Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10101 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10101 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Rolando Fabbrica, nato a Fontana Liri il 21/01/1953
avverso la sentenza del 09/05/2013 della Corte d’appello di Roma
visti g li atti, il provvedimento denunziato e il ricorso ;
udita la relazione svolta dal consi g liere Anna Petruzzellis ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore g enerale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;
udito il difensore avv. Roberto Donfrancesco, che si è riportato al ricorso ;
RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte d’appello di Roma con sentenza del 09/05/2013, ha

confermato la sentenza emessa nei confronti di Rolando Fabbrica dal Tribunale
di Cassino-sezione distaccata di Sora- in data 09/05/2013 con la q uale era stata
affermata la sua responsabilità per il reato di cui all’art. 368 cod. pen.
La vicenda ri g uarda il disconoscimento della firma apposta su una
cambiale, apparentemente riconducibile all’odierno ricorrente, rilasciata dalla
società di cui era stato le g ale rappresentante, e dal ricorente g irata in favore del
creditore Bove, in pa g amento di un fattura per la q uale erano in precedenza
state emesse due cambiali, non onorate.
2. Hanno presentato ricorso i difensori dell’imputato deducendo con un
primo motivo violazione di le gg e con riferimento a g li artt. 603 cod.proc.pen., in
relazione a g li artt. 606 comma 1 lett. b) e d) cod.proc.pen., conse g uente alla
mancata ammissione della prova testimoniale dedotta nel corso del g iudizio
d’appello, la cui assunzione, in confronto con il teste d’accusa, si era resa

V

Data Udienza: 12/02/2014

necessaria solo a seguito dell’esame della sentenza di primo grado, che aveva
ricostruito l in maniera difforme dalla deposizione resa da quest’ultimo teste, la
modalità di rilascio del titolo da parte dell’odierno ricorrente.
3.

Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione in riferimento

all’accertamento dell’elemento materiale del reato, individuabile nella falsa
incolpazione.
Poiché il nucleo dell’accusa consiste nell’aver attribuito a Fabbrica un falso

disconoscimento della propria firma, l’accertamento sull’astratta riferibilità della
firma di rilascio del titolo a terzi, intervenuto nella sentenza, in assenza di un
accertamento grafologico, impone di escludere la sussistenza del fatto, anche
sotto l’aspetto della qualificazione giuridica potendosi, ove si volesse ricondurre
la diversa firma apposta al tratto grafico dell’imputato, profilare il diverso reato
di truffa, mai contestato. Inoltre in fatto la conclusione cui è giunta la Corte in
merito alla certa riconducibilità all’interessato di entrambe le firme, sia pure
riportanti nominativi diversi, risulta formulata in mancanza di un supporto logico
motivazionale desumibile dagli atti; in particolare tale conclusione risulta
raggiunta sulla base di un ragionamento probabilistico, in quanto tale non idoneo
a consentire di raggiungere la certezza richiesta dalla legge per l’affermazione di
responsabilità, ed operata in forza dell’individuazione di un dato temporale sulla
sua emissione, che si pretende certo, e che non emerge con chiarezza dalle
acquisizioni sul punto.
4. Si eccepisce con ulteriore motivo violazione di norma penale e vizio di
motivazione in merito all’accertamento di responsabilità, con particolare
riferimento alla mancata argomentazione in ordine all’attendibilità riconosciuta
alle dichiarazioni rese dal creditore, ritenuto credibile malgrado le puntuali
deduzioni in senso difforme operate dalla difesa, che risultano superate senza
specifiche considerazioni, svolgendo un’analisi sulla sua capacità di percezione
dei fatti, disancorata dall’individuazione di elementi concreti.
Sul punto l’interessato aveva dedotto un elemento di valutazione della
prova, costituito dalla pronuncia di rigetto intervenuta in sede civile sulle
richieste formulate dal Bove, cui la Corte d’appello ha argomentato con un
richiamo all’autonomia del giudizio, che non coglie il senso dell’allegazione,
costituto dalla sollecitazione ad una particolare valutazione di attendibilità del
testimone, immotivatamente non seguita dalla Corte di merito.
In particolare non era stata offerta una logica spiegazione sulle
incongruenze che di fatto emergevano dalle indicazioni offerte del teste, quanto
al preteso rinnovo della cambiale, garantito dal prevenuto malgrado il protesto,
circostanza anomala rispetto alle prassi commerciali ordinarie, oltre che sulla
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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 37787/2013

