv.
190733; n. 8596 del 2001, rv. 219087; n. 8863 del 2003, rv. 224115), in materia
di impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art.
581 lett. c) cod. proc. pen., costituisce di per sé motivo di inammissibilità del proposto gravame.

Udienza in camera di consiglio: 13 dicembre 2012 — Christian Augustine — RG: 11816/13, RU: 10;

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(art. 47 ter comma 1 bis, L. 26 luglio 1975, n. 354).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in C 1.000,00
(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013

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per questi motivi

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