Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10100 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 10100 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Marco Talacchia, nato a Castelbellino 1’08/02/1958
avverso la sentenza del 26/04/2012 della Corte d’appello di Ancona
visti g li atti, il provvedimento denunziato e il ricorso ;
udita la relazione svolta dal consi g liere Anna Petruzzellis ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore g enerale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Ancona con sentenza del 26/04/2012, ha
confermato la sentenza emessa nei confronti di Marco Talacchia da q uel
Tribunale -sezione distaccata di Jesi- in data 17/03/2010 con la q uale era stata
affermata la sua responsabilità per il reato di cui all’art. 367 cod. pen. con
riferimento alla proposta denuncia di sottrazione della sua corrispondenza a cura
di terzi, poi risultata infondata.
2. Ha presentato ricorso l’imputato personalmente deducendo con un
primo motivo nullità processuale, con riferimento alla mancata comunicazione,
nel decreto che disponeva il g iudizio, della trattazione del procedimento in
camera di consi g lio, oltre che in relazione alla mancata decisione delle istanze
difensive di rinvio del procedimento per concomitante impe g no professionale,
proposte dal suo difensore in occasione delle udienze del 9 febbraio 2012 e 26
aprile 2012.
Si rileva in particolare che, nel corso della prima udienza, erroneamente si
celebrò il dibattimento, nominando un difensore d’ufficio all’interessato che ne

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Data Udienza: 12/02/2014

era privo, respingendo l’istanza di impedimento a comparire per quella data
dell’imputato personalmente, ed omettendo la pronuncia su analoga istanza
formulata dal difensore, relativa ad un proprio impedimento.
All’udienza successiva, quando il procedimento venne correttamente
trattato in camera di consiglio, è stata ignorata l’istanza proposta dal difensore
riguardante il suo impedimento.
3.

Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione

sull’accertamento degli elementi costitutivi del reato. La vicenda riguarda il
disconoscimento della sottoscrizione di due avvisi di ricevimento operato
dell’interessato, relativi ad altrettanti atti giudiziari, spediti con autonome
raccomandate.
La Corte per fondare l’affermazione di responsabilità ha richiamato le
dichiarazioni della dipendente dell’ufficio postale, che aveva attestato la
consegna personale all’interessato degli atti in contestazione, omettendo di
considerare che il teste aveva dato atto che la consegna risultava avvenuta nelle
mani di tale Carlo Bellini, con ciò negando la possibilità di ricondurre all’odierno
ricorrente tale ritiro. In proposito si lamenta l’impossibilità di dedurre la prova
del reato dalle dichiarazioni rese dall’impiegata dell’ufficio postale, contrastanti
con la documentazione, in quanto acquisite ad elevata distanza temporale dei
fatti, e fondate sulla ricostruzione di quanto avveniva solitamente, che nulla
garantisce sull’osservanza della procedura consueta nel caso specifico, come
sarebbe invece richiesto per l’accertamento del reato, circostanza su cui la
motivazione della sentenza ha invece illogicamente fondato l’accertamento.
4.

Si deduce inoltre violazione di legge penale con riferimento alla

determinazione della pena ed alla decisione di mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche, valutazione operata sulla base dei precedenti a carico
dell’interessato, riguardanti epoca notevolmente antecedente la vicenda in
esame. Si lamenta che non fosse stato considerato che la condotta tenuta
dall’interessato era stata spinta della necessità di provvedere alle sue elementari
esigenze di vita, poste in crisi dalle precarie condizioni economiche.
Si deduce inoltre l’ingiustificata omessa applicazione dell’indulto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
2. In particolare, con riferimento alle eccezioni procedurali svolte, si deve
osservare che, se risponde a quanto effettivamente realizzatosi che
erroneamente il giudizio di appello è stato introdotto con il decreto che
disponeva il giudizio con il rito pubblico, malgrado la scelta intervenuta in primo

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o

grado del giudizio abbreviato imponesse la trattazione in camera di consiglio,
nessuna nullità ha prodotto tale irregolare modalità di svolgimento del
procedimento, che ha di fatto prodotto il riconoscimento, in favore
dell’interessato, di un diritto di tutela ulteriore e più ampio di quello previsto nel
giudizio camerale, tanto da consentire, accertata la mancata comparizione del
suo difensore, la nomina di un legale di ufficio.

generica, in quanto priva della indicazione sulla verificazione di una specifica e
tassativa causa di nullità di cui all’art. 178 cod. roc. pen. risulta superata dalla
costante giurisprudenza di questa Corte in fattispecie analoghe (vedi Sez. 6, n.
21977 del 21/04/2008 – dep. 30/05/2008, Simoncini, Rv. 240365, e più
recentemente Sez. 3, n. 45947 del 08/11/2012 – dep. 26/11/2012, Nuzzo e
altro, Rv. 253878, in fattispecie ove il giudizio risulta integralmente svolto con il
rito più garantito)
L’ulteriore rilievo, riguardante la mancata pronuncia della Corte
sull’istanza di rinvio è del tutto infondata, quanto all’udienza del 09/02/2012, nel
corso della quale l’istanza venne accolta, con differimento al 26/04/2012, e
successiva notifica della nuova data agli interessati. La prospettazione di una
pretesa istanza di rinvio a cura del difensore, per impedimento per la data
indicata, oltre a non aver trovato riscontro nel controllo degli atti, risulta
inutilmente posta poiché il mancato provvedimento sul punto risulta del tutto
irrilevante, per effetto dell’intervenuto accoglimento dell’istanza dell’imputato.
Analogamente manifestamente infondato è il rilievo di nullità della
pronuncia, per mancata espressione della Corte sull’istanza di rinvio presentata
dal difensore per l’udienza del 26/04/2012.
Anche in questo caso sul punto è assente qualsiasi documentazione
afferente all’effettiva manifestazione al giudice procedente, in tempo utile per le