CO,

presenza di tale iniziativa, malgrado l’assenza di qualsiasi attività esecutiva volta
al recupero del credito; analogamente appariva singolare quanto riferito dal Bove
in ordine alla ricezione del titolo tramite posta ordinaria, modalità inconsueta di
consegna per un titolo al portatore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per genericità.

riproposizione delle deduzioni di merito, articolatamente analizzate nella
sentenza impugnata.
In particolare, quanto alla mancata assunzione di prova decisiva,
sollecitata dall’interessato nel giudizio d’appello ai sensi dell’art. 603 cod. proc.
pen. si osserva che per costante interpretazione la decisione deve essere
argomentata solo quando dia accoglimento all’approfondimento istruttorio,
potendo nel caso opposto ricavarsi la giustificazione della mancata ammissione
della prova dal contesto della decisione (sul punto v.
Sez. 6, Sentenza n. 40496 del 21/05/2009,

dep. 19/10/2009,

imp. Messina,

Rv. 245009).
Nella specie del tutto infondatamente il ricorrente ha fatto richiamo alla
violazione richiamata nell’art. 606 comma 1 lett. d) cod. proc. pen. attinente alla
mancata ammissione di prova contraria dedotta nel corso del giudizio di primo
grado, posto che la fattispecie è del tutto diversa, in quanto nel caso concreto
deduzione probatoria era stata sollecitata nel corso del primo giudizio in
argomento.
Per contro non ha fondamento l’assunto difensivo, secondo il quale la
necessità di articolazione istruttoria sarebbe sopraggiunta alla formulazione della
pronuncia di primo grado, per effetto della ricostruzione dei fatti lì contenuta, in
quanto la presenza di due sottoscrizioni sul titolo in contestazione, e la
dichiarazione di estraneità del Fabbrica al complesso delle sottoscrizioni sullo
stesso presenti, formulata in occasione della denuncia che ha dato origine al
presente procedimento, rendevano del tutto evidente la correttezza della
contestazione del delitto di calunnia, anche con riferimento all’accertamento di
riconducibilità all’interessato di una sola delle firme.
Tale argomentazione ha costituito oggetto della pronuncia d’appello, che
su queste basi, implicitamente, ha ritenuto irrilevante l’approfondimento
istruttorio, tendente ad accertare la riconducibilità della firma di rilascio del titolo
al nuovo amministratore della società, poiché tale verifica lascerebbe
impregiudicato l’accertamento della genuinità della sottoscrizione per girata di

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2. Le deduzioni poste a fondamento del gravame non costituiscono che la

Fabbrica, sulla quale non risulta formulata alcuna richiesta istruttoria nel corso
del giudizio di merito.
3. Per tali motivi risulta manifestamente infondata la deduzione attinente
alla possibilità di diversa qualificazione dei fatti, a seguito della verifica di
genuinità della firma di rilascio, del tutto irrilevante, sulla base della ricostruzione
in atti, permanendo il disconoscimento della firma di girata, che giustifica, in via

4. A fondamento della contestazione sulla sussistenza del reato attribuito
nel concreto all’interessato, anche nell’odierno ricorso, questi si limita ad opporre
deduzioni di fatto di natura logica, o processuale, con richiamo al diverso
andamento del procedimento civile d’urgenza, non superando, in senso opposto,
la valutazione delle prove svolta dal giudice di merito, sulla base di un percorso
logico congruo ed argomentato, con particolare riferimento alla correlazione
temporale ed economica delle deduzioni del creditore, il quale non risulta aver
protestato i titoli rinnovati con quello poi contestato, a dimostrazione della sua
buona fede, che non contiene illogicità o intime contraddizioni, ed in relazione al
quale si ripongono le medesimi osservazioni di merito già formulate in grado di
appello ed adeguatamente contrastate, con deduzioni pertanto non proponibili in
questa sede.
5.

L’inammissibilità del ricorso esclude che possa dichiararsi la

prescrizione del reato, atteso che il decorso del tempo astrattamente idoneo a tal
fine, è sopraggiunto alla pronuncia d’appello, successivamente alla quale, per
quanto esposto, non risulta instaurato un valido giudizio di impugnazione
(principio pacifico; da ultimo sul punto Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013 – dep.
08/07/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
6. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione
dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/02/2014

autonoma, la contestazione del delitto di calunnia.

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