Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1008 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1008 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEFEROVIC AVDIJA N. IL 01/10/1960
avverso la sentenza n. 1034/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 19/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. beee 14 Q-1 e_
che ha concluso per

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Data Udienza: 10/12/2015

Ritenuto in fatto
1. Seferovic Avdija ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Bologna in data 19.12.2014, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Ravenna, sezione
distaccata di Faenza, il 3.03.2011, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti del
prevenuto, in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada.
Il ricorrente, con unico motivo, deduce la violazione di legge, stante l’omessa

cod. strada. Osserva che trattandosi di norma più favorevole, la stessa doveva
trovare applicazione anche rispetto ai fatti commessi anteriormente rispetto alla
novella del 2010, che ha introdotto la previsione di che trattasi, nell’ambito dell’art.
186, cod. strada. L’esponente rileva, in particolare, che nel caso di specie la pena è
stata determinata muovendo dalla pena base pari a mesi sei di arresto, oltre
l’ammenda, poi ridotta di un terzo per la scelta del rito; e sottolinea che la pena
inflitta corrisponde al minimo edittale di poi introdotto dalla novella del 2010, di
talché l’applicazione del lavoro di pubblica utilità non avrebbe determinato la
combinazione di frammenti normativi delle due leggi succedutesi nel tempo.
Con motivi nuovi il deducente ha invocato l’applicazione dell’art. 131 bis
cod. pen., in ragione della minima offensività del fatto.

Considerato in diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono, di ordine
dirimente.
1.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi
dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa estintiva del reato per
il quale si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari
ad anni cinque. Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di
inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato
su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di
rilevare l’intervenuta prescrizione. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti
dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione,
per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza
impugnata (la sentenza di condanna è stata resa in data 19.12.2014, mentre il
termine prescrizionale è maturato il 7.04.2015).
E’ poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi
approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione:
invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti della ricorrente,
è solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della

applicazione dell’istituto del lavoro di pubblica utilità, ex art. 186, comma 9 bis,

giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato,
non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o
di vizi di motivazione, in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è
incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (cfr.
Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia
assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle

responsabilità del ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della
norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della
estraneità ad esso dell’imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e
delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella
sentenza della Corte di Appello di Bologna, confermativa di quella del Tribunale di
Ravenna, non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente
dell’innocenza dell’imputato.
2. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma in data 10 dicembre 2015.

conformi valutazioni rese dai giudici di merito, in ordine all’affermazione di penale

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