La deduzione di nullità processuale, formulata nel ricorso, oltre a risultare

sue determinazioni, di una formale istanza in tal senso.
Sul punto risulta allegato al ricorso, a sostegno delle proprie affermazioni,
la prima pagina della copia di un fax, apparentemente composto da 8 pagine,
che risulta inviato alla cancelleria del giudice procedente il 24/04, che reca una
annotazione in margine, a cura del cancelliere, ove si fa presente al mittente di
aver ricevuto solo la prima pagina della comunicazione e si sollecita una nuova
trasmissione; contestualmente viene allegata copia della memoria con la quale si
sollecitava il rinvio, priva di attestazione di deposito.
Il complesso della documentazione offerta denota l’assoluta infondatezza
della richiesta in quanto la comunicazione per fax, al di là della sua materiale
incompletezza, è funzionalmente inidonea a consentire la veicolazione di istanze
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CA.

al giudice, che possono essere proposte esclusivamente nella forma delle
memorie di cui all’ad 121 cod. proc. pen.; la trasmissione con tale mezzo non
obbliga il giudice a prendere in esame l’istanza (da ultimo
Sez. 6, Sentenza n. 28244 del 30/01/2013, dep. 28/06/2013, imp. Baglieri,
Rv. 256894), risultando il ricorso al mezzo di comunicazione del telefax riservato
ai funzionari di cancelleria, e sottoposto a particolari condizioni di efficacia, ai
sensi dell’art. 150 cod. proc. pen.

Peraltro nella specie la comunicazione non è pervenuta, attraverso il
mezzo tecnico indicato nella forma completa e ciò, anche secondo
l’interpretazione che ritiene possibile tale forma di comunicazione (Sez. III, 29
ottobre 2009, n. 9162/10, Goldin, Rv. 246207, così massimata: “L’omessa
delibazione di una richiesta di rinvio per legittimo impedimento a comparire,
inoltrata dal difensore a mezzo fax, non comporta alcuna violazione del diritto di
difesa, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito
espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può
pervenire a conoscenza del destinatario”. In senso conforme, v. Sez. IV, 23
giugno 2009, n. 38160, Kariba, Rv. 245315; Sez. Fer., ord. 25 agosto 2011, n.
32941, Rv. 251089) non produce nullità, comportando l’assunzione da parte del
mittente del rischio di una inidonea ed intempestiva trasmissione.
Per contro la medesima allegazione di parte è fondata sulla produzione di
una memoria priva dell’attestazione del deposito in cancelleria, sicché la
mancata pronuncia in argomento risulta ampiamente giustificata dalla mancata
rituale e tempestiva di tale richiesta.
3. Le argomentazioni di merito sono del tutto generiche, in quanto la
contestazione posta a fondamento del motivo di ricorso costituisce la
riproposizione di deduzioni di fatto illustrate nei motivi di appello, che
prescindono dall’analisi delle argomentazioni offerte in proposito dalla Corte
territoriale, che ha segnalato la piena affidabilità delle dichiarazioni del
dipendente postale sull’identificazione della persona che aveva ritirato la posta.
In particolare, nel provvedimento impugnato si dà atto che il teste, che aveva
già ricondotto all’interessato il ritiro della corrispondenza, richiamato sulla
circostanza che altro risultava il sottoscrittore, aveva confermato la sua
precedente affermazione, avvalorandola con il dato storico che in ulteriore
circostanza Talacchia era stato sorpreso proprio a sottoscrivere con il diverso
nome risultante nell’occasione in esame, mentre in quest’ultima l’incaricata,
affidandosi alla percezione personale dell’interessato, non aveva verificato la
corrispondenza della firma.

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La risultanza richiamata viene di fatto ignorata nel ricorso, nel quale si
ripropone una lettura parziale dei fatti, volendo ricavarne la contraddittorietà
della motivazione, evidentemente insussistente.
4. Analoga genericità caratterizza l’impugnazione riguardante l’entità della
pena, decisione rispetto alla quale si contesta la scelta di merito svolta dal
giudicante, insindacabile ove, come nella specie, risulti argomentata in maniera

In proposito manifestamente infondata è anche la contestazione sulla
mancata concessione dell’indulto, in quanto tale beneficio non risulta sollecitato
nei motivi d’appello, e pertanto è conseguentemente improponibile una
deduzione di difetto argomentativo sul punto, mentre la relativa istanza in tali
condizioni deve essere proposta al giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 43262 del
22/10/2009 – dep. 12/11/2009, Albano e altri, Rv. 245106).
5.

L’inammissibilità del ricorso esclude che possa dichiararsi la

prescrizione del reato, atteso che il decorso del tempo astrattamente idoneo a tal
fine, è sopraggiunto alla pronuncia d’appello, successivamente alla quale, per
quanto esposto, non risulta instaurato un valido giudizio di impugnazione
(principio pacifico; da ultimo sul punto Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013 – dep.
08/07/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
6. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione
dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/02/2014

illogica e non contraddittoria.

